“Uccideremo tutti gli ebrei”

In un raduno al Cairo, i Fratelli Musulmani invocano la jihad contro Israele.

image_3296Scrive Eldad Beck (su YnetNews): «La manifestazione dei Fratelli Musulmani che si è tenuta venerdì scorso nella moschea più importante del Cairo si è trasformata in una rabbiosa kermesse anti-israeliana, con i partecipanti che giuravano “un giorno uccideremo tutti gli ebrei”. Erano circa cinquemila le persone che hanno preso parte alla manifestazione indetta per promuovere “la battaglia contro la giudaizzazione di Gerusalemme”, un evento organizzato in concomitanza con l’anniversario dell’approvazione nel 1947, da parte delle Nazioni Unite, del piano di spartizione del Mandato Britannico sulla Palestina che prevedeva la creazione di uno stato ebraico accanto a uno stato arabo. Al termine della funzione, un gruppo di esponenti dei Fratelli Musulmani sollecitava i fedeli a rimanere per la manifestazione di protesta e di non andarsene per non dare una cattiva impressione davanti ai mass-media. Facevano seguito dei comizi caratterizzati da infiammati discorsi di odio per Israele e che si scagliavano contro gli “occupanti sionisti” e gli “ebrei traditori”. Al momento di andarsene dal raduno, ai partecipanti sono state consegnate bandierine con i colori dell’Egitto su una faccia e quelli della bandiera palestinese sull’altra, e mappe della Città Vecchia di Gerusalemme con evidenziati i luoghi dove “i sionisti stanno cercando di alterare il carattere musulmano di Gerusalemme”. È stato distribuito anche materiale di propaganda in vista delle elezioni parlamentari egiziane in programma a partire da lunedì. Nel suo discorso, il leader spirituale Ahmed al-Tayeb ha dichiarato che ancora oggi gli ebrei in tutto il mondo si adoperano per impedire l’unità dell’islam e dell’Egitto. “Se vogliamo edificare l’Egitto – ha detto – dobbiamo essere una cosa sola. La politica non basta. La fede in Allah è la base di tutto. La Moschea di al-Aqsa [a Gerusalemme] è oggi sotto attacco da parte degli ebrei. Non dobbiamo permettere ai sionisti di giudaizzare al-Quds [Gerusalemme]. Noi diciamo a Israele e all’Europa che non permetteremo che venga spostata da lì una sola pietra”. Vari rappresentanti della Fratellanza Musulmana e relatori palestinesi ospiti hanno esplicitamente invocato una jihad (guerra santa) per la “liberazione dell’intera Palestina”. Più volte durante l’evento è stata esplicitamente richiamata una citazione dal Corano in cui si giura che “un giorno uccideremo tutti gli ebrei”. Per tutto il corso della manifestazione, attivisti della Fratellanza Musulmana hanno intonato “Tel Aviv, Tel Aviv, il giorno del giudizio è arrivato”. Parlando con il corrispondete di YnetNews all’esterno della moschea, dopo la preghiera, Ala al-Din, maestro di scuola elementare, ha detto: “Tutti i musulmani egiziani sono pronti a intraprendere una jihad in nome della Palestina”. Ed ha aggiunto: “Perché gli Stati Uniti stanno perdendo in Afghanistan? Perché l’altra parte è disposta e desiderosa di morire. Abbiamo una mentalità diversa da quella degli americani e degli ebrei”.»
(Da: YnetNews, 27.11.11)

Scrive Zvi Mazel (sul Jerusalem Post): «Venerdì scorso al Cairo si sono tenute tre manifestazioni distinte che riflettono la disastrosa situazione politica e sociale in Egitto a dieci mesi dalla caduta di Hosni Mubarak. La prima manifestazione, a piazza Tahrir, chiedeva al Consiglio supremo delle forze armate di cedere immediatamente il potere a un comitato civile. La seconda, nel quartiere Abassia, esprimeva la volontà che i militari restino al commando fino al termine del periodo di transizione. La terza, organizzata dai Fratelli Musulmani (assenti da piazza Tahrir), si è tenuta nella moschea al-Azhar all’insegna dello slogan “Liberare al-Aqsa” (la moschea di Gerusalemme) ed era in pratica un evento anti-Israele. I concetti di dialogo e compromesso sono ancora del tutto assenti da una società egiziana che annaspa, dopo un lunghissimo periodo di vita sotto dittatura. La responsabilità immediata viene attribuita al Consiglio militare supremo che non ha cercato di avviare un dialogo fra le varie forze politiche né di coinvolgerle nel processo decisionale, che ha tenuto segrete le sue deliberazioni e che, senza consultazioni, ha promulgato provvedimenti che vedono contrari tutti i partiti, come proibire gli scioperi e far processare i cosiddetti facinorosi (più di dodicimila) da tribunali militari. Nel frattempo, il Consiglio supremo ha condotto un arduo dialogo con i Fratelli Musulmani sin dal giorno in cui ha preso il potere, l’11 febbraio, nella convinzione che essi fossero l’unico attore significativo sulla scena politica. Gli alti ufficiali credevano di poter arrivare ad un’intesa: loro avrebbero aiutato la Fratellanza a formare il nuovo governo dopo le elezioni, e la Fratellanza avrebbe chiuso un occhio sugli stretti legami che gli alti ufficiali avevano con il regime di Mubarak. È risaputo, infatti, che ex ufficiali e ufficiali ancora in servizio controllavano almeno un terzo dell’economia egiziana, e che potrebbero essere coinvolti in casi di corruzione. Questo dialogo si è tenuto lontano dallo sguardo pubblico e ha condotto ad una sorta di cooperazione. Quando i Fratelli Musulmani hanno approvato i cambiamenti apportati alla Costituzione dai militari (sanciti a marzo da un referendum con il 77% dei voti favorevoli), definiti invece insufficienti e insignificanti dai partiti laici, ciò ha portato ad un’aperta spaccatura fra laici e religiosi. Nei mesi scorsi i Fratelli Musulmani hanno evitato di partecipare alla maggior parte delle manifestazioni organizzate dai cosiddetti giovani della rivoluzione e dai partii laici, dal momento che essi desiderano che le elezioni si tengano secondo il calendario stabilito prima che i partiti laici abbiano il tempo di organizzarsi e raccogliere maggiori consensi. Ad un certo momento il Consiglio superiore dell’esercito sembra aver capito ciò che avrebbe dovuto essere ovvio sin dall’inizio: i Fratelli Musulmani, dopo aver usato i militari per arrivare al potere, intende istituire un regime islamico e imporre la legge della shari’a: una prospettiva che gli alti ufficiali non possono accettare. In fondo durante gli anni di Mubarak uno dei loro compiti era stato quello di combattere il movimento islamista e impedire ai suoi seguaci l’accesso alle forze armate. A quel punto il dialogo si è interrotto sanguinosamente.»
(Da: Jerusalem Post, 27.11.11)