Spiegare l’Iran a un bambino di cinque anni

Se gli amministratori delegati delle aziende che operano in Iran avessero dei nipoti che vivono in Israele o in Siria, continuerebbero a fare affari con Teheran?

Di Bob Feferman

Bob Feferman, autore di questo articolo

Bob Feferman, autore di questo articolo

Non sono obiettivo, ma credetemi: mio nipote ha una memoria incredibile, per un bambino di cinque anni. È capace di identificare marca e modello di quasi tutte le auto che incontra per la strada. Un giorno, durante una passeggiata, ha indicato al volo una Mazda e una Nissan. Per tutta risposta gli ho detto che poteva dire “Mazda è fuya, Nissan è fuya” (fuya è la parola in slang con cui i bambini israeliani indicano qualcosa che non piace). Naturalmente, essendo un bambino curioso di cinque anni, ha chiesto: “Perché?”. Gli ho detto che Mazda, Nissan e altri fanno automobili in Iran e così facendo contribuiscono a sostenere i capi dell’Iran. Potete facilmente immaginare la sua domanda successiva: “Perché l’Iran è cattivo?”. E qui è arrivata la parte più difficile. Non volevo entrare troppo nei dettagli, ma ho dovuto pur dirgli che i capi iraniani forniscono i razzi che vengono usati per fare del male a gente innocente.

Non credo che mio nipote abbia capito bene cos’è un razzo e quali danni può fare, e non ho cercato di spiegarglielo. Quanto vorrei che non dovesse mai pensare a queste cose; certamente non deve pensarci adesso. Io, invece, ho pensato che non più di un anno fa un razzo fornito dall’Iran è stato lanciato dalla striscia di Gaza, ha sorvolato Rehovot, la città dove vive mio nipote, e si è abbattuto su un condominio di otto piani a Rishon Lezion, pochi chilometri più a nord. E ho pensato che, a meno di 150 chilometri dal posto dove ci trovavamo, l’Iran sta aiutando il regime del presidente Bashar Assad ad ammazzare migliaia di bambini siriani.

Edificio di Rishon Lezion colpito da un razzo di produzione iraniana lanciato da Hamas dalla striscia di Gaza il 20 novembre 2012

Edificio di Rishon Lezion colpito da un razzo di produzione iraniana lanciato da Hamas dalla striscia di Gaza il 20 novembre 2012

Mentre pensavo a tutto ciò che non potevo dire a mio nipote, cresceva la mia rabbia per il fatto che così tante e importanti aziende multinazionali come Mazda e Nissan continuano a fare affari in Iran come niente fosse, aiutando in tal modo il regime iraniano a continuare con la sue politiche devastanti. Se gli amministratori delegati di Nissan e Mazda avessero dei nipoti che vivono in Israele o in Siria, continuerebbero a fare affari in Iran, compresa la vendita di mezzi che vengono utilizzati per scarrozzare gli ufficiali della Guardia Rivoluzionaria iraniana e portare in giro i loro razzi?

Naturalmente Nissan e Mazda non sono le uniche società multinazionali che fanno affari in Iran. In realtà ce ne sono centinaia, come Ericsson, LG, MTN, Lufthansa. Secondo la legge degli Stati Uniti, le aziende americane sono autorizzate a commerciare con l’Iran unicamente per motivi umanitari, principalmente vendita di cibo e medicine. Lo stesso vale per il Canada. Ma per molte aziende in Europa, Asia e altrove è sempre business as usual.

Presentazione di modelli prodotti in Iran da SAIPA&PARS KHODRO su licenza Nissan

Presentazione di modelli prodotti in Iran da SAIPA&PARS KHODRO su licenza Nissan

Una settimana prima della passeggiata con mio nipote, il 20 novembre la Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, aveva dichiarato che gli israeliani “non possono essere definiti esseri umani” e che “il regime israeliano è destinato al fallimento e all’annientamento”. La risposta della comunità internazionale alle minacce di Khamenei? Silenzio e indifferenza. Certo, non il gran parlare che si fa correntemente su quanto siano “moderati” e “affascinanti” il nuovo presidente dell’Iran e il suo ministro degli esteri. E trovo frustrante quanto i mass-media internazionali siano incantanti dalla possibilità di una “svolta diplomatica”, eppure così indifferenti agli sfavillanti affari che tante aziende multinazionali fanno in Iran. Forse la gente gradirebbe conoscere queste informazioni e potersi regolare di conseguenza. La presenza di imprese multinazionali in Iran dà legittimità al regime e contribuisce indirettamente a finanziare i terroristi internazionali e il sanguinario regime di Assad. Aiuta anche a perpetuare la terribile condizione dei diritti umani nello stesso Iran, e a distrarre l’attenzione dalle ripetute minacce di genocidio contro Israele da parte dei dirigenti iraniani. Non basta. Il business as usual con l’Iran dà al regime luce verde per continuare a violare sei risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che gli ingiungono di sospendere completamente le sue attività di arricchimento dell’uranio.

Diciamocelo chiaro: l’accordo provvisorio raggiunto a Ginevra non mette fine a nessuno di questi inquietanti problemi. Solo una continua pressione economica sull’Iran potrebbe farlo, ma ciò richiederebbe che ciascuno di noi facesse la propria parte.

E per quanto riguarda gli amministratori delegati delle aziende che operano in Iran, vorrei vederli seduti con un bambino di cinque anni israeliano o siriano a cercare di spiegare perché continuano a sostenere il regime iraniano.

(Da: Jerusalem Post, 18.12.13)

Aprile 2012: l’attuale sindaco di New York Bill De Blasio interviene a sostegno della campagna per chiedere alle aziende che fanno affari in Iran di rispettare le sanzioni internazionali (in inglese):