Salva una città ed è salvato dal suo compagno

Come in un film: ma era una reale batteria Cupola di ferro, la settimana scorsa in Israele.

image_3390La recente ondata di attacchi dalla striscia di Gaza ha significato per gli abitanti della città di Ashdod subire una serie di esplosioni da razzi Grad. Ora si viene a sapere che uno dei tanti razzi che non sono riusciti a raggiungere la popolosa città del sud di Israele è stato bloccato soltanto grazie al comportamento eccezionale di due soldati addetti alla manovra del sistema “Cupola di ferro”, e che la vita di uno di questi due soldati è stata salvata in extremis dalla risolutezza del suo compagno d’armi.
In generale, tutte le squadre israeliane addette al sistema “Cupola di ferro” hanno ricevuto elogi da ogni parte per la loro prestazione durante la recente escalation, visto che sono riuscite a intercettare l’85% dei razzi contro cui il sistema è rivolto, cioè quelli diretti contro centri abitati.
Ora YnetNews ha appreso che l’altra settimana, nei giorni in cui l’attività del sistema anti-missilistico era al suo culmine, è accaduto che un tecnico è riuscito a riparare all’ultimo momento un malfunzionamento della sua batteria, permettendo al sistema di intercettare in tempo un razzo che stava per abbattersi sulla città di Ashdod. Ma solo l’intervento tempestivo di un secondo soldato ha permesso al tecnico di allontanarsi dalla pericolosissima area di lancio del missile intercettore.
All’inizio della scorsa settimana il sottufficiale Eli Zada era stato mandato a riparare un guasto tecnico a una batteria del sistema “Cupola di ferro” da cui dipende la protezione della città di 200mila abitanti che sorge sulla costa del Mediterraneo, 32 km a su di Tel Aviv e 33 km a nord del confine con la striscia di Gaza. Zada aveva da poco iniziato il suo lavoro sulla batteria difettosa quando si sono messe a suonare le sirene dell’allarme segnalando che almeno un razzo Grad stava per abbattersi sulla città. Senza alcuna esitazione il soldato, anziché correre per mettersi al riparo, è rimasto sul posto continuando a darsi da fare per risolvere il problema e assicurarsi che la batteria tornasse in funzione. Secondo le regole di sicurezza della difesa aerea israeliana, il personale deve sempre trovarsi a diverse decine di metri dalle batterie “Cupola di ferro” quando parte un missile intercettore, per via della fiammata e dell’enorme calore che viene sprigionato al momento del lancio. Zada sapeva che non avrebbe avuto il tempo di scappare, e lo sapevano i suoi compagni che gli gridavano di correre via. A quel punto uno di loro, Eliran Siso, è saltato su una jeep dell’esercito e si è precipitato verso la batteria appena riparata da Zada. È stata una questione di ipochi istanti. Siso è risuscito a raggiungere il compagno che ce l’ha fatta a saltare a bordo della jeep appena in tempo per allontanarsi di qualche decina di metri prima che il missile partisse. Pochi secondi dopo il missile intercettava il razzo Grad nel cielo di Ashdod impedendogli in colpire la città.
Contrariamente a quanto prevede il regolamento, Zada era balzato sulla jeep abbandonando sul terreno il suo equipaggiamento. Quando poi è tornato alla batteria ha constatato che di tutta la sua attrezzatura non era rimasto praticamente nulla: era stata fusa dal calore del getto del missile intercettore.
Sia Eli Zada che Eliran Siso hanno ricevuto l’encomio degli alti ufficiali della Forza Aerea israeliana per il loro gesto e per la loro dedizione alla difesa degli abitanti di Ashdod e dei loro stessi compagni della squadra addetta alla batteria di “Cupola di ferro”. “Sarebbe potuta finire in modo molto diverso – hanno dichiarato gli ufficiali dell’aeronautica – se non fosse stato per la risolutezza del tecnico che ha voluto restare al pezzo finché non è riuscito a ripararlo anche a costo di mettere in grande pericolo la propria vita, e quella del suo compagno che si è precipitato per trarlo in salvo. Questo incidente dimostra quanto sarebbe diversa la nostra situazione senza il successo del funzionamento del sistema “Cupola di ferro” e, ancor più, senza l’opera dei militari addetti a manovrarlo, sia tecnici che combattenti, tutti ancora in servizio ventiquattr’ore su ventiquattro nelle città del sud di Israele”.
“Noi abbiamo fatto solo il nostro lavoro – hanno detto i due soldati ai loro compagni – e siamo contenti che il missile intercettore sia riuscito a contrastare il Grad diretto contro la città”.

(Da: YnetNews, 18.3.12)

Nelle foto in alto: Addetti ad una batteria anti-missile Cupola di ferro; la partenza di un missile intercettore