Sotto il giogo della vecchia legge islamica

Cristiani perseguitati e Occidente inerte: Israele non deve aspettarsi alcun aiuto il giorno che ne avesse disperatamente bisogno

Di Ephraim Herrera

Ephraim Herrera, autore di questo articolo

Ephraim Herrera, autore di questo articolo

Il devastante attentato suicida di Pasqua che ha colpito domenica scorsa Lahore, in Pakistan, ha provocato la morte di 72 cristiani. I talebani hanno rivendicato la responsabilità per l’attacco, e non è certo la prima volta che la comunità cristiana viene presa di mira dai terroristi islamisti del paese. Nel 2013, a Peshawar, 81 cristiani restarono uccisi per un attentato suicida in una chiesa. I talebani all’epoca giustificarono queste azioni sostenendo che cristiani pakistani devono essere ritenuti responsabili per la campagna di omicidi mirati condotta contro i talebani dall’Occidente cristiano.

Il Pakistan è stato creato come uno stato islamico, con l’implicita idea che debba essere “ripulito” (dai non-musulmani). Per i talebani, che propugnano l’applicazione della legge islamica classica, i non-musulmani sono considerati dhimmi, cioè persone che vivono “sotto protezione” nelle terre musulmane, con diritti politici limitati rispetto ai musulmani, con l’obbligo di indossare abiti umilianti che li identifichino in pubblico e di pagare la speciale “tassa” annuale nota come jizya. Ai cristiani è inoltre proibito esprimere la loro fede in pubblico: pertanto celebrare la Pasqua in un parco pubblico a Lahore è una grave violazione della legge sui dhimmi ed è punibile con la morte.

Per centinaia di anni questa è stata la sorte di cristiani, ebrei e zoroastriani nelle terre islamiche, fino a quando Francia e Inghilterra costrinsero l’Impero Ottomano, nel 1856, ad annullare la legge sui dhimmi. Oggi, questa continua ad essere la sorte dei cristiani che vivono là dove la legge islamica è legge dello stato. In Arabia Saudita, ad esempio, i cristiani non possono acquisire la cittadinanza e non sono autorizzati a praticare la loro fede in pubblico (l’Arabia Saudita ha allargato tale divieto alla sfera privata, in modo tale che i cristiani possono essere severamente puniti anche se celebrano il Natale dentro le loro case). In Arabia Saudita, come nella maggior parte degli stati musulmani, è vietato costruire chiese. Secondo la legge sui dhimmi, possono continuare ad esistere solo le chiese costruite prima della conquista musulmana, mentre quelle costruite dopo devono essere distrutte.

Lahore, marzo 2016

Lahore, marzo 2016

Lo “Stato Islamico” (ISIS) ha ripristinato la legge sui dhimmi nelle aree sotto il suo controllo. I cristiani in quelle zone sono tenuti a rispettare tutte queste norme discriminatorie, pena la morte.

La minoranza copta in Egitto ha subito un destino simile sotto il regime dei Fratelli Musulmani, che stava applicando ufficiosamente la legge sui dhimmi. Nell’agosto 2013, subito dopo il pronunciamento militare guidato da Abdel Fattah al-Sisi, in soli due giorni sono state bruciate 82 chiese copte perché la comunità copta era considerata sostenitrice del nuovo regime.

I cristiani nei territori palestinesi non se la passano meglio. Sotto il governo di Israele i cristiani erano la maggioranza a Betlemme e a Ramallah. Tuttavia, dopo che l’Autorità Palestinese ha assunto il controllo di queste città, la comunità cristiana è stata aggredita, tormentata e discriminata spingendo molti di loro a emigrare in Occidente. Oggi vi si trova solo una piccola minoranza di cristiani. Anche in Iraq, più dell’80% dei cristiani ha lasciato il paese.

In Medio Oriente, Israele è l’unico paese in cui la comunità cristiana è cresciuta e si è sviluppata. Il che però non impedisce ai leader cristiani nella comunità internazionale di prendere spesso e volentieri posizioni apertamente anti-israeliane. Per due motivi: primo, il timore di rappresaglie musulmane contro i cristiani che vivono o transitano nei paesi islamici; secondo, la secolare tradizione antisemita praticata per generazioni dalla Chiesa.

L’Occidente cristiano, a parte esprimere le addolorate condanne di circostanza, non ha adottato misure concrete per salvare i suoi fratelli che vivono sotto il giogo dell’islam. E’ bene che Israele non sia così sciocco da aspettarsi alcun aiuto da questo Occidente, il giorno che ne avesse disperatamente bisogno.

(Da: Israel HaYom, 29.3.16)