Stretti rapporti Iran-Hamas: si torna ai vecchi tempi

Da qualche mese le due parti non fanno più mistero della loro rinnovata collaborazione terroristico-militare

Il vice capo di Hamas Saleh al-Arouri (a sinistra) stringe la mano ad Ali Shamkhani, Segretario del Consiglio di sicurezza nazionale dell’Iran, durante un loro incontro a Teheran lo scorso ottobre

Sono in netto aumento i segnali di riavvicinamento tra Teheran e Hamas, dopo circa tre anni di rapporti difficili a causa delle divergenze fra il movimento jihadista palestinese e la Repubblica Islamica circa il sostegno iraniano al regime di Assad in Siria. Lo afferma un rapporto diffuso martedì scorso dal Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center, un centro di ricerca i cui resoconti godono di notevole credito perché preparati da un mix unico di alti funzionari dell’intelligence, sia ex che in servizio.

Il “riavvicinamento” Iran-Hamas si è reso evidente, fra l’altro, nel numero crescente di visite di delegazioni di Hamas in Iran e delle dichiarazioni pubbliche di importanti esponenti di Hamas in merito “all’importanza del sostegno militare iraniano”. Durante la guerra civile siriana, Hamas, che è sunnita, e l’Iran, che è sciita, si sono ritrovati schierati su versanti opposti del conflitto, il che rese problematica la loro tradizionale collaborazione. Tuttavia, da quando è diventato chiaro che il regime alawita di Bashar Assad, allineato con Teheran, avrebbe sconfitto la parte sunnita per cui parteggiava Hamas, l’organizzazione palestinese ha cercato di scongelare i rapporti con l’Iran. “Fino a poco tempo fa – si legge nel rapporto – Hamas aveva mantenuto sul vago le sue dichiarazioni pubbliche circa il sostegno iraniano, e in particolare il sostegno militare”. Negli ultimi mesi, invece, questo atteggiamento è cambiato.

Per Hamas, il sostegno militare iraniano è particolarmente importante in un momento in cui le tensioni con Israele sono in aumento con la ripresa dello stillicidio di lanci di razzi dalla striscia di Gaza verso il territorio israeliano dopo la dichiarazione di Trump su Gerusalemme e la recente distruzione da parte di Israele di alcuni strategici tunnel per infiltrazioni terroristiche. “La dichiarazione di Donald Trump sul riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele – dice il rapporto – ha fornito all’Iran un’ulteriore opportunità per sottolineare il suo sostegno ai palestinesi e unirsi a Hamas nell’incoraggiare una nuova intifada contro Israele in Giudea e Samaria (Cisgiordania)”.

Lo scorso 27 dicembre la tv iraniana al-Ayam ha trasmesso un video in arabo con sottotitoli in persiano che mostra bambini palestinesi della striscia di Gaza portati vicino al confine con Israele a sventolare bandiere palestinesi e foto di Qasem Soleimani e a gridare che sono orgogliosi di Soleimani, che lo amano e che ringraziano lui e l’Iran per il sostegno alla causa palestinese (clicca per il video)

Dopo la dichiarazione di Trump, il comandante della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, Qassem Soleimani, ha parlato con personalità di spicco dell’ala terroristico-militare di Hamas e della Jihad Islamica palestinese, e ha ribadito esplicitamente la disponibilità dell’Iran a sostenerli in ogni modo possibile. “Le proteste palestinesi – continua il rapporto – hanno offerto l’occasione per promuovere gli interessi regionali dell’Iran”. Ad esempio, rifornire Hamas e altri gruppi terroristici palestinesi di razzi e missili può servire per “dissuadere Israele da eventuali interventi” al confine con la striscia di Gaza.

Secondo l’Amit Center, pur coi suoi “alti e bassi” la storia decennale del sostegno iraniano a Hamas e alla Jihad Islamica indica che, oltre a fornire armi, l’Iran garantirà fondi per la costruzione delle infrastrutture militari delle organizzazioni terroriste palestinesi, per il mantenimento delle loro forze, il trasferimento di know-how tecnologico e l’addestramento dei loro uomini da parte della Forza Quds, l’unità speciale delle Guardie Rivoluzionarie responsabile delle operazioni al di fuori dell’Iran.

Un altro motivo del disgelo delle relazioni Iran-Hamas e della sua pubblica rivelazione potrebbe essere il mutamento nella dirigenza di Hamas. “È possibile – dice il rapporto – che l’aumentata influenza dell’ala militare-terrorista dopo la recente elezione di Yahya Sinwar a capo di Hamas a Gaza abbia contribuito al riavvicinamento all’Iran”.

Il capo di Hamas Yahya Sinwar: “Soleimani ha detto chiaramente: mettiamo a vostra disposizione tutte le nostre capacità” (clicca per il video)

Spiega Reuven Ehrlich, direttore dell’Amit Center, che Sinwar e altri operativi dell’ala militare sanno bene che non esiste nessun altro soggetto che possa offrire loro forniture e supporto militari nella misura in cui lo fa l’Iran. Ehrlich non pensa che Hamas stia semplicemente usando le dichiarazioni pubbliche sulla vicinanza con Teheran per costringere il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ad ammorbidire i termini dell’accordo di unità nazionale che cerca di ottenere. Dallo scorso ottobre Fatah e Hamas hanno rilanciato le trattative per l’unità nazionale e hanno fatto alcuni iniziali progressi, ma sono rimaste bloccate sulla questione della consegna delle armi di Hamas al controllo dell’Autorità Palestinese. Secondo il rapporto, la riconciliazione con l’Iran probabilmente danneggia le relazioni di Hamas sia con l’Autorità Palestinese che con l’Egitto, ma Hamas deve aver preso la decisione strategica di andare avanti comunque alla luce delle sue imprescindibili necessità militari. In ogni caso, nonostante l’evidente miglioramento dei rapporti tra Hamas e Iran (e Hezbollah), Ehrlich afferma di non vedere segnali di disgelo tra Hamas e il regime di Assad, benché prima della guerra civile siriana vi fossero legami anche molto stretti tra le due parti.

(Da: Jerusalem Post, 11.1.18)

Lo scorso 11 dicembre il generale iraniano Qasem Soleimani, capo della Forza Quds, ha chiamato i capi delle ali militari di Hamas e Jihad Islamica palestinese per offrire loro sostegno militare. Lo stesso giorno, la tv libanese Al-Mayadeen riferiva che, nella telefonata, Soleimani ha affermato che tutti i movimenti di resistenza arabi, come Hezbollah e altri gruppi emersi durante la guerra siriana, sono pronti a difendere Gerusalemme e la moschea di Al-Aqsa, e ha espresso il pieno appoggio dell’Iran alle forze della lotta armata palestinese. Commentando queste notizie con Al-Monitor, il rappresentante di Hamas in Iran, Khaled al-Qaddumi, ha sottolineato gli stretti legami tra le fazioni palestinesi e la Repubblica Islamica iraniana e ha spiegato che la telefonata di Soleimani ai capi militari di Gaza si inserisce nel contesto di una partnership già in corso contro il nemico comune Israele. Anche il capo della Jihad Islamica a Gaza, Khader Habib, ha detto che la posizione iraniana rientra nel contesto del sostegno militare e politico alla lotta armata palestinese, sottolineando che l’Iran condivide le posizioni delle fazioni palestinesi sulla “minaccia” rappresentata da Israele in tutta la regione araba e islamica. (Da: Al-Monitor, 20.12.17)

In un recente comizio a Gaza, il capo di Hamas Yahya Sinwar ha parlato della telefonata di Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, ai capi delle Brigate Ezzedin al-Qassam (Hamas) e delle Brigate Al-Quds (Jihad Islamica palestinese). “Qassem Soleimani – ha detto Yahya Sinwar – ha contattato i comandanti di Al-Qassam e Al-Quds e ha sottolineato che l’Iran, i Guardiani della Rivoluzione e la Forza Al-Quds stanno con tutte le loro capacità a fianco della nostra gente, in difesa di Gerusalemme e per mantenere Gerusalemme capitale dello stato di Palestina. Ha detto chiaramente: mettiamo a vostra disposizione tutte le nostre capacità nella battaglia per la difesa di Gerusalemme”. Il discorso di Sinwar è stato trasmesso dalla tv Mayadeen il 25 dicembre: vedi il video con sottotitoli in inglese. (Da: Memri, 25.12.17)

Il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah: “Per quanto ci riguarda, il nostro sostegno in armi alle fazioni palestinesi non si è mai fermato” (clicca per il video)

In un’intervista trasmessa dalla tv Mayadeen lo scorso 3 gennaio, Hassan Nasrallah, capo dei terroristi sciiti libanesi filo-iraniani Hezbollah, ha detto fra l’altro: “Ho recentemente incontrato le varie fazioni palestinesi: il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il Fronte Popolare-Comando Generale, Fath Al-Intifada, Al-Saiqa, il Fronte di Lotta Popolare palestinese, il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, Hamas e Jihad Islamica. L’ultimo l’incontro è stato sabato scorso con il movimento Fatah [che fa capo ad Abu Mazen]. La delegazione di Fatah era guidata da Azzam Al-Ahmad. … Il problema principale in questo momento – ha continuato Nasrallah – è l’intifada nella Palestina occupata e le attività all’estero ad essa collegate. All’interno della Palestina occupata si tratta ovviamente dello scontro diretto: sappiamo tutti cosa significa intifada. Al di fuori della Palestina sono necessari tutti i tipi di aiuto: dimostrazioni, mass-media, politica, la sollevazione dei popoli della nostra regione e anche del mondo esterno: tutti noi dobbiamo avvantaggiarci dei nostri legami e delle nostre comunità che vi si trovano. Parliamo di supporto dei mass-media, supporto politico, supporto finanziario. Ad esempio, durante quella che è stata chiamata la rivolta di Gerusalemme [l’ondata di attentati iniziata nell’ottobre 2015], il finanziamento proveniva dalla Repubblica Islamica: veniva accordato un risarcimento finanziario alle famiglie di martiri, di feriti e detenuti. Ad esempio, quando una casa veniva demolita a seguito di un’operazione all’arma bianca, la famiglia otteneva un risarcimento per garantire un’alternativa. Questo tipo di supporto continuerà e aumenterà. La Repubblica Islamica è orgogliosa di adempiere al proprio dovere, quando fornisce aiuti alle fazioni della lotta armata palestinese. Non è che abbiano bisogno di un intermediario. Lo fanno alla luce del sole. Per quanto ci riguarda, il nostro sostegno in armi non si è mai fermato, e non ha nulla a che fare con la decisione di Trump su Gerusalemme: la resistenza in Palestina deve avere le armi e le capacità militari necessarie. Questo fa parte del nostro programma immutabile. Non è una reazione a questa o quella decisione o dichiarazione diplomatica o politica: è una nostra decisione definitiva ed è un programma che va avanti: dipende solo dalle circostanze. La nostra è una scelta politica immutabile. La lotta armata in Palestina ha bisogno di armi e capacità, e ogni volta che si presenta un’opportunità, noi non esitiamo. È responsabilità dell’asse della resistenza – paesi, movimenti, popoli e fazioni – prepararsi in modo che, il giorno in cui scoppierà la guerra, saremo in grado di trasformare la guerra da una minaccia in un’opportunità storica. L’opportunità storica di andare oltre la Galilea [Israele nord] per liberare Gerusalemme e non solo la Galilea. Ho detto a tutti i mujaheddin [combattenti della jihad]: preparatevi per il giorno in cui vi potrebbe essere chiesto dal comando della resistenza di entrare in Galilea e liberarla. Mentre ciò che si trova al di là della Galilea è legato all’idea generale: se scoppierà una guerra su vasta scala, tutto sarà possibile”. Vedi il video con sottotitoli in inglese (Da: Memri, 3.1.18)