Quotidiano saudita rimprovera Abu Mazen per aver rifiutato l’invito di Netanyahu

La "Saudi Gazette" ricorda l’invito di Begin a Sadat e l’occasione persa, allora, da palestinesi e mondo arabo

Il quotidiano saudita Saudi Gazette ha criticato la dirigenza palestinese e in particolare il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) per aver “automaticamente” respinto l’invito del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a parlare alla Knesset, il parlamento israeliano a Gerusalemme.

Netanyahu ha rivolto l’invito ad Abu Mazen giovedì scorso durante il suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York. Facendo appello ancora una volta per la ripresa dei negoziati diretti e la cessazione dell’istigazione all’odio da parte palestinese, Netanyahu ha detto che sarebbe stato lieto di recarsi a sua volta a parlare al parlamento dell’Autorità Palestinese, a Ramallah.

Nel suo editoriale pubblicato domenica, il quotidiano edito a Jedda Saudi Gazette ha scritto che i palestinesi “non dovrebbero respingere troppo rapidamente l’invito”, osservando come esso “richiami alla memoria l’invito rivolto dall’allora primo ministro israeliano Menachem Begin al presidente egiziano Anwar Sadat di recarsi in visita in Israele, e il resto è storia nota”. Il giornale ricorda che quell’invito aprì la strada agli accordi di Camp David del 1978, e alla firma di un trattato di pace, “dimostrando che i negoziati con Israele sono possibili, e che si possono fare progressi attraverso sforzi prolungati per il dialogo e la cooperazione”.

L’editoriale cita anche il viaggio che fece l’allora presidente Usa Bill Clinton a Ramallah nel 1998 per parlare al Consiglio Nazionale palestinese: una visita che, secondo il giornale saudita, portò la dirigenza palestinese a riconoscere il diritto di Israele ad esistere approvando l’abrogazione delle clausole della Carta dell’Olp che ne invocavano la distruzione (abrogazione peraltro controversa).

Gerusalemme, 20 novembre 1977: il presidente egiziano Anwar el-Sadat, primo leader arabo a visitare ufficialmente Israele, parla alla Knesset

“Nonostante questi due esempi di visite ufficiali che hanno piegato l’arco della storia – continua l’editoriale della Saudi Gazette – i palestinesi hanno già automaticamente rifiutato l’invito di Netanyahu ad Abu Mazen”.

Pur riconoscendo che può esserci del vero nella tesi palestinese secondo cui la scelta di Netanyahu avrebbe lo scopo di “mascherare quella che essi definiscono l’intransigenza di Israele a progredire con il processo di pace in Medio Oriente”, il giornale saudita ricorda che anche l’invito a Sadat fu preceduto da prospettive altrettanto tenebrose. “I palestinesi – nota l’editoriale – devono tener a mente che, all’epoca, Egitto e Israele erano nemici mortali che si erano combattuti in tre guerre [in realtà gli storici ne contano cinque, ndr]”. E dovrebbero ricordare che gli accordi di Camp David, oltre alla pace fra Egitto e Israele, prevedevano anche “un periodo transitorio di cinque anni per il ritiro di Israele da Cisgiordania e striscia di Gaza” con “l’istituzione di un autogoverno palestinese e la fine degli insediamenti israeliani in Cisgiordania”.

Continua l’editoriale: “Gran parte del mondo arabo snobbò Camp David come un accordo fiacco  [l’Egitto venne espulso per questo dalla Lega Araba, ndr]. Ma considerando a posteriori, se quelle disposizioni fossero state attuate, Israele e palestinesi potrebbero non trovarsi nella situazione di stallo in cui si trovano attualmente”.

Nel 2002 l’Arabia Saudita ha lanciato una “iniziativa di pace araba” che prevedeva il ritiro di Israele da tutti i territori conquistati nella guerra dei sei giorni del 1967 (compresi Golan e Gerusalemme est) in cambio della promessa di rapporti normali con i paesi del mondo arabo. Israele ha sempre detto che l’iniziativa saudita poteva essere una base per il negoziato, ma non una proposta “prendere-o-lasciare”. Nel suo discorso di giovedì all’Onu, Netanyahu ha confermato che Israele accoglie “lo spirito” dell’iniziativa araba, e ha ribadito il proprio impegno per una soluzione basata sul principio “due stati per due popoli”.

Nel discorso, Netanyahu ha anche elogiato lo sviluppo dei rapporti fra Israele e i paesi arabi sunniti della regione (fra i quali figura l’Arabia Saudita), dicendo che essi ormai “riconoscono che Israele non è il loro nemico, ma il loro alleato” e che “i nemici comuni sono l’Iran e l’ISIS”. “Nei prossimi anni lavoreremo insieme alla luce del sole” ha detto Netanyahu, spiegando che “le relazioni diplomatiche di Israele stanno vivendo una vera rivoluzione”. Ed ha aggiunto: “I cambiamenti in atto nel mondo arabo offrono un’occasione unica per far progredire la pace”.

(Da: Times of Israel, israele.net, 27.9.16)