“Racconto sempre ai miei figli del giovane ebreo che mi salvò nel ’67″

Incontro tra una palestinese e il soldato israeliano che le salvò la vita nella guerra dei sei giorni.

image_3341Soltanto ora, quasi quarantacinque anni dopo essere stata salvata, durante la guerra dei sei giorni, da un’esperienza che poteva essere mortale, una donna palestinese ha incontrato il militare israeliano che le salvò la vita.
Miriam Yassin, che oggi ha sessant’anni, vive nel villaggio palestinese di Anin (che sorge poche centinaia di metri al di là della linea armistiziale che dal 1949 al 1967 divideva Israele dalla Cisgiordania, allora sotto controllo dei giordani) ed era solo una quindicenne quando restò gravemente ferita in un bombardamento. Hezi Erez, che oggi ha settantacinque anni, nel 1967 serviva come comandante subalterno delle Forze di Difesa israeliane nella regione.
“Quando arrivai nel villaggio – racconta Erez – un abitante del posto mi venne incontro chiedendo aiuto. Era afflitto e spaventato, e mi disse che sua figlia era gravemente ferita”. A quel punto Erez, agendo di propria iniziativa senza chiedere l’autorizzazione a nessun superiore, mollò tutto per portare di corsa la ragazza in ospedale. L’intera famiglia della ragazza era con lui sulla jeep quando arrivò al posto di blocco di confine, vicino all’incrocio di Megiddo, dove naturalmente i soldati cercarono di fermarlo. “Saltai fuori dalla jeep gridando loro di aprire la sbarra perché la ragazza aveva urgente bisogno di cure mediche”. I soldati acconsentirono e li fecero passare.
“Pochi giorni fa – continua Erez – ho raccontato questa vicenda a mio figlio e lui ha detto che avrebbe voluto davvero conoscere la donna, anche se io non sapevo dove fosse e nemmeno se fosse ancora viva”. Allora Erez si è messo in contatto con un quotidiano locale, Al-Masar, e un giornalista l’ha aiutato a rintracciare Miriam Yassin. Madre di nove figli e nonna di ventisei nipoti, Yassin vive ancora oggi nel suo villaggio natale. E non credeva che avrebbe mai rivisto l’uomo che le aveva salvato la vita.
I due si sono incontrati all’inizio della settimana scorsa a Umm al-Fahm, la città araba israeliana che sorge a meno di un paio di chilometri da Anin. “Non posso dimenticare come mi aiutò durante la guerra – dice Yassin – Mi ha riportato in vita quando ero in condizioni disperate. Oggi sarei disposta a dare la mia vita per lui. Racconto sempre ai miei figli di come fossi rimasta ferita, e del giovane ebreo che mi salvò. Era ora che lo conoscessero da vicino”. Yassin dice di essere grata al suo “eroe” e che “è raro incontrare persone come lui”, ed esprime la speranza in un futuro migliore per israeliani e palestinesi: “Bisogna convivere senza ammazzarsi – aggiunge – La nostra casa sarà sempre aperta per la famiglia di Erez. Non lo dimenticherò mai”.
Erez, dal canto suo, cerca di sottrarsi agli elogi. “Sono felice d’essere riuscito a rivedere la donna che ho salvato – dice – Quello che feci è semplicemente una cosa umana. In fin dei conti, siamo tutti semplicemente esseri umani”.

(Da: YnetNwes, 20.1.12)

Nella foto in alto: Erez e Yassin, a Um al-Fahm