Troppe chiacchiere, pochi fatti (che contano)

Quel che importa è che uno stragista è stato eliminato e tutti gli operativi sono al sicuro

image_2761Scrive Sima Kadmon: «E’ passato poco più di un mese dall’uccisione a Dubai del terrorista di Hamas Mahmoud al-Mabhouh e, andando avanti così, ben presto scopriremo che solo tre o quatto israeliani non sono coinvolti nell’operazione, e solamente perché in quei giorni avevano l’influenza. Qui invece, per una volta, la critica che vogliamo esprimere non è rivolta a coloro che hanno compiuto l’operazione, quanto piuttosto ai giornalisti e ai commentatori che se ne sono occupati. I casi in cui non ci sono informazioni né fughe di notizie, quando la realtà supera di molto la fiction, sono quelli in cui ogni commentatore regna sovrano. Tutti sono espertissimo e tutti hanno qualcosa da dire. E provate a dimostrare che sbagliano, se ci riuscite.
Ammettiamolo: non abbiamo la minima idea di come funzioni la cosa; non abbiamo idea di cosa sia stato pianificato, chi l’abbia realizzato e che cosa esattamente si accaduto a Dubai. Non abbiamo idea del perché siano state svelate le immagini degli operativi e cosa questo significhi.
In effetti, sono passati da un pezzo i tempi in cui noi israeliani mitizzavamo tutto ciò che le nostre forze di sicurezza facevano, convinti che non potessero sbagliare né fallire. Ma ora è diventato impossibile sottrarsi a una situazione in cui tutti, seduti nelle poltrone del proprio salotto, sdottoreggiano si presunti pasticci combinati.
Oggi non è permesso dire nulla di positivo, perché se si dice qualcosa del genere si viene immediatamente bollati come propagandisti del governo. Anche quando il resto del mondo si starà dimenticando dei lamenti per l’utilizzo di passaporti stranieri, noi qui in Israele continueremo a screditare, criticare e aggrottare la fronte col dito alzato.
Una persona intimamente a conoscenza di questo genere di operazioni ci diceva la scorsa settimana che l’80% di ciò che viene pubblicato su questo affaire ha ben poco a che fare con ciò che è realmente accaduto. Diceva che gli operativi “bruciati” e gli elementi svelati non sono le cose più importanti. Ciò che più conta, diceva, è che l’operazione è stata eseguita in circostanze estremamente difficili, che l’obiettivo principale è stato raggiunto e che tutti sono rientrati sani e salvi.
In questo senso si sta commettendo una grossa ingiustizia, qui, soprattutto nei confronti del direttore del Mossad Meir Dagan, diceva ancora la nostra fonte che, naturalmente, non è che l’ennesimo commentatore della vicenda. Se fra cento anni, diceva, verrà permessa la pubblicazione di tutto ciò che Dagan ha fatto, tanti dovranno uscire dalla tomba a andare su quella di Dagan a chiedergli scusa.
E ora, aggrottiamo pure la fronte col ditino alzato.»

(Da: YnetNews, 02.27.10)

Scrive Ma’ariv: «L’eliminazione di Mahmoud al-Mabhouh non scompare dai giornali… ed anche in Israele i mass-media in generale trattano l’affaire come se fosse un fiasco del Mossad e dei decisori del governo israeliano… Mahmoud al-Mabhouh era uno stragista, un nemico giurato che aveva instaurato un sistema voto al massacro, e che ricopriva posti di comando in quella cupa macchina che è impegnata a spazzarci via dalla faccia della terra. In queste circostanze, abbattere al-Mabhouh era una missione importante in se stessa, e non è difficile immaginare quante vite umane in Israele sono state risparmiate grazie al fatto che la missione è stata compiuta.»

(Da: Ma’ariv, 28, 2.10)

Nella foto in alto: un poster di Hamas per le vie di Jabalia (striscia di Gaza) commemora il capo terrorista Mahmud al-Mabhuh, ucciso il 19 gennaio a Dubai.

Si veda anche:
Il diritto dell’Occidente di difendersi,
di Ben Morris (Da: Corriere della Sera, 28.2.10):

http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/28/diritto_dell_Occidente_difendersi_Meglio_co_9_100228005.shtml