Stato palestinese: necessario ma improponibile

In due secchi interventi, i nodi intorno a cui ruota il dibattito in Israele sul processo di pace

S. Daniel Abraham

S. Daniel Abraham

Scrive S. Daniel Abraham, su Times of Israel: «[…] La stragrande maggioranza degli ebrei israeliani desidera salvaguardare scrupolosamente l’identità ebraica del paese. Ma le politiche di questo governo non vanno in quella direzione. Esse conducono Israele verso la trasformazione in uno stato mezzo arabo e mezzo ebraico. Che piaccia o no, Gaza e Cisgiordania non sono uno stato e restano – direttamente o indirettamente – sotto il controllo di Israele. E gli arabi che vi vivono, sommati agli arabi che vivono dentro Israele, sono già oggi in numero quasi pari alla popolazione ebraica d’Israele. Affinché Israele rimanga uno stato ebraico bisogna arrivare a un buon accordo con i palestinesi di Cisgiordania e Gaza, un accordo che culmini nella creazione dello stato di Palestina per gli abitanti di quelle aree. L’esperienza degli ultimi sei anni non lascia spazio a dubbi: la maggioranza di governo non si sta adoperando per negoziare un accordo definitivo con i palestinesi; piuttosto si adopera perché le trattative non arrivino ad alcun risultato. Lo dico con enorme dispiacere. Conoscono Benjamin Netanyahu da moltissimi anni e ho imparato ad apprezzare i suoi punti di forza e a far tesoro della sua amicizia. Non dubiterei mai del suo impegno sincero a fare quello che pensa sia meglio per Israele. Ma, buone intenzioni a parte, con grande dolore devo affermare che sta portando Israele a diventare uno stato bi-nazionale mezzo arabo e mezzo ebraico.

Propaganda palestinese per la cancellazione di Israele dalla mappa geografica

Propaganda palestinese per la cancellazione di Israele dalla mappa geografica

La storia dimostra che potremmo vivere in uno stato ebraico senza riconoscere pari diritti a tutti gli abitanti arabo-palestinesi. Ma se Israele insiste a conservare la Cisgiordania e a controllare indirettamente la striscia di Gaza, la sua popolazione araba arriverà a costituire quasi metà della popolazione del paese. Il professor Sergio Della Pergola dell’Università di Gerusalemme, un’autorità mondiale in fatto di demografia delle popolazioni ebraica e palestinese, ha concluso che, se si contano  Israele, Cisgiordania e Gaza, entro il 2020 gli ebrei saranno minoranza. Anche senza Gaza, sottolinea Della Pergola, entro il 2020 gli arabi ammonteranno al 44% delle persone che vivono sotto autorità israeliana. Il giorno in cui questo accadrà, i rappresentanti arabi arriveranno a comprendere metà della Knesset e Israele non sarà più uno stato ebraico. Di nuovo con grande dolore, devo dire che negli ultimi sei anni Israele è stato guidato da un uomo che si rifiuta di vedere e ammettere questa semplice verità. Si tratta di una cecità di proporzioni storiche. Come ha detto l’ex capo del Mossad Meir Dagan, queste politiche stanno portando Israele alla demolizione del sogno sionista di creare uno stato ebraico in cui gli ebrei costituiscano la netta maggioranza della popolazione. Una posizione analoga è stata espressa di recente da parecchi ex generali e dirigenti della difesa e dei servizi di sicurezza, i quali hanno sottolineato che un accordo politico è possibile e che la sua realizzazione migliorerà la sicurezza d’Israele. Hanno anche detto che le forze armate israeliane sono abbastanza forti da consentire al governo di arrivare a un tale accordo». (Da: Times of Israel, 19.2.15)

Rafael Castro

Rafael Castro

Scrive Rafael Castro, su YnetNews: «[…] Supponiamo per un momento che si possa trovare una soluzione che faccia di Gerusalemme la capitale unita sia di Israele che della Palestina. Supponiamo che Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e gli stati arabi rinunciano completamente alla pretesa di insediare i palestinesi discendenti dei profughi in quelle che ritengono essere le loro case pre-’48 all’interno di Israele. Supponiamo che gli ebrei che vivono in Giudea e Samaria (Cisgiordania) possano essere sgomberati fino all’ultimo senza nessuna violenza. Non basta. Dobbiamo anche immaginare che lo stato palestinese sarà smilitarizzato e che truppe americane e occidentali faranno la guardia i suoi confini. Infine, dobbiamo supporre che tutte le principali fazioni palestinesi accettino l’accordo di pace con Israele e che gli aiuti stranieri inondino la nuova Palestina indipendente. Ipotizzato tutto questo, potremo finalmente dare per scontato che tutto andrà per il meglio? In realtà è assai probabile che Libano e Siria spingeranno in Cisgiordania il milione di palestinesi che vive da loro, i quali andrebbero a gravare sulle limitate risorse della Palestina. E’ poi altamente verosimile che la maggior parte degli aiuti stranieri andrà sprecato o dirottato su conti esteri, alimentando ulteriormente il malcontento popolare e l’instabilità politica dentro la Palestina. Potrebbe anche accadere che alcuni stati vicini rinneghino i loro legami con Israele come ha fatto l’Iran in passato, come sta facendo oggi la Turchia, come rischiava di fare l’Egitto solo un paio di anni fa. E’ quasi certo, inoltre, che le istituzioni religiose ed educative della Palestina indipendente continueranno a insegnare e proclamare che la sovranità palestinese sul 22% della “Palestina geografica” costituisce un fatto indegno e anti-islamico. E’ quindi del tutto prevedibile l’emergere di una nuova generazione di capi palestinesi che accuseranno Israele per i guai e le disgrazie del loro paese, pronti a violare e denunciare gli accordi di pace firmati. Difficoltà e disgrazie del nuovo stato verranno immancabilmente enfatizzate e pubblicizzate dalle centinaia di ONG e dalle migliaia di “cooperanti” stranieri che inonderanno la Palestina indipendente. L’irredentismo palestinese in ogni sua forma sarà completamente tollerato e giustificato (quando non apertamente alimentato) da tutti coloro che amano credere che il sionismo vada incolpato in eterno per ogni problema o tribolazione del popolo palestinese. Musulmani un po’ in tutto il mondo, cristiani impegnati, politici e sindacalisti “progressisti”, intellettuali liberal, studenti e giornalisti continueranno a sostenere le nuove pretese dei palestinesi e alla fine, presto o tardi, la loro rinnovata ostilità contro Israele». (Da: YnetNews, 21.2.15)