Risparmiateci le corone funebri

Lunico paese che tutto il mondo è pronto a condannare è chiamato a fare lo sporco lavoro per tutti.

Da un articolo di Saul Singer

image_1003Che sistema perfetto: contare sul fatto che l’unico paese al mondo che qualunque altro paese si sente in diritto di condannare sia proprio quello chiamato a fare “lo sporco lavoro” di cui tutto il mondo ha bisogno. Ecco il pensiero sottinteso al modo con cui l’occidente guarda al nucleare iraniano. Quando la pressione sarà arrivata al punto giusto, l’aviazione israeliana si prenderà la briga di risolvere il problema e tutto il resto del mondo potrà dare libero sfogo alla propria sacrosanta indignazione, godendosi a distanza lo spettacolo e i suoi risultati.
Ci sono tuttavia alcuni nei, in questo scenario tanto confortevole. I giornalisti e i politici, come i generali, tendono sempre a combattere l’ultima guerra, anziché la prossima. Così quello che tutti hanno in mente è l’operazione contro il reattore nucleare di Osirak del 1981 con cui Israele sferrò un colpo fatale al sogno di Saddam Hussein di dotarsi di armi di sterminio. Ma gli iraniani non sono idioti, e nel pianificare i loro programmi hanno tenuto conto della possibilità di un’azione aerea israeliana. Secondo un recente rapporto dell’US Army War College, con un capitolo su Israele scritto dall’ex generale delle Forze di Difesa israeliane Shlomo Brom, oggi Israele non potrebbe lanciarsi nella vasta operazione aerea che sarebbe necessaria per garantire la distruzione contemporanea di tutta una serie di obiettivi rafforzati, ben difesi e dispersi sul territorio. Solo per evitare lo spazio aereo dei paesi intermedi, gli aerei israeliani dovrebbero volare per più di 1.500 km, rifornendosi in volo sopra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano.
Ma ammettiamo pure che, per qualche miracolo, possa farlo. E ammettiamo anche, seguendo il ragionamento di Brom, che l’Iran non possa dare a Hezbollah l’ordine di lanciare subito le migliaia di missili che dal Libano sono puntati sul nord di Israele perché Israele risponderebbe contro la Siria, magari facendone crollare il regime. Anche ammesso tutto questo, resterebbe ancora da rispondere a una domanda: perché mai il piccolo Israele dovrebbe essere lasciato da solo a combattere una guerra per conto del resto del mondo? La risposta non è che così è la vita. La vera risposta è che il rifiuto da parte della illuminata e post-moderna Europa di muovere anche solo un dito, per non dire un fucile, a difesa dei propri più vitali interessi è ciò che ci riporta tutti a un’era di guerra e terrorismo.
Il paradosso, in tutto questo, sta nel fatto che proprio coloro che sostengono di credere in un mondo senza frontiere, governato dal diritto internazionale, sono quelli che di fatto favoriscono il ritorno alla grande la legge della jungla. Come è possibile spiegare la fissazione dell’Europa per le Nazioni Unite da un parte, e contemporaneamente la castrazione dei principi su cui le Nazioni Unite sono state fondate? Se l’Europa, attraverso le Nazioni Unite e in collaborazione con gli Stati Uniti, semplicemente desse seguito alla Carta dell’Onu, oggi vivremmo tutti quanti in un mondo diverso. Quella Carta (capitolo 1, articolo 1, paragrafo 1) enuncia in questi termini lo scopo delle Nazioni Unite: “Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, e a questo fine: adottare efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per sopprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace”.
Viene in mente qualcosa? C’è forse uno stato che rappresenti più dell’Iran una minaccia alla pace mondiale? Quanto terrorismo deve sponsorizzare uno stato, quanti altri stati membri dell’Onu deve minacciare di distruzione, quanto avanti deve spingersi nello sforzo di dotarsi delle estreme armi di sterminio atte a mettere in pratica quelle minacce prima che tornino alla mente gli impegni che le nazioni si sono assunte collettivamente firmando la Carta dell’Onu?
Le nazioni che si ammantano costantemente nel diritto internazionale sono di fatto quelle responsabili d’aver trasformato quel diritto, e le sue aspirazioni per il mondo, in lettera morta. Esattamente come nel caso dell’Iraq, rifiutandosi di affiancare gli Stati Uniti in un’efficace azione collettiva non-militare contro l’Iran, l’Europa sta rendendo inevitabile proprio l’azione militare, oppure la vittoria dell’Iran.
È in questo contesto che faccio fatica a guardare gli ambasciatori europei che depongono corone funebri sul luogo dell’ultimo attentato suicida, che ha ucciso cinque israeliani alle porte dello shopping center di Netanya. Che corone deporranno questi ambasciatori se Israele verrà colpito da un’arma nucleare? O se degli israeliani verranno uccisi in una guerra per fermare il programma nucleare iraniano? O se gli Undici Settembre continueranno a moltiplicarsi, anche in Europa, grazie alla spinta che al-Qaeda riceverà da un Iran nucleare?
Forse non ha molto senso fare appello all’amicizia dell’Europa per Israele, quando le nazioni europee non difendono nemmeno se stesse. La cosa più bizzarra, comunque, è che l’Europa, rifiutandosi di imporre misure rigorose contro l’Iran, sta di fatto assicurando o una grande vittoria per la rete terroristica o un intervento militare da parte americana o israeliana. In altre parole, con il pretesto del diritto internazionale, l’Europa sta spingendo le cose o verso un’aggressione da parte dei suoi nemici, o verso azioni difensive unilaterali esattamente del genere che sostiene di voler a tutti i costi evitare.
Quei diplomatici, senza dubbio, sono animati dalle migliori intenzioni. Ma, con il dovuto rispetto, ci risparmino le corone. Si uniscano piuttosto a Israele nella difesa di se stessi. Gli israeliani non sono esecutori al servizio dell’Europa; la salvezza dell’Europa non dipende da Israele. Che prendano sul serio il loro beneamato diritto internazionale, mettendo l’Iran di fronte alle sue responsabilità. Forse non è troppo tardi, se c’è una volontà comune, per costringere l’Iran a fare marcia indietro senza sparare un colpo. E se invece è già troppo tardi per gli strumenti pacifici, che almeno quel colpo venga sparato insieme, in modo legale, e in nome della pace e della sicurezza internazionali.

(Da: Jerusalem Post, 8.12.05)

Nella foto in alto: Saul Singer, autore di questo articolo