Tostato, non agitato

Negli ultimi anni il caffè speciale è diventato un vero hobby in Israele

di Michal Palti

image_2439Dima Ingret, 36 anni, di Ramat Gan, support manager alla ditta high-tech Test Insight, tiene 30 kg di chicchi di caffè sul balcone del suo appartamento e dedica tutti i suoi weekend a tostarlo. “E’ come un barbecue, ma dentro casa – spiega con calma – e l’odore è veramente gradevole. Nessuno protesta”. Nemmeno il suo bambino di 4 mesi, la cui camera è vicina al balcone.
Tre anni fa, Ingret cominciò a interessarsi al caffè come hobby. “Andai a trovare un amico, assaggiai il caffè e decisi di lanciarmi”. Ordina caffè su eBay quando ne ha l’occasione, per esempio quando è in un albergo negli Usa per un viaggio di lavoro. “Trovo delle qualità di caffè come l’Hawaii Kona che qui non ci sono ancora, o caffè del Nicaragua e di El Salvador”. Oggi utilizza una caffettiera che costa 7.000 shekel e una macchina per tostare che costa anch’essa parecchie migliaia di shekel. In media sostituisce le macchine ogni anno.
Dalla settimana prossima, Ingret e centinaia di altri israeliani amanti del caffè potranno acquistare localmente chicchi di caffè rari provenienti da Sumatra, Papua Nuova Guinea, Guatemala e perfino il costoso luwak, un altro nome del Palm Civet asiatico, che sarà disponibile nei negozi di specialità. La maggior parte di queste varietà erano finora quasi introvabili in Israele.
“Io uso 15 kg di caffè al mese a faccio anche tostatura per gli amici. Dunque sono felice che un altro ostacolo sia stato rimosso e che ci siano altre varietà a disposizione in Israele”, dice Ingret.
Il caffè speciale è diventato un hobby, qui, fin dalla metà degli anni ’90 grazie soprattutto ad Ilan Shenhav, proprietario della catena di caffè Ilan’s, che aprì nel 1994 accanto alla catena Espresso Bar di Tel Aviv, di proprietà di Nurit Raveh, che importò l’idea dagli Usa. Si sparse la voce. Compagnie high-tech misero lussuose macchine da caffè nei corridoi e Israele si trasformò in una centrale del caffè speciale. Parecchi grossi importatori operano nel paese come Ava Coffee, che tosta il caffè per le grandi catene; Amigo, che importa anche le macchine da caffè; e in anni recenti importatori che si concentrano esclusivamente sul caffè “biologico”, come gli outlet Love it.
“Israele è diventato una centrale del caffè e ogni pochi mesi arrivano nel paese nuove varietà”, spiega Shenhav. Gli israeliani hanno talmente vivacizzato il loro hobby con macchine scintillanti e tostatrici da casa che i membri più importanti dei club del caffè vengono invitati al lancio delle elegantissime macchine (avvenimenti noiosissimi che finora erano riservati solo alle macchine più famose). Il mercato del caffè in Israele è diventato un mercato per esperti, dice Shaul Rubin, CEO di Amigo che importa chicchi di caffè e macchine espresso. La prova, dice, è che molti dei membri dei club hanno macchine industriali munite di una serie di termometri cosicché la temperatura non subisca variazioni nemmeno di due o tre gradi centigradi rispetto alle condizioni per preparare un espresso “normale”. Ogni mese le vendite di macchine per tostare e di macinare ammontano a migliaia di shekel. E si andava in tutto il paese a caccia di caffè luwak, cosa che ora diventerà più facile.
Il caffè Luwak, che viene dall’ Indonesia, è arrivato in Israele circa un anno fa e si vende a circa 600 dollari al kg. La sua lavorazione la dice lunga sulla noia del consumatore moderno. Il luwak, un animale nativo dell’Indonesia simile a un bel gatto, mangia i frutti maturi degli alberi di caffè (ogni pezzo contiene due chicchi di caffè uno accanto all’altro). Quando il luwak espelle i chicchi ancora intatti, questi vengono rimossi, tostati e macinati in polvere come qualunque altro caffè. Gli appassionati di caffè dicono che l’aroma è intenso e difendono il procedimento, osservando che “i chicchi in ogni caso sono tostati, e poi cosa mai può succeder loro nello stomaco del luwak?”. Shenhav descrive il gusto e la qualità del caffè luwak come qualcosa che “fa scintille” e ne giustifica l’alto prezzo. I curiosi possono assaggiare il caffè luwak negli spacci Ilan’s, nei negozi Amigo e nelle filiali della catena Laga’at Ba’okhel. E se il caffè già lavorato in un altro corpo non vi attira, potete ordinarne altri tipi, come il Jamaica Blue Mountain o il Puerto Rico Jako Selector (entrambi in vendita a 460 shekel al kg).
Le miscele di caffè consistono di Arabica, che è responsabile dell’aroma, e Robusta, che è responsabile della consistenza, e ogni miscela contiene un po’ di entrambe. Quelli che vogliono vantarsi di fare caffè gourmet sosterranno che è 100% Arabica, ma in pratica una piccola percentuale di Robusta si intrufola sempre per aggiungere schiuma e “corpo” al caffè.
Data l’espansione di importazioni di caffè speciali in Israele, chiunque voglia saltare sul carro e diventare un consumatore di caffè professionista è invitato da Rubin a provare la seguente ricetta di espresso: “Trenta grammi d’acqua per sette grammi di caffè per 22 secondi alla temperatura di 90 gradi a nove bar (la pressione generata da una macchina per il caffè). Meno di otto bar di pressione producono caffè troppo acquoso; una pressione a più di 10 bar rovina il caffè”.
Le macchine che offrono questa formula sono vendute in Israele da diversi importatori a prezzi che vanno dai 2.000 ai 10.000 shekel (e a volte anche di più). Le macchine professionali più costose hanno una specie di becco da cui viene versato il caffè, che in gergo viene affettuosamente chiamato E-61. “Solo un becco come questo, noto come sifone termico, toglie l’olio residuo dal caffè stesso”, spiega Rubin.
Anche tostatura e macinatura sono importanti: è consigliabile macinare chicchi appena tostati in un macinino di casa. Quelli che non vogliono tostare o macinare, o trasformare la loro casa in una piccola fabbrica, si accontenteranno di capsule sotto vuoto da aprire immediatamente prima dell’uso, o di cialde, specie di monete sigillate in carta, anch’esse sotto vuoto.
Rubin dice che i consumatori di caffè sono molto più interessati a sapere se il caffè è “biologico” che non se provenga da commercio equo. “L’individuo occidentale evidentemente ha un’alta opinione di sé – osserva –anche se il fattore più importante, per me come importatore di caffè, è la politica del commercio equo e meno la misura in cui i chicchi sono stati trattati con gli insetticidi. Ci sono paesi con sistemi agricoli poverissimi che non hanno nemmeno la possibilità di spargere insetticidi”. Rubin fa notare che in quasi tutti i paesi produttori i salari degli lavoratosi sono ancora molto bassi. Bevitori di caffè che usate macchine da migliaia di euro, siatene consapevoli.

(Da: Ha’aretz, 10.03.09)