Il nuovo governo appeso a un solo voto

Una coalizione di 61 parlamentari può durare solo per timore di elezioni anticipate e per l’autorevolezza del primo ministro. Ma non sembra questo il caso odierno

Di Nahum Barnea

Nahum Barnea, autore di questo articolo

Nahum Barnea, autore di questo articolo

Nel paradossale sistema parlamentare israeliano, che si regge su governi di coalizione, c’è solo una cosa peggiore del perdere le elezioni, ed è vincerle.

Nelle elezioni precedenti (gennaio 2013), il Likud guidato da Benjamin Netanyahu subì un duro colpo (meno 11 seggi), ma Netanyahu riuscì a formare un governo che lo ha fedelmente servito per i due anni successivi. Oggi, dopo aver ottenuto 30 seggi alla Knesset – un risultato impressionante – si avvia a creare [al momento in cui scriviamo] un governo ad alto rischio con la risicata maggioranza di 61 voti sui 120 della Knesset.

Un governo basato sulla maggioranza di un voto non sarà il governo di Netanyahu. Sarà il governo dell’ultimo dei parlamentari del Likud che potrà tenerlo a galla, quando vuole, o farlo andare a fondo, quando gli aggrada, a seconda dallo stato d’animo con cui si sveglierà quella mattina, o di chi lo avrà infastidito quel pomeriggio.

Lo stesso varrà per l’ultimo dei parlamentari di Bayit Yehudi (di Naftali Bennett), che potrebbe far fatica a votare per il governo se l’ultimo discorso del primo ministro non gli sembrerà abbastanza patriottico. E cosa faranno i membri di sinistra del partito Kulanu (di Moshe Kahlon) quando verranno a sapere che tipo di promesse ha fatto il primo ministro per tenere buoni i parlamentari del Likud, di Bayit Yehudi e degli altri partiti della coalizione?

Quando una coalizione è retta solo da 61 parlamentari ogni lapsus può essere la scintilla di un incendio, ogni sospiro può annunciare una crisi.

Neftali Bennett e Benjamni Netanyahu, mercoledì sera

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (a destra) e il leader del partito Bayit Yehudi Naftali Bennett dopo l’annuncio, mercoledì sera, dell’accordo di coalizione

Ci sono stati, nella storia politica di Israele, governi durati a lungo con la maggioranza di un solo voto, e ci sono stati persino governi di minoranza. Ciò che li teneva in vita era l’autorità esercitata dal primo ministro, e la paura di elezioni anticipate. I componenti del governo che oggi sta per essere varato hanno sicuramente paura delle elezioni anticipate, ma non hanno molto rispetto per l’autorità del primo ministro. Lo si è visto nel corso delle trattative per formare la coalizione, dove tutti lo hanno spinto a fare grosse concessioni in termini di fondi, disegni di legge, autorità, governabilità: una svendita generale. E per che cosa? Per un governo nelle mani dell’ultimo dei parlamentari.

Avigdor Lieberman ha pazientemente aspettato fino all’ultimo minuto e poi ha sferrato il suo colpo (ritirandosi dai negoziati per la coalizione 48 ore prima della scadenza del mandato di Netanyahu, costringendo in questo modo il primo ministro a correre ai ripari piegandosi alle pretese dei rimanenti partiti della maggioranza). Dopo il suo insuccesso alle elezioni, Lieberman aveva davanti a sé una scelta semplice: tornare al Ministero degli esteri o andare all’opposizione. In entrambi i casi non vi è alcuna certezza che il partito da lui creato riuscirà a superare il quorum minimo alla prossima tornata elettorale. La mia ipotesi è che la tempistica scelta da Liberman abbia a che fare con il lato emotivo: voleva vendicarsi con Netanyahu, e l’ha fatto.

(Da: YnetNews, 6.5.15)