Terroristi scatenati, Hamas in difficoltà, Sinai egiziano fuori controllo

Ma la precisione dei raid e del nuovo sistema anti-missili permettono a Israele di difendersi.

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_3382Scrive BEN CASPIT, su Ma’ariv, che «Israele ha deciso di prendere l’iniziativa» reagendo per tempo a un attacco terroristico che veniva preparato dai terroristi dei Comitati di Resistenza Popolare, e loda le Forze di Difesa israeliane per la precisione sia del sistema difensivo anti-missili Cupola di ferro sia dei raid contro i terroristi nella striscia di Gaza, compreso quello contro il capo terrorista Zuhair al-Qaissi. L’editoriale critica piuttosto la decisione presa a suo tempo di non portare fino in fondo l’operazione contro Hamas e i suoi sodali nel gennaio 2009, e aggiunge: «Oggi raccogliamo i frutti guasti di quella decisione, e continueremo a farlo finché non capiremo che nessuno ripulirà mai la striscia di Gaza dai terroristi al posto nostro, che i razzi non se ne stanno a prendere ruggine nei magazzini e vengono lanciati, e che il terrorismo, purtroppo, capisce un solo linguaggio».
(Da: Ma’ariv, 11.3.12)

Scrive YOAV LIMOR, su Yisrael Hayom, che i terroristi che fanno base nella striscia di Gaza hanno reagito come previsto all’eliminazione di Zuhair al-Qaissi, e aggiunge che finora, nello scontro, Israele ha avuto la meglio grazie a una buona preparazione e al sistema Cupola di ferro. Secondo l’editoriale, i politici israeliani devono ora decidere fin dove spingere questo ennesimo round, alla luce del fatto che potrebbero finire sotto il fuoco aree densamente popolate ben al di là di Ashdod.
(Da: Yisrael Hayom, 11.3.12)

Osserva ALEX FISHMAN, su Yediot Aharonot, che il sistema anti-missili israeliano Cupola di ferro ha intercettato con successo praticamente tutti i razzi diretti verso zone abitate, e aggiunge: «Se non fosse per Cupola di ferro, le Forze di Difesa israeliane in questo momento starebbero combattendo dentro la striscia di Gaza con decine di perdite da entrambe le parti». L’editoriale sottolinea che la decisione di eliminare Zuhair al-Qaissi è stata presa alla luce del fatto che, nell’agosto scorso, la decisione di non eliminare per tempo una analoga cellula terroristica dei Comitati di Resistenza Popolare ebbe come risultato un attentato in territorio israeliano costato la vita a otto persone. Secondo Fishman, Israele ha messo Hamas di fronte a un dilemma: «Dal momento che essa cerca di presentarsi agli occhi del mondo come un movimento politico pragmatico, deve decidere se ha o non ha il potere e la volontà di fermare i lanci di razzi della Jihad Islamica palestinese che stanno minacciando la sua egemonia nella striscia di Gaza».
(Da: Yediot Aharonot, 11.3.12)

Scrive YAAKOV KATZ, su Jerusalem Post: «Quando, venerdì pomeriggio, le Forze di Difesa israeliane hanno preso la decisione di eliminare il capo del gruppo terroristico Comitati di Resistenza Polare nella striscia di Gaza sapevano a cosa andavano incontro. Sapevano che far esplodere l’auto su cui viaggiava Zuhair al-Qaissi poteva significare cento razzi palestinesi al giorno sparati su Israele nei giorni successivi: un prezzo che evidentemente il governo israeliano ha ritenuto di poter affrontare. Nel raccomandare alle autorità politiche la decisione di eliminare al-Qaissi, le Forze di Difesa israeliane si sono sostanzialmente basate sulla lezione dolorosamente appresa con l’attentato dello scorso agosto nella zona di Eilat. Anche allora Israele aveva saputo in anticipo che i Comitati di Resistenza Polare progettavano un attacco attraverso il confine col Sinai egiziano, ma avevano evitato di attaccare i capi terroristi fino a quando l’attacco non era iniziato. L’idea era che un’uccisione mirata prima dell’attentato avrebbe condotto a una sicura escalation, e che potesse esserci un altro modo per bloccare l’attacco palestinese dal Sinai. Questa volta si è deciso di non correre rischi e sventare l’attentato prima che avesse luogo». «Questa – prosegue l’editoriale – è in sostanza la situazione da quando è finita l’operazione anti-Hamas del gennaio 2009. Ogni pochi mesi accade qualcosa che innesca un round di violenze, che di solito dura qualche giorno e che finisce all’improvviso così come era cominciato. Una volta è un razzo anti-carro sparato contro uno scuolabus israeliano, la volta dopo l’uccisione mirata di un capo terrorista che prepara attentati. In ogni caso lo scenario tende a ripetersi sempre uguale. La principale differenza, oggi, è che Hamas non è direttamente coinvolta, nel senso che non sono i suoi uomini che sparano i razzi su Israele. D’altra parte Israele è convinto che Hamas, volendo, potrebbe fermarli. Da Hamas giunge dunque un segnale duplice. Non attaccando direttamente Israele dimostra di prediligere la calma e la stabilità che le occorrono per consolidare il suo controllo e il rapporto con il nuovo governo in Egitto. Il secondo segnale è più complicato. Può darsi che Hamas lasci briglia sciolta ai gruppi che lanciano i razzi perché si rende conto di dover lasciare loro un po’ di spazio di manovra, soprattutto ai gruppi come Jihad Islamica e Comitati Popolari che Hamas non controlla completamente. D’altro canto, il fatto che questi gruppi continuino a sparare su Israele può essere percepito come una debolezza di Hamas, il segnale che non ha la situazione sotto controllo. Entrambi questi gruppi si sono dotati di impressionanti capacità militari, alcune anche maggiori di quelle di Hamas, e pongono una sfida diretta al governo di Hamas sulla striscia di Gaza. Uno scontro diretto con loro, però, è cosa che Hamas non desidera affatto, anche a costo di subire qualche giorno di raid aerei israeliani».
(Da: Jerusalem Post, 11.3.12)

Scrive AMOS HAREL, su Ha’aretz: «Giacché né Israele né Hamas sono interessati in questo momento a un conflitto prolungato che potrebbe sfociare in un’operazione delle Forze di Difesa israeliane dentro la striscia di Gaza come quella del gennaio 2009, nei prossimi giorni verranno fatti grandi sforzi per una mediazione indiretta fra le parti. Alla fine i contatti porteranno a un’intesa per un altro cessate-il-fuoco parziale. E la vita nel sud di Israele e nella striscia di Gaza tornerà più o meno come prima, fino alla prossima escalation. È uno scenario che si ripete ogni pochi mesi dalla fine dell’operazione anti-Hamas del gennaio 2009. Tuttavia, nell’ultimo anno sono entrati in scena alcuni elementi di novità. Il primo e più importante è il cambiamento in Egitto. Dalla caduta del regime di Mubarak, il controllo del Cairo sulla penisola del Sinai è crollato e la regione è diventata il cortile di casa delle organizzazioni terroristiche della striscia di Gaza. I vantaggi per loro sono evidenti: libertà d’azione, un lungo confine con Israele non abbastanza protetto ed esposto agli attacchi di sorpresa, la facilità di smentire ogni responsabilità. La situazione nel Sinai limita lo spazio di manovra d’Israele. Le Forze di Difesa israeliane non possono condurre azioni preventive in territorio egiziano, mentre far entrare di nuovo forze israeliane nella striscia di Gaza rischia di esacerbare i rapporti, già tesi, con il Cairo. La seconda novità è il sistema anti-missile Cupola di ferro. Da quando è diventato operativo, nell’aprile scorso, questo sistema “made in Israel” (studiato per selezionare i razzi diretti verso zone abitate e lanciare un razzo che distrugge in volo quello nemico) ha significativamente ridotto i danni causati dai razzi palestinesi, dimostrando alta affidabilità operativa (con un’efficacia vicina al 90%). D’altra parte la grande quantità di razzi lanciati dalla striscia di Gaza può indicare un tentativo da parte palestinese di sopraffare il nuovo sistema israeliano lanciando raffiche di razzi massicce. Il terzo elemento è l’affare Shalit. Meno di cinque mesi dopo il completamento della prima fase di scarcerazioni (indotte dal ricatto di Hamas per la liberazione dell’ostaggio israeliano trattenuto nella striscia di Gaza per più di cinque anni), vi sono prove crescenti che diversi detenuti scarcerati sono tornati alle attività terroristiche. In Cisgiordania le Forze di Difesa israeliane hanno già dovuto riarrestare quattro di loro perché intenti a preparare attentati. Un altro terrorista scarcerato è risultato coinvolto giovedì scorso nell’incidente presso Hebron in cui un soldato, accoltellato alla gola, ha ucciso il suo assalitore palestinese. E venerdì un terrorista che era stato scarcerato nel 2006 è morto insieme al capo terrorista dei Comitati di Resistenza Popolare. Tutti incidenti che dimostrano due cose: che una significativa parte dei detenuti scarcerati sta tornando alle attività terroristiche; e che Israele, come aveva detto, non riconosce nessuna immunità ai terroristi scarcerati sotto ricatto.
(Da: Ha’aretz, 11.3.12)

Nelle foto in alto: 1) la fuga verso i rifugi; 2) il sistema anti-missili israeliano Cupola di ferro in azione; 3) un razzo Grad palestinese intercettato da Cupola di ferro; 4) immagini della preparazione di un razzo diffuse da terroristi palestinesi (si noti nell’angolo in alto a sinistra il logo con la consueta mappa stilizzata delle rivendicazioni territoriali e la cancellazione di Israele dalla carta geografica)

Al seguente link si possono vedere due brevi filmati: 1) un’officina di armi nella striscia di Gaza colpita con precisione dalle forze aeree israeliane; 2) il sistema anti-missile israeliano Cupola di ferro che intercetta diversi razzi palestinesi in arrivo di notte su una città israeliana

http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4201004,00.html

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