Questa non è Teheran

La società israeliana protegge il diritto di parola anche dei suoi nemici

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_2528Raed Salah, leader del Movimento Islamico Israeliano Branca Settentrionale, la scorsa settimana ha esortato gli studenti arabi a sacrificare la loro vita come shahid (martiri) nella guerra contro Israele. Ha accusato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di “mirare a realizzare i complotti orditi durante il suo precedente mandato e completare l’espugnazione” del Monte del Tempio (a Gerusalemme). Come sarà resa possibile tale espugnazione? Secondo Salah, “il piano di Netanyahu è quello di scavare dei tunnel sotto la moschea di al-Aqsa e sostituirla con un Tempio Ebraico”. Ed ha aggiunto: “Noi non scenderemo a compromessi sui nostri principi e sui luoghi santi. Preferiamo piuttosto morire come shahid, e accoglieremo con gioia questa morte”. I circa cento ascoltatori di Salah ha risposto con entusiasmo intonando “Allahu Akbar”, Dio è grande.
Ma chi è Salah? È un arabo israeliano, già sindaco della città arabo-israeliana di Umm el-Fahm. Nel 2003 venne processato e condannato a due ani per aver raccolto milioni a favore dei terroristi di Hamas. Quello stesso anno aveva pubblicato sul periodico del Movimento Islamico il seguente componimento poetico: “Voi ebrei siete criminali bombardieri di moschee/Massacratori di neonati e donne incinte/ Predoni e germi in ogni epoca/Il Creatore ha decretato che siate scimmie perdenti/La vittoria appartiene ai musulmani, dal Nilo all’Eufrate”.
Nel 2007 Salah ha orchestrato tumulti violenti contro uno scavo archeologico e la costruzione di una nuova passerella pedonale nelle vicinanze del Monte del Tempio. Ha accusato gli ebrei di “mangiare pane inzuppato nel sangue di bambini”. Ha celebrato ed elogiato stragi terroristiche. Ha minacciato chiunque ammettesse un qualche collegamento fra gli ebrei e “anche una sola pietra” del Muro Occidentale (“del Pianto”).
Ma dov’è che parlava Salah, la scorsa settimana, e chi erano quelli venuti ad ascoltarlo? Ebbene, l’incendiaria retorica di Salah non è stata diffusa dall’Università Islamica di Gaza bensì dal’Università di Haifa, dove era stato invitato dagli studenti musulmani del campus israeliano.
Le autorità accademiche hanno cercato a più riprese di trovare mezzi legali per tener fuori dall’università un demagogo così aggressivo, basandosi sul fatto che la sua bellicosa presenza poteva causare scontri violenti. Ma gli studenti arabi hanno impugnato l’interdizione e i legali dell’università hanno riconosciuto che non c’era strumento legale per tenere Salah fuori dal campus. Il diritto di Salah di parlare all’università è protetto sotto la voce libertà civili.
Per ridurre al minimo possibile il rischio di tafferugli, gli inviti all’evento sono stati diffusi solo in arabo. La notizia della “lezione” è arrivata all’Unione Studenti dell’Università di Haifa solo all’ultimo momento. Per prevenire scontri, l’Università ha inoltre impedito agli studenti ebrei l’accesso all’auditorium, facendo anche affluire un maggior numero di addetti alla sicurezza. Tuttavia circa centocinquanta studenti ebrei si sono radunati all’esterno dell’auditorium per protestare contro la loro esclusione da un evento del campus, gridando: “Questa non è Teheran”.
Non lo è davvero. E non è nemmeno, a ben vedere, la Concordia University di Montreal, dove un gruppo di attivisti anti-israeliani nel 2002 impedirono a Netanyahu di tenere un discorso; né l’Università di California a Berkeley, dove nel 2004 un intervento dello studioso filo-israeliano Daniel Pipes venne interrotto da studenti arabi e di estrema sinistra; e nemmeno l’ l’Università di California a Irvine, dove Pipes venne interrotto nel 2007.
In un recente editoriale intitolato “La vera agenda degli attivisti filo-palestinesi nei campus universitari”, l’arabo israeliano Khaled Abu Toameh, corrispondente del Jerusalem Post per gli affari palestinesi, ha raccontato l’intolleranza e le intimidazioni che ha incontrato in quattordici campus americani per il solo fatto di non aderire supinamente alla linea araba standard su Israele: “Non avevo mai immaginato che avrei avuto bisogno della protezione della polizia per parlare in una università negli Stati Uniti”.
Oggi fin troppe università in America ed Europa sono diventate bastioni dell’intolleranza politicamente corretta, con un numero non piccolo di autorità accademiche tutt’altro che entusiaste di dover proteggere il diritto di parola di conferenzieri sgraditi.
Tuttavia, anche quando viene garantito il diritto di esprimersi in un campus a estremisti come Pat Buchanan o Nick Griffin, i costi concreti ed immediati per la società restano minimi. Viceversa, l’eventualità che qualcuno tra gli ascoltatori di Salah, a Haifa, possa essere spinto a compiere un attentato terroristico è tutt’altro che remota ed anzi molto realistica.
Ciò nonostante, se crediamo sinceramente alla libertà di parola, sappiamo che la società israeliana deve proteggere il diritto di sproloquiare anche degli agitatori come Salah.
Israele è l’unico paese in Medio Oriente che protegge un oratore ostile non solo a questa o quella politica del governo, ma alla legittimità stessa dello stato e delle sue istituzioni. Salah ha tenuto il suo discorso a Haifa sotto l’ombrello protettivo della polizia e dei tribunali d’Israele, custodi delle sue libertà civili. Ecco cosa intendiamo quando diciamo che Israele è uno stato ebraico e l’unica vera democrazia in Medio Oriente.

(Da: Jerusalem Post, 21.06.09)

Nella foto in alto: Raed Salah

Vedi anche:

Rampe daccesso, palloncini e altri pretesti

https://www.israele.net/sezione,,1587.htm