Se gli americani sbagliano due volte

Le armi di sterminio irachene cerano, e forse ci sono ancora.

Da un articolo di Shmuel Rosner

image_1021“E’ vero che molte notizie di intelligence si sono rivelate sbagliate”, ha detto il presidente degli Stati Uniti George W. Bush alla vigilia delle elezioni parlamentari irachene, allineandosi in questo modo su quello che da qualche tempo l’America considera un dato di fatto fuori discussione: in Iraq non c’erano armi di distruzione di massa. Bush è convinto che l’intervento militare fosse ugualmente giustificato nonostante questo errore. Il dibattito sulla questione è solo all’inizio, ma lui ha già archiviato il tema dell’insuccesso dell’intelligence. “Come presidente, mi assumo la responsabilità della decisione di andare in Iraq. E mi assumo anche la responsabilità di rimediare a ciò che andato storto, riformando le facoltà dell’intelligence. Ed è quello che stiamo facendo”.
Ed ecco cosa ha detto Bush a proposito dei servizi di intelligence di altri paesi, Israele compreso: “Quando prendemmo la decisione di andare in Iraq, molti servizi di intelligence in tutto il mondo valutavano che Saddam fosse in possesso di armi di sterminio”.
In effetti in Israele molti alti ufficiali dell’esercito e dell’intelligence insistono ancora oggi: “Lo dicevamo allora e non ci sbagliavamo. Chi sta sbagliando sono, oggi, gli americani”.
Abbiamo qui una posizione interessante, che non appassiona molto il pubblico israeliano dal momento che in Israele non c’è gran discussione sull’opportunità o meno dell’intervento militare in Iraq. Questi alti ufficiali, che conoscono molto bene i materiali dell’intelligence israeliana, sono tuttora convinti che l’Iraq avesse veramente armi di distruzione di massa. Non armi nucleari, naturalmente. Israele non ha mai detto questo. Un errore degli americani fu proprio quello di esagerare informazioni inconsistenti circa piani nucleari iracheni. Ma c’erano armi chimiche e biologiche. E se gli americani hanno sposato una diversa valutazione, soprattutto per ragioni politiche, essi stanno facendo oggi un secondo errore che va ad aggiungersi al primo.
Alcuni di questi alti ufficiali hanno discusso queste opinioni con i loro contatti americani. “Perché non abbiamo trovato le armi?”, hanno chiesto gli americani. Gli israeliani hanno risposto garbatamente: perché per lo più erano state trasferite in Siria prima della guerra. Sospetti di questo genere sono già stati apertamente pubblicati. Tutti i servizi di intelligence occidentali conoscono bene le fotografie di autocarri che attraversavano il confine di notte, accompagnati da alti ufficiali iracheni. Il problema è che, appena Israele punta il dito sulla Siria, subito viene accusato di secondi fini politici. “Possono pensare quello che vogliono – dice un ufficiale israeliano – Forse è impossibile cambiare la loro opinione, ma è anche impossibile cambiare la realtà dei fatti. Il materiale venne trasferito in Siria col favore delle tenebre appena prima dello scoppio delle ostilità. Per questo gli americani non l’hanno trovato”. E questa, come si è detto, è la spiegazione più benevola.
La spiegazione meno benevola circola in ambienti più ristretti per non irritare gli amici americani. Tuttavia, nell’arco di due settimane, l’ho udita da almeno tre diversi israeliani che occupavano posizioni tali da aver accesso ad informazioni di intelligence durante la guerra in Iraq. “Semplicemente non sanno cercare bene” dice uno di essi. “Sapete come cercavano? – spiega un secondo – Le truppe venivano mandate in un certo luogo e vi si recavano senza alcun serio supporto di intelligence. Se non c’era niente sotto quel sasso, semplicemente tornavano alla base senza preoccuparsi di guardare anche sotto gli altri sassi tutt’attorno”.
Alcuni di questi materiali, sostengono le fonti israeliane, sono ancora nascosti in Iraq (un paese dove tuttora sfuggono alle forze della coalizione ingenti quantità di armi ed esplosivi convenzionali). Forse verranno trovati in futuro. O forse no. Non è del tutto chiaro chi sappia dove si trovano, e chi ne abbia il controllo. Naturalmente gli americani non hanno trovato il materiale trasferito in Siria perché là non hanno cercato. A molti americani dell’establishment della difesa che erano contrari all’intervento armato torna comodo che il materiale non venga stato trovato. Così si prendono la rivincita sui loro rivali nell’amministrazione, che nei mesi precedenti la guerra li offendevano e ignoravano le loro raccomandazioni.
Tutto questo può significare due cose. O in Israele, in mancanza di un ampio dibattito pubblico, l’establishment della difesa nasconde la testa nella sabbia rifiutandosi di ammettere un madornale errore di valutazione sulle capacità non convenzionali dell’Iraq. Oppure negli Stati Uniti, a causa di agitate circostanze politiche, l’opinione pubblica si è fatta un’idea definitiva circa la qualità delle notizie di intelligence, costringendo l’amministrazione ad ammettere un errore che era in realtà molto più piccolo di quanto non abbiano pensato gli americani stessi.
“Ormai è impossibile modificare l’opinione pubblica americana su questo tema, a meno che improvvisamente non salti fuori una quantità enorme di armi chimiche – dice una delle fonti israeliane – E il problema è che adesso nessuno può andare a cercarle”. Bush ha le mani legate. Nelle attuali circostanze politiche è inconcepibile che ordini di riprendere le ricerche. In ogni caso, una discussione seria e utile sulla qualità delle informazioni di intelligence alla vigilia dell’intervento in Iraq sarà possibile, se mai lo sarà, solo fra qualche tempo in futuro.

(Da: Ha’aretz, 18.12.05)