Se ne discute in Israele

Due giornali esaminano vari problemi in vista della conferenza di Annapolis

Alcuni commenti dagli editoriali della stampa israeliana del 1 novembre

image_1885Yediot Aharonot chiede che entrambe le parti prendano misure atte a dare fiducia: “Il governo israeliano si aspetta giustamente che la leadership palestinese agisca contro il terrorismo, e non solo a parole. Da parte sua, Israele ha già compiuto un gesto di buona volontà rilasciando dei prigionieri palestinesi. Ci saranno anche altri gesti: togliere blocchi stradali, smantellare avamposti illegali e non ampliare gli insediamenti esistenti.” Gli editorialisti ritengono che “L’incontro in USA possa lastricare la via verso una soluzione globale nella regione se serve come base per negoziati strutturati in cui i problemi principali degli insediamenti permanenti sono discussi dall’inizio, senza condizioni preliminari. Se le parti seguono questa strada, Israele potrebbe aspettarsi un futuro più sicuro l’anno prossimo, il suo 60mo compleanno.”

Ma’ariv asserisce che “Gli avamposti devono essere evacuati prima di Annapolis,” ma sostiene che “Invece dell’ evacuazione, c’è la paura dei coloni.” Tuttavia, gli articolisti ammoniscono che “Gli americani non si fanno più ingannare.”

Haaretz critica gli attacchi sul modo in cui la polizia ha gestito le operazioni a Peki’in, dichiarando alla luce di avvenimenti passati che si tratta di attacchi automatici e prevedibili. L’ editorialista conclude dicendo che “La sensibilità per i sentimenti delle minoranze non può cancellare le azioni per far rispettare la legge . . . Chiunque desideri vivere in un paese di legge ed ordine deve sostenere la polizia, e non rimanere indifferente al fatto che i cittadini di Peki’in hanno attaccato gli agenti di polizia che entravano nel villaggio come se si fosse trattato di nemici”.

Il Jerusalem Post dice che il Ministro dell’Interno Meir Sheetrit ha fatto esplodere una mini-bomba martedì quando ha detto al Consiglio dei Governatori dell’Agenzia Ebraica che è ora di smettere di concedere automaticamente la cittadinanza israeliana “a qualunque ebreo”, e sostiene che il ministro farebbe meglio a cercare di cambiare la politica del governo e scoraggiare le frenetiche ricerche di ebrei dove quasi non ce ne sono, invece di cercare di abolire la legge del ritorno.
(Da: quotidiani israeliani, 01.11.07)