Se i palestinesi cercano di estorcere risultati senza negoziare

Le tattiche autolesioniste di Abu Mazen mettono a repentaglio la sicurezza dell'Occidente

Di Reuven Berko

Reuven Berko, autore di questo articolo

Reuven Berko, autore di questo articolo

Il governo unitario formato da Autorità Palestinese e Hamas continua a portare avanti il suo tentativo di violare gli accordi di Oslo del 1993. Rifiutandosi di tenere negoziati diretti, i palestinesi cercano di isolare internazionalmente Israele per portarlo davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aia, e di marcare successi unilaterali alle Nazioni Unite e all’Unione Europea, come ad esempio la decisione del Tribunale europeo di togliere Hamas dalla lista delle organizzazioni terroristiche. Mentre perseguono questo tentativo, incrementano la violenza e la campagna di istigazione anti-israeliana, minacciando una terza intifada e minacciando ripetutamente di sospendere la collaborazione sulla sicurezza con Israele, sebbene una terza intifada risulterebbe probabilmente assai dolorosa innanzitutto per i palestinesi.

Nessuno si è davvero sorpreso dalla recente dichiarazione del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che non avrebbe riconosciuto Israele come stato nazionale del popolo ebraico. Molti trattano le tattiche palestinesi con paternalistica condiscenza. Alcuni le liquidano come “la loro solita retorica interna” e, nel timore di perdere un’opportunità di pace anche remota, scelgono di credere all’opposta retorica del leader palestinese “votato alla ricerca della pace”. Gli stessi palestinesi non credono alle falsità che vengono spacciate agli ebrei. L’opinione pubblica palestinese è molto chiara: basta ascoltare le loro emittenti radio e tv.

Abu Mazen aveva annunciato che avrebbe rinunciato al “diritto al ritorno” nella sua città natale di Safed, nel nord di Israele, per poi ritrattare questa dichiarazione dicendo che il “diritto al ritorno” spetta a ogni palestinese e che nessuno è autorizzato a cederlo nel loro nome. Più tardi ha dichiarato che “sei milioni di palestinesi”, incluso lui stesso, rivendicano il diritto di unirsi ai loro fratelli e di tornare alle loro case nella “Palestina occupata”, e che questo è il motivo per cui lui non puo’ riconoscere Israele come stato ebraico, contraddicendo precedenti dichiarazioni del presidente palestinese Yasser Arafat. E’ difficile negoziare con un leader di dubbia credibilità che aspira apertamente al “ritorno” in Israele schiacciandone la popolazione ebraica sotto esorbitanti ondate di demografia palestinese.

Il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen: "Non riconoscero' mai l'ebraicità dello stato o uno stato ebraico"

Il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen: “Non riconoscero’ mai l’ebraicità dello stato o uno stato ebraico”

Bisogna dare atto all’ex ministro della giustizia Tzipi Livni d’aver onestamente dichiarato ai mass-madia, quando agiva come capo della squadra negoziale israeliana, che pur avendo ricevuto pieno sostegno dal primo ministro Benjamin Netanyahu, si era dovuta imbattere ripetutamente nell’intransigenza palestinese e che questo è stato il motivo principale del fallimento dei colloqui di pace.

Pare già dimenticato l’atteggiamento bellicoso assunto da Abu Mazen e dai suoi, che cercano di ricalamitare sulla questione palestinese l’attenzione internazionale che ritengono sia troppo distratta dal disastro che imperversa nella regione medorientale. E hanno fatto passare la “mini-intifada” che hanno messo in piedi a Gerusalemme come una reazione a una presunta rigidità di Israele e alle provocazioni di un gruppetto di pazzi israeliani di estrema destra che insistevano nel voler visitare il Monte del Tempio. In quanto alleata di governo, l’Autorità Palestinese è inoltre corresponsabile dei crimini commessi da Hamas: dal lancio di razzi sui civili, ai tunnel per infiltrazioni terroristiche, ai rapimenti, agli omicidi a sangue freddo, ai vari attentati con auto e mannaie, e un giorno dovrà pur essere chiamata a risponderne davanti alla Corte dell’Aia.

Nel frattempo i palestinesi fanno affidamento sull’aiuto di alcuni leader europei, che ora temono la minaccia dell’estremismo islamico al loro interno. Questa atmosfera ha offerto ai palestinesi la possibilità di estorcere risultati politici senza negoziare.

Gli sforzi dell’Autorità Palestinese di promuovere istigazione e violenza mirano ad enfatizzare la questione palestinese a spese della capacità dell’Occidente e dei paesi arabi “moderati”  di contrastare efficacemente il pericolo del terrorismo islamista sunnita. Minacciano di sciogliere l’Autorità Palestinese, di montare una terza intifada, di recidere la cooperazione sulla sicurezza con Israele che è vitale per la sopravvivenza della stessa Autorità Palestinese: giocano col fuoco mettendo a repentaglio la sicurezza di tutti.

(Da: Israel HaYom, 21.12.14)