«Se vivo qui non è solo per sionismo, ma per buone ragioni molto concrete»

Israele visto con gli occhi di chi opera nel settore dell’high-tech

Di Kenny Sahr

Kenny Sahr, autore di questo articolo

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Non sarà l’alba del sol dell’avvenir, ma può ben darsi che in Israele ci troviamo nel bel mezzo di un’età dell’oro. Chi opera nella florida industria high-tech israeliana, probabilmente l’ha già capito.

Partiamo dall’ovvio: Israele non è privo di sfide. Non viviamo in un rione fatto di paesi da club inglese, e le cose possono sempre ribaltarsi dall’oggi al domani. I rapporti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu con il presidente Usa Barack Obama sono lungi dall’essere perfetti, e chissà dove andrà a parare la vicenda dell’Iran.

Start up in Israele: clicca per la mappa interattiva

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Quelli di noi che lavorano nel settore dell’alta tecnologia hanno tutte le ragioni per essere fieri e riconoscenti. La mia generazione in Israele ha prospettive di carriera che sono inimmaginabili nella maggior parte del resto del mondo. Una settimana sì e una no capita di leggere dell’”ennesima” uscita tecnologica israeliana a 8 o 9 cifre. Non solo i dipendenti ricevono stock option; si guadagnano anche il diritto di aggiungere una voce al loro curriculum che finirà col valere una piccola fortuna nel corso della loro carriera.

Sì, è vero, guadagniamo meno dei nostri omologhi della Silicon Valley. Israele è al culmine (mi auguro!) della crescita dei prezzi delle case, mentre gli Stati Uniti si stanno ora riprendendo dallo scoppio della bolla immobiliare. In termini monetari reali, noi spendiamo una quota molto più alta dei nostri stipendi in affitti e mutui rispetto ai nostri omologhi americani ed europei. La stampa israeliana è piena di storie disincantate di israeliani che si sono trasferiti in Europa e se la cavano bene: finché fanno parte del 89% degli europei che hanno un lavoro…

Quando oso dire ai miei amici nati qui in Israele che “questo è un’età dell’oro per Israele”, si mettono a ridere. Detta in ebraico sembra una frase assurda, eppure io ne sono convinto. Quando mi trasferii in Israele, nel 1989, la disoccupazione qui era all’8,9%, rispetto al 5,3% degli Stati Uniti. Allora, venire qui era tutta una questione di sionismo. Veloce salto in avanti al 2013: il tasso di disoccupazione, in Israele, è al 5,9% contro il 7,3% degli Stati Uniti, il 26-27% della Spagna e della Grecia (nazioni che appartengono come noi al Club del Mediterraneo) o in altri paesi d’Europa, e noi andiamo piuttosto bene. Oggi ho buone ragioni concrete per vivere qui. Non mi era mai passato per la mente che la disoccupazione in Israele potesse un giorno essere inferiore a quella degli Stati Uniti (ai quali auguro una rapida ripresa economica).

Se questa è un’età dell’oro per Israele, i sabra, gli israeliani nati qui, non si accorgeranno subito quando sarà passata. Di solito ci vogliono una guerra o due prima di capire quanto era bello il passato. Certo, mi manca Key West, ma il mio hamburger del paradiso è qui in Israele.

(Da: Times of Israel, 4.12.13)