Se non fosse così penoso sarebbe persino comico

Benvenuti nel mondo alla rovescia della Settimana dell’Apartheid Israeliano.

Di Tuvia Book

image_3682Benvenuti! Anche quest’anno, in questo periodo, riapre la stagione degli odiatori di ebrei e dei calunniatori di Israele. Eh già, la Settimana dell’Apartheid Israeliano. Orsù, celebriamola nei migliori campus universitari, dalla Columbia ad Harvard a York. Come disse l’umorista satirico Kirchen, in realtà avrebbero voluto chiamarla la-settimana-spazza-via-l’entità-ebraico-sionista-dalla-carta-geografica, ma “Settimana dell’Apartheid Israeliano” suona politicamente più corretto.
Se non fosse così penoso potrebbe essere persino comico. Definire apartheid Israele è assurdo almeno quanto sostenere che vigono eguali diritti per tutti i popoli che vivono nei paesi attorno a Israele.
Sono cresciuto in Sudafrica, l’unico regime di apartheid che il mondo ha conosciuto. Ho aspettato il mio scuola-bus (solo per bianchi), per andare alla mia scuola (solo per bianchi), su una panchina che diceva, in inglese e in afrikaans: “Fermata d’autobus solo per bianchi”. Terminate le lezioni, raggiungevo spesso una spiaggia passando davanti a un identico cartello. Era un regime brutalmente oppressivo dove il razzismo sancito dallo stato era radicato nelle leggi. Il colore della pelle era il solo fattore che determinava se uno aveva o non aveva diritti.
Il contrasto fra il Sudafrica dell’apartheid e lo stato d’Israele è totale. La dichiarazione d’indipendenza d’Israele sancisce l’eguaglianza di tutti i cittadini, affermando categoricamente che “lo stato dì’Israele garantirà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso; garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura; tutelerà i Luoghi Santi di tutte le religioni”.
Se si vuole trovare dell’apartheid, in Medio Oriente, non occorre cercare molto lontano. La maggior parte dei regimi nella regione dove si trova Israele praticano alla grande l’apartheid di genere. Giusto la settimana scorsa l’annuale maratona di Gaza (organizzata dall’Unrwa) è stata cancellata quando i mullah di Hamas hanno vietato la partecipazione delle donne. Il Rapporto sullo Sviluppo Umano dalle Nazioni Unite (un organismo non particolarmente amichevole con Israele) afferma, a pag. 22: “Le donne nei paesi della Lega Araba soffrono di ineguale cittadinanza e diseguali diritti legali, spesso evidenti nel diritto di voto e nei codici giuridici così come nella disuguaglianza di opportunità che si evidenzia nelle condizioni di lavoro, nelle retribuzioni e nella segregazione di genere sul lavoro. La loro partecipazione politica ed economica rimane la più bassa del mondo”.
Nel mondo arabo e in Iran l’adulterio è un reato per entrambi i sessi, ma le donne subiscono punizioni molto più dure. In alcuni di questi paesi l’adulterio è un reato capitale che prevede la condanna a morte per lapidazione. Questo è apartheid sessuale.
Sicché, amici miei, la prossima volta che qualcuno ricomincia a snocciolare la vecchia calunnia secondo cui Israele sarebbe “un regime di apartheid proprio come era il Sudafrica”, rendetevi conto che lo fa solo perché, dopo la Shoà, non è politicamente corretto dichiararsi espressamente un ignobile antisemita spandi-odio, intollerante e analfabeta. Il mondo può tollerare deboli ebrei nel ruolo di vittime del razzismo; quello che non può sopportare è vedere dei forti ebrei come esempi di tolleranza, comprensione ed eguaglianza.
A tal proposito, vorrei cogliere l’occasione per brindare alla neo eletta “miss Israele”, Yityish Titi Aynaw, etiope di nascita, che ha ricevuto il titolo quattordici anni dopo l’incoronazione a “miss Israele” di Raslan Rana, araba cristiana.
Chi è che aveva parlato di apartheid?

(Da: Times of Israel, 13.3.13)

Nella foto in alto: Tuvia Book, auto di questo articolo