Spionaggio industriale via computer: quali conseguenze?

La polizia è stata efficiente e decisa, ma ora bisogna stabilire norme categoriche

da un editoriale di Haaretz

image_722Il mondo degli affari israeliano non è mai stato immune da iniquità, etiche e penali. Tuttavia gli occasionali reati scoperti erano casuali, vi erano coinvolti questo o quell’uomo d’affari, questa o quella società. Ciò che invece è venuto alla luce dopo intense indagini di polizia è un esteso fenomeno di illegalità, che a quanto pare includerebbe molti uomini d’affari di alcune delle più grandi e più importanti aziende del paese. E non è certo che il problema sia stato scoperto del tutto.
Il settore del business opera per lo più in regime competitivo, ma non necessariamente in condizioni di stretta concorrenza. In troppe aree la competizione si gioca all’interno di un ristretto numero di potenti organizzazioni economiche, che si dividono il mercato fra loro e se ne contendono ogni fetta per incrementare i profitti. Ambizioni personali e impegno verso gli azionisti possono spingere i dirigenti di queste società a oltrepassare la linea tra lecito e illecito, tra ciò che è etico e ciò che non lo è, a meno che non abbiano adeguatamente interiorizzato il rispetto per la legge e per le regole deontologiche. A quanto viene riferito, sembra che un numero significativo di dirigenti ha oltrepassato quella linea.
Verrà sicuramente detto che gli alti dirigenti delle società sotto inchiesta non erano personalmente coinvolti nella decisione di spiare i concorrenti con mezzi informatici illegali. Ma sarà difficile sostenerlo, giacché le informazioni che arrivavano erano tali e tante, per quantità e qualità, che non avrebbero potuto essere ottenute con mezzi legittimi, per cui un dirigente ragionevole avrebbe dovuto sospettare che si era fatto ricorso a mezzi irregolari. Che abbia sospettato o meno, il semplice utilizzo di tali informazioni lo rende complice del reato.
Le società in concorrenza fra loro non sono le uniche colpite dal fenomeno che è stato coperto dalle indagini di polizia. In un mondo che fa sempre più affidamento sui computer – non solo nella sfera degli affari, ma anche nelle case dei privati cittadini – la consapevolezza che degli estranei possono vagabondare indisturbati nel proprio computer e succhiarne informazioni spaventa almeno quanto l’idea che la propria casa sia del tutto accessibile all’intrusione di ladri e rapinatori. Come può un privato cittadini proteggere i propri affari personali se non sono riuscite a farlo le maggiori società economiche? Le misure che bisogna adottare per rafforzare i computer contro l’intervento di estranei non saranno così gravose da rendere impossibile l’utilizzo di questa macchina che il progresso ha messo a disposizione di individui e organizzazioni, o per lo meno a limitarlo pesantemente?
Le indagini della polizia non sono ancora terminate. Sebbene le notizie giunte finora rendano ragionevole presumere che diverse leggi siano state infrante, dobbiamo comunque aspettare e vedere se i fatti scoperti si tradurranno in precise incriminazioni. La polizia israeliana, che ha fatto mostra di grande efficienza e determinazione nel portare avanti l’inchiesta, deve perseverare senza compromessi affinché venga stabilita una norma categorica nel mondo degli affari circa i limiti che non devono essere infranti nel campo dell’intelligence industriale. Così la gente potrà riguadagnare fiducia che il proprio personal computer, come la propria casa, è un castello tutelato dalla legge rispetto a ogni intrusione.

(Da: Ha’aretz, 31.05.05)

Nella foto in alto: investigatori israeliani confiscano computer sospetti nel quadro delle indagini sui “Cavalli di Troia”, programmi spia usati per lo spionaggio industriale.