Se l’occupazione è un ottimo affare. Per i palestinesi

Ricevono in aiuti internazionali molto più del danno economico che loro stessi dicono di subire.

Di Adam Reuter

image_3355I palestinesi hanno recentemente dichiarato che Israele danneggia gravemente l’economia dell’Autorità Palestinese. Sostengono infatti, i rappresentanti palestinesi, che l’occupazione israeliana comporta un costo pesante per la loro economia: un danno che viene da loro calcolato in almeno 7 (sette) miliardi di dollari negli ultimi dieci anni. Questa stima comprende le attività economiche congelate nella striscia di Gaza a causa del blocco, i redditi persi da risorse naturali usate da Israele grazie al suo controllo sulla maggior parte dell’area, costi aggiuntivi per i palestinesi dovuti a limiti di movimento e altre restrizioni alla produzione locale.
Lasciamo perdere per un momento perché è stato imposto un blocco alla striscia di Gaza, perché sono stati istituiti posti di blocco in Cisgiordania, perché sono le comunità israeliane ad essere protette da recinzioni e non quelle palestinesi. E supponiamo anche che le stime palestinesi siano del tutto attendibili, e che il danno economico cumulativo da loro subito ammonti effettivamente a sette miliardi di dollari. Ebbene, a ben vedere, con l’occupazione hanno fatto un ottimo affare. Intendo dire che i palestinesi hanno trasformato la loro indigenza in una strategia economica vantaggiosa grazie alla quale incassano molto più denaro di quello che dicono d’aver perso per i danni che l’occupazione infliggerebbe loro. Anzi, sotto questo aspetto la situazione attuale risulta, per loro, di gran lunga economicamente vantaggiosa.
I palestinesi, infatti, dimenticano di dire che, allo stato attuale, ricevono direttamente o indirettamente fra i 3 e i 4 miliardi di dollari all’anno in aiuti internazionali: vale a dire, più del doppio del danno annuale alla loro economia che dicono di subire a causa dell’occupazione. Di fatto i palestinesi sono i campioni del mondo dell’aiuto internazionale pro capite. In media ciascun palestinese riceve donazioni per circa 1.000 dollari all’anno. Più del 60% del prodotto dell’Autorità Palestinese origina da aiuti mondiali. I dati statistici mostrano che, negli anni 2009 e 2010, l’Autorità Palestinese ha ricevuto donazioni per un totale di 4 miliardi di dollari all’anno. Dal 2005 la portata delle donazioni è più che raddoppiata. Vale a dire che, se si contano tutti i fondi ricevuti dai palestinesi da varie fonti solo negli ultimi dieci anni, si arriva ad una somma straordinaria che si aggira sui 25 miliardi di dollari. Cioè 18 (diciotto) miliardi di dollari di più rispetto al danno accumulato nello stesso periodo secondo i loro calcoli.
Ma i palestinesi fanno almeno buon uso di tutto questo denaro? Non necessariamente. Per lo più questi fondi non vengono usati per stimolare la crescita, ma per pagare gli stipendi di innumerevoli funzionari e finanziare una burocrazia elefantiaca. Una parte degli aiuti finisce addirittura nell’unica industria sviluppata della striscia di Gaza: l’industria della “difesa”. I palestinesi potrebbero usare le immense somme di denaro che ricevono dal mondo per rimodernare le loro infrastrutture e gettare così le basi per lo sviluppo futuro di una potenza industriale fondata sulla manodopera a basso costo. Non c’è nulla di cui vergognarsi in una tale strategia, adottata ad esempio dalla Turchia che ora funziona da catena di montaggio per l’Europa occidentale. E invece, a quanto risulta, l’investimento palestinese in infrastrutture è irrisorio. L’Autorità Palestinese ripara a malapena le strade, e non crea quasi nessun impianto per la desalinizzazione pur avendo ricevuto tutti i fondi e i permessi per farlo. Dopotutto, è assai più comodo depauperare e inquinare le falde che portano l’acqua verso Israele. I palestinesi hanno trascurato le loro infrastrutture idriche e non hanno create nuove strutture idro-elettriche perché è molto più facile fare affidamento sulla Israel Electric Company.
I palestinesi sostengono che il conflitto con Israele li danneggia economicamente. È senz’altro vero. Ma il rovescio della medaglia è che, a quanto pare, traggono dal conflitto molti più vantaggi che perdite. Se non fosse per il conflitto, i palestinesi non riceverebbero praticamente nessun aiuto dal resto del mondo. Hanno dunque un autentico interesse economico a porre fine al conflitto?

(Da: YnetNews, 7.2.12)

Nella foto in alto: un negozio di Gaza