Sei opzioni per Sharon

Dopo il voto negativo del Likud sul suo piano, al primo ministro israeliano si prospettano sei opzioni possibili.

Gideon Alon

image_127Dopo il voto negativo nella consultazione interna del Likud sul suo piano di disimpegno unilaterale dalla striscia di Gaza e da parti della Cisgiordania settentrionale, al primo ministro israeliano Ariel Sharon si prospettano sei opzioni possibili.

1. Sharon annuncia che, essendo il piano una questione di massimo interesse nazionale che riguarda tutti i cittadini del paese e non solo quelli iscritti al Likud, egli intende sottoporlo a un referendum nazionale. Ciò richiede l’approvazione da parte della Knesset di un’apposita legge sui referendum (istituto attualmente non previsto dalla legislazione israeliana). La legge riconoscerebbe il diritto di voto nel referendum a tutti i cittadini elettori e ne affiderebbe l’attuazione alla Commissione Elettorale Centrale, presieduto da un ex giudice della Corte Suprema, sulla falsariga delle votazioni politiche per il parlamento. L’approvazione di una siffatta legge prevedrebbe tempi piuttosto lunghi.

2. Sharon informa il presidente d’Israele Moshe Katsav che intende sciogliere la Knesset. Sharon ha fatto allusione a questa possibilità in un’intervista venerdì sera al Canale Due della tv israeliana. In base alla Legge Fondamentale “Il Governo”, il primo ministro deve avere l’approvazione del presidente per sciogliere la Knesset e indire nuove elezioni. Secondo la legge, Sharon dovrebbe riferire a Katsav che la maggior parte dei deputati si oppone al suo governo rendendone impossibile un appropriato funzionamento nella gestione degli affari dello Stato e costringendolo ad andare alle urne. Il presidente non è obbligato ad accogliere questa richiesta. Secondo la legge, durante i 21 giorni tra la decisione di sciogliere il parlamento e la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, un gruppo di 61 deputati (su 120) può chiedere al presidente di conferire a un altro parlamentare l’incarico di formare una coalizione alternativa.

3. Sharon scioglie la Knesset per via parlamentare, con l’approvazione in aula di un’apposita legge per lo scioglimento anticipato della legislatura circa tre anni prima della sua scadenza naturale (novembre 2007). Per farlo, il primo ministro necessita dell’appoggio di altri gruppi parlamentari o perlomeno di quello laburista, il principale gruppo d’opposizione, il quale probabilmente accoglierebbe con favore l’iniziativa. Per i laburisti, elezioni anticipate significherebbero una chance di tornare al governo o, quantomeno, di aumentare il loro numero di seggi in parlamento.

4. Sharon annuncia che accetta il risultato del voto interno del Likud di domenica e che intende riformulare il suo piano di disimpegno, annacquandolo abbastanza da ottenere il consenso della suo partito.

5. Sharon decide di aggirare l’opposizione interna del Likud cercando di ottenere l’approvazione al suo piano prima da parte del governo e poi della Knesset. In ogni caso, nulla garantisce che riesca a ottenere il voto favorevole della maggioranza dei suoi ministri. Resta in dubbio, infatti, come voterebbero i ministri del Likud Benjamin Netanyahu, Limor Livnat e Silvan Shalom dopo che il piano è stato bocciata dalla base del partito, dietro alla quale i tre potrebbero trincerarsi, votando contro il piano insieme a ministri come Uzi Landau, Tzachi Hanegbi e Natan Sharansky.

6. Sharon informa il presidente che intende dare le dimissioni. In tal caso, il presidente conferisce l’incarico di formare un nuovo governo al parlamentare che ritiene abbia le migliori possibilità di riuscirci: molto probabilmente Benjamin Netanyahu. Questa opzione appare assai improbabile dal momento che Sharon ha già affermato che non ha intenzione di dimettersi piegandosi all’ala destra del suo partito e ai partiti della destra.

(Da: Ha’aretz, 3.05.04)