Ultima novità: lintifada è finita

Potranno avvenire altri attentati, ma in fondo ciò avveniva anche prima che scoppiasse questultimo round del conflitto.

Di Arieh O'Sullivan

image_480È significativo il fatto che i comandi delle Forze di Difesa israeliane hanno ricominciato a dare conto degli incidenti a base di lanci di pietre in Cisgiordania. Negli scorsi quattro anni di conflitto, chiamato dai palestinesi “intifada Al Aqsa”, i militari israeliani avevano diffuso statistiche relative ad attentati suicidi, sparatorie, imboscate di cecchini, lanci di bombe molotv. Ma i lanci di pietre non venivano nemmeno citati.
Stando alle nude cifre, negli ultimi mesi il livello del terrorismo si è drasticamente ridotto fino a sembrare paragonabile a quello che si registrava prima del settembre 2000. Certo, potranno avvenire altri attentati, ma in fondo ciò avveniva anche prima che scoppiasse quest’ultimo round del conflitto. Dunque la notizia è che l’intifada Al Aqsa è finita. Nessun militare israeliano sarebbe tanto sciocco da rilasciare una dichiarazione così impegnativa, ma le statistiche parlano da sole.
Dal punto di vista dei militari, la relativa calma che oggi si registra in Israele non è dovuta alla morte di Arafat né ad altri cambiamenti nella parte palestinese, quanto piuttosto alla agguerrita azione anti-terrorismo portata avanti per anni dalle Forze di Difesa israeliane, coadiuvate da servizi segreti e polizia. L’esercito dichiara di aver arrestato ben sei attentatori suicidi da quando è morto Arafat, un mese fa. Ciò dimostra che, mentre la determinazione dei terroristi è ancora viva, quella che si va costantemente deteriorando è la loro concerta capacità di colpire. Per il momento, quindi, i comandi militari possono vantare notevoli risultati. “Il nostro tasso di cattura dei terroristi – spiega un ufficiale – è più rapido del loro tasso di rimpiazzo dei terroristi catturati”. Ciò significa che i capi cellula terroristi vengono beccati prima che riescano ad acquisire abbastanza esperienza di comando. In molti casi, attivisti di basso rango si ritrovano alla testa di cellule terroristiche e devono impiegare la maggior parte del loro tempo ed energie per cercare di sfuggire all’arresto. Solo negli ultimi due mesi, nel corso di centinaia di raid le forze di sicurezza hanno arrestato circa 800 sospetti, fra i quali 300 latitanti ricercati. Dallo scorso settembre, ben 20 sospetti attentatori suicidi sono stati consegnati alle autorità dalle loro stesse famiglie. Dopo di che, il comando israeliano ha pubblicato un opuscolo con volti e nomi di altri 500 sospetti terroristi: un pozzo senza fondo. “Ma si tratta di gente giovane, molto giovane – dice un agente dell’intelligence – con poche possibilità di durare”.
Sono cifre che vanno viste nel loro contesto. Secondo l’esercito, in Cisgiordania attualmente vi sono 2 milioni e 75.000 palestinesi, insieme a 229.000 israeliani distribuiti in 123 insediamenti. Circa 10.000 sono i soldati schierati da Israele per proteggere il paese dal terrorismo palestinese. Si calcola che siano grossomodo una quarantina le cellule terroristiche attive nei territori, per lo più dislocate all’interno delle città palestinesi. Praticamente non vi è più alcuna disciplina operativa fra questi gruppi terroristici. I gruppi stessi sono formati per lo più da un cocktail di militanti Hamas, Tanzim di Fatah, Jihad Islamica, Fronte Popolare. Le fonti delle Forze di Difesa israeliane li descrivono come gruppi “meno ideologici e più territoriali”, spesso dediti a pratiche di estorsione da criminalità organizzata per finanziarsi e sopravvivere.
La popolazione palestinese percepisce questo stato di anarchia e di esaurimento con la perdita del senso di sicurezza interna dovuto a tassi crescenti di criminalità, omicidi e rapine. Solo il 10% dei reati penali arriva davanti a un tribunale, mentre si registra un esteso ritorno alla tradizionale “giustizia gestita dai clan”.
Secondo l’intelligence militare, il terrorismo di natura nazionalista è in declino mentre prende piede il terrorismo di ispirazione “globale”. Lo si vede nel crescente coinvolgimento nel terrorismo palestinese degli Hezbollah libanesi. Si valuta che circa il 75% di tutte le cellule terroristiche oggi attive in Cisgiordania siano finanziate, guidate e persino armate da Hezbollah. E ci si attende che Hezbollah tenti di infiltrare propri agenti all’interno dei territori e che i terroristi possano adottare alcune delle tattiche di guerra psicologica tipiche di Hezbollah, come quella di filmare gli attacchi.
Molto si è scritto circa le tattiche sviluppate dalle Forze di Difesa israeliane nel condurre il conflitto “a bassa intensità” imposto dal terrorismo palestinese. Tecnologie come i sensori e altri strumenti di sorveglianza, combinate con una dottrina costantemente rivista, hanno permesso di ridurre in modo significativo l’ordine di combattimento nel corso dell’ultimo anno. Il che vuol dire un maggior numero di missioni realizzate da un minor numero di soldati. Inoltre, operazioni che solo fino a poco tempo fa richiedevano diversi giorni, oggi possono essere realizzate con un preavviso di due-tre ore e talvolta anche meno. Ed è da più di due anni che i carri armati non vengono impiegati per le missioni in Cisgiordania.
Le Forze di Difesa israeliane sono fiere di questi risultati. Hanno la sensazione di aver compiuto il proprio dovere: garantire a Israele un livello accettabile di sicurezza, prevenire l’internazionalizzazione del conflitto, impedire che i palestinesi conseguissero risultati grazie all’uso della violenza, e assicurare al governo israeliano condizioni più adatte per la ripresa di negoziati.

(Da: Jerusalem Post, 10.12.04)
Nella foto in alto: l’autore di questo articolo