Sempre più richiesta l’esperienza che Israele ha accumulato, suo malgrado, nella guerra legale contro il terrorismo

Dieci anni per la stesura di un disegno di legge anti-terrorismo adeguato ai tempi

Il municipio di Tel Aviv domenica sera, in segno di solidarietà con gli Usa perla strage islamista anti-gay di Orlando

C’è un campo in cui la domanda di know-how israeliano cresce in continuazione ed è la guerra al terrorismo.

La settimana scorsa, il vice procuratore generale israeliano Raz Nazari ha completato la stesura di un progetto di legge per combattere il terrorismo: un obiettivo decisamente complicato dal momento che i fatti non smettono di cambiare, le sfide e le esigenze non hanno mai cessato di modificarsi, e più e più volte Nazari ha dovuto mettere mano al suo progetto per aggiornare la formulazione e adattarla alla situazione attuale così come alla recente ondata di terrorismo. Per questo motivo il lavoro di redazione del testo ha preso un decennio e ha comportato centinaia di incontri con i funzionari della sicurezza, riesami legislativi e raffronti giuridici, e non meno di trenta riunioni della Commissione Legge, Giustizia e Costituzione della Knesset.

Dopo aver esaminato le leggi draconiane varate in fretta negli Stati Uniti dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, gli esperti legali israeliani hanno optato per una legislazione più equilibrata. Una delle innovazioni chiave nel disegno di legge è il riconoscimento della necessità di affrontare non solo il terrorismo in sé, ma anche il cosiddetto “sostegno al terrorismo”, che comprende coloro che sostengono e istigano al terrorismo. Ad esempio, il nuovo disegno di legge stabilisce che, contrariamente alle leggi del passato, appelli a commettere attentati terroristici vanno considerati un reato anche quando non sussiste la “sostanziale probabilità” che un preciso atto di terrorismo sia stato commesso a seguito di quell’appello. Il disegno di legge stabilisce pene più severe per i reati collegati al terrorismo e limita le possibili riduzioni di pena ai condannati per terrorismo. Inoltre, amplia la cerchia dei trasgressori sino ad includere tutti coloro che addestrano, aiutano e forniscono risorse ai terroristi, e persino coloro che si identificano pubblicamente coi terroristi.

Raz Nazari

Raz Nazari

Appena terminato il dibattito finale sul disegno di legge nella Commissione Legge, Giustizia e Costituzione della Knesset, Nazari si è reso disponibile per ricevere delegazioni di magistrati inquirenti da Stati Uniti e Francia, venuti in Israele per apprendere maggiori dettagli sull’iter legislativo, i dilemmi con cui deve fare i conti il Ministero della giustizia israeliano e le soluzioni trovate. Nazari ha spiegato loro che lo scopo della nuova legge è quello di dotare lo stato degli strumenti necessari per affrontare il terrorismo in un mondo nuovo che è molto più tecnologico e ruota attorno a internet. Ha spiegato la necessità di affrontare i sofisticati metodi per il trasferimento di denaro, di affrontare l’istigazione on-line e di organizzare, a fronte di queste sfide, l’utilizzo di moderni meccanismi di tracciamento e monitoraggio, che rischiano tuttavia di violare la privacy.

Altri esponenti giuridici israeliani di alto livello, in particolare i presidenti emeriti della Corte Suprema Aharon Barak e Dorit Beinisch, sono oggi relatori molti richiesti su tutte le questioni relative alla gestione del terrorismo sul piano giuridico. Se in passato la richiesta veniva principalmente dagli Stati Uniti, negli ultimi anni il tema è sempre più all’ordine del giorno anche in Europa, diventata bersaglio di molti gravi attentati. Due settimane fa, la giudice emerita della Corte Suprema Edna Arbel ha tenuto una conferenza a un convegno di giudici dedicata alle sfide legali nella gestione del terrorismo.

Edna Arbel

Edna Arbel

Secondo Arbel, la rivoluzione tecnologica, che comprende la televisione multicanale, i telefoni cellulari e soprattutto internet, pone sfide formidabili a chiunque cerchi di combattere il terrorismo. “Il campo di battaglia è cambiato e lo anche l’aspetto che assume la battaglia – ha detto Arbel – Il mondo del terrorismo classico come lo conoscevamo è cambiato radicalmente e oggi la scena del crimine non è più il raduno in piazza o un corteo con le bandiere, quanto piuttosto un post sui social network. Oggi la voce dell’istigazione viene diffusa a un vasto pubblico digitando su un telefono cellulare o su una tastiera di computer”. Arbel ha spiegato che è impossibile impedire l’atto di postare on-line, e qualunque tentativo di farlo da parte delle forze di sicurezza entra in conflitto con la questione della violazione della privacy. “Non si sfugge alla conclusione – ha detto – che le forze dell’ordine saranno sempre un passo, o più precisamente, diversi passi indietro rispetto al mondo del terrorismo”.

E ha spiegato che l’adattare il sistema giudiziario ai cambiamenti e le stesse procedure di applicazione richiedono troppo tempo e necessitano della cooperazione fra gli stati e le organizzazioni internazionali per creare un linguaggio comune atto ad affrontare i nuovi problemi. Arbel ha concluso affermando che la Corte Suprema israeliana basa la lotta legale contro il terrorismo su tre principi: agire entro i limiti del diritto internazionale e israeliano quando si utilizzano gli strumenti approvati dalla corte, come le “eliminazioni mirate”; bilanciare la necessità di preservare la sicurezza con la necessità di tutelare i diritti umani, per cui pratiche come la tortura negli interrogatori e il sequestro di persone come “merce di scambio” sono entrambe proibite; garantire il diritto di accesso alla Corte Suprema a chiunque sostenga d’aver subito violazioni dei diritti umani.

(Da: YneytNews, 11.6.16)

 

La solidarietà di Israele sul Municipio di Tel Aviv, domenica sera, dopo la strage islamista anti-gay di Orlando (Florida):