Se Sharon si ritira, la sinistra lo deve sostenere

Non dimentichiamo che fu il candidato laburista Amram Mitzna il primo a promettere che avrebbe optato per il ritiro unilaterale...

image_54Intervista a G. Franchetti di ”Sinistra per Israele”

Il primo ministro israeliano Ariel Sharon, alla guida di un governo di centro-destra, spinge per attuare un piano di disimpegno unilaterale che comporta il ritiro di soldati e insediamenti israeliani dalla striscia di Gaza. Sarebbe la prima volta che un governo israeliano decreta lo sgombero di centri abitati israeliani in Terra d’Israele (o ex Palestina mandataria). Eppure questa scelta suscita forti critiche, o addirittura condanne, in una parte significativa della sinistra. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Franchetti, fondatore dell’associazione italiana Sinistra per Israele.
La prima obiezione e’ che le mosse diplomatiche unilaterali di Sharon costituirebbero una grave ferita all’orgoglio dei palestinesi. E’ cosi’?
“Con quello che e’ successo e che succede, i palestinesi hanno avuto ben altre ferite al loro orgoglio e quest’ultima non e’ davvero significativa piu’ di tanto. L’orgoglio dovrebbe invece portarli a liberarsi di un leader che e’ capace soltanto di condurli di sconfitta in sconfitta. E anche Arafat, se avesse l’orgoglio che ebbe Nasser dopo la guerra dei sei giorni, dovrebbe dare le dimissioni. Ma dubito che la popolazione palestinese scenderebbe per le strade imponendogli di ritirarle. E probabilmente ne dubita anche Arafat”.
Resta il fatto che il ritiro viene deciso senza sentire i palestinesi e questo da molti viene percepito come l’ennesimo comportamento inaccettabile da parte di Sharon.
“A me invece sembra ingiustificato che nei confronti di Sharon si continui a esercitare un pregiudizio cosi’ forte anche da una parte della sinistra piu’ democratica e raziocinante. Non dimentichiamo che fu Amram Mitzna, il candidato laburista sconfitto da Sharon alle ultime elezioni, il primo a promettere che avrebbe optato per il ritiro unilaterale se entro un anno non si fosse riusciti ad arrivare a un accordo formale con interlocutori palestinesi affidabili. E su questo era stato approvato dalla sinistra sia in Israele che nel resto del mondo. Un anno dopo Sharon riprendeva lo stesso principio, ma certi suoi oppositori si dicevano sicuri che le sue erano solo parole. Ora si vede che non sono solo parole, che vi e’ una intenzione seria, e che Sharon vuole aggiungere anche il ritiro da alcuni insediamenti in Cisgiordania”.
Ma intanto strappa al presidente Bush il consenso a trattenere alcuni insediamenti al di la’ della Linea Verde (l’ex linea armistiziale fra Israele e Giordania dal 1949 al 1967).
“Tutti i piani di pace, dalla risoluzione Onu 242 del 1967, agli Accordi di Oslo degli anni Novanta, fino alle proposte di Camp David del 2000, ai punti di Clinton e alle offerte di Taba del 2001 si basavano sul principio che il futuro confine fra Israele e vicini arabi non e’ gia’ fissato. Dovra’ essere il piu’ vicino possibile alla Linea Verde, ma con alcuni cambiamenti. D’altra parte, l’idea di mantenere all’interno di Israele le localita’ piu’ intensamente popolate da israeliani e’ contenuta anche nell’accordo ‘virtuale’ di Ginevra del dicembre scorso, la proposta di compromesso in assoluto piu’ avanzata che sia mai stata formulata, sostenuta da tutta la sinistra. Le localita’ che ha in mente Sharon sono in pratica le stesse previste da “Ginevra”, con l’aggiunta solo di Ariel.”
Ma Sharon non dice cosa offre ai palestinesi in cambio di queste localita’.
“Non lo dice, ma nello stesso tempo non parla nemmeno del destino di tutti gli altri insediamenti, ne’ di Gerusalemme: significa che lascia la porta aperta a tutte le opzioni. Al tempo di Ehud Barak si disse che una delle sue mancanze era stata quella di non aver accompagnato i colloqui con qualche ritiro concreto per convincere i palestinesi della buona fede d’Israele. Ora che il ritiro c’e’, non manca chi vede in questo una prova della malafede israeliana… In realta’, fino a poco tempo fa il problema era convincere la leadership del Likud che la loro politica era oggettivamente sbagliata. Ora la maggioranza della leadership del Likud si e’ spostata praticamente sulle posizioni laburiste. Anche il Meretz approva: ogni ritiro dagli insediamenti dovrebbe essere salutato dalla sinistra come un evento positivo.”
Anche senza un accordo con la controparte?
“Naturalmente tutti pensano che sarebbe meglio se si potesse fare nel quadro di un accordo con i palestinesi. Sarebbe molto piu’ soddisfacente, piu’ produttivo e anche piu’ garantito. Ma il dialogo che Yossi Beilin e’ riuscito ad avere con Yasser Abed Rabbo [nella stesura della bozza di Ginevra] pare che sia impossibile con Arafat. Impossibile per Sharon e, prima di lui, per Barak. Il prossimo 2 maggio il piano di disimpegno di Sharon verra’ sottoposto al voto dalla base del Likud. Guai se la base lo rifiutasse.”
Dunque, auguri a Sharon?
“Abbiamo fondamentali divergenze ideologiche, politiche e strategiche con Sharon, ma in questa occasione io tifo per lui.”

(Da: israele.net, 21.04.04)

Nella foto in alto: Manifestazione della destra israeliana contro il piano di disimpegno di Sharon