Un messaggio ai diretti interessati, e al resto del mondo

Bisogna leggere con attenzione gli ultimi rapporti sul traffico di armi per Hezbollah.

Di Ron Ben-Yishai

image_2972Bisogna leggere con attenzione il rapporto pubblicato martedì scorso dall’autorevole quotidiano francese Le Figaro circa il traffico di armi a favore di Hezbollah: un rapporto che contiene informazioni credibili, con un grado di dettaglio senza precedenti, riguardanti lo sforzo dell’Iran di armare e rafforzare il gruppo sciita libanese, con l’attiva collaborazione della Siria. (Stando al rapporto, tre unità logistiche di Hezbollah con sede in Siria e Libano supervisionano la consegna di armi a Hezbollah, sponsorizzata dall’Iran: l’Unità 108, il cui quartier generale si trova appena fuori Damasco, dirige il trasferimento di armi da magazzini localizzati al confine siro-libanese fino alle basi Hezbollah; l’Unità 112 gestisce l’effettiva consegna notturna delle armi alle varie roccaforti Hezbollah; il terzo anello della catena di approvvigionamento è l’Unità 100, composta da specialisti Hezbollah e loro colleghi iraniani che si spostano tra le varie basi della milizia in Libano e in Iran, dove i terroristi si addestrano all’uso di razzi e missili.) Tuttavia la ragione principale per cui quel rapporto merita particolare attenzione ha a che fare con il messaggio ad esso intrinseco, e con la tempistica della sua pubblicazione.
Si può presumere con un buon grado di sicurezza che chiunque abbia fornito l’autorevole quotidiano francese queste delicate informazioni di intelligence si riprometteva di conseguire un paio di obiettivi.
Il primo obiettivo è sbattere i fatti in faccia all’opinione pubblica internazionale in modo che le Nazioni Unite, l’occidente, gli stati arabi e i mass-media globali non possano fingere di cadere dalle nuvole se e quando Israele dovesse decidere di sferrare colpi energici e devastanti. Colpi che prenderebbero di mira l’enorme arsenale di razzi e missili accumulato in territorio libanese, ed eventualmente anche gli stati che hanno contribuito a crearlo, vale a dire lo stesso Libano e la Siria.
Quello francese non è il primo rapporto che punta a conseguire questo obiettivo. Nei mesi scorsi, diversi mass-media israeliani e internazionali hanno pubblicato un significativo numero di servizi, accompagnati da dettagliate foto aeree in cui si vedono uomini di Hezbollah che si addestrano in Siria all’uso di vari tipi di missili. Tali rapporti rivelano anche che Hezbollah colloca le sue armi in mezzo alla popolazione civile e abbastanza lontane dal confine israeliano in modo tale da rendere arduo per le Forze di Difesa israeliane colpire tali arsenali senza essere immediatamente accusate di crimini di guerra contro i civili.
Allo scopo di svelare i piani di Hezbollah e dei suoi protettori, circa tre mesi fa il comandante in capo del forze israeliane settentrionali, Gadi Eisenkott, ha mostrato ai giornalisti foto e informazioni dettagliate sul dispiegamento e sui depositi di armi di Hezbollah nella cittadina al-Khiyam, nel Libano meridionale. In effetti lo sforzo di informare l’opinione pubblica in anticipo si è già dimostrato un fattore cruciale durante la seconda intifada e alla vigilia dell’operazione anti-Hamas a Gaza del gennaio 2009. Si può pertanto presumere che anche Israele, a quanto pare in cooperazione con la Francia, sia dietro al recente rapporto di stampa francese. La Francia ritiene di avere verso il Libano responsabilità e legami speciali, e le informazioni fatte trapelare, secondo Le Figaro, dal ministero della difesa francese costituiscono di per sé un messaggio rivolto a Libano e Siria.
Inoltre, la tempistica della fuga di notizie, a ridosso della recente visita in Libano di Ahmadinejad, serve a dimostrare che la Francia, esattamente come Israele, prende sul serio le minacce del presidente iraniano, e ne è alquanto preoccupata. Utilizzando fatti e cifre, il rapporto vuole dimostrare che – diversamente dall’interpretazione più comune in occidente, che considera l’appassionato fervore di Ahmadinejad come un caso di tracotanza mediorientale priva di reale sostanza – la realtà è che ci troviamo di fronte a un autentico piano d’azione per Hezbollah, dotato degli strumenti per realizzarlo una volta che ricevesse luce verde da Tehran.
Un altro messaggio contenuto nel rapporto è indirizzato a Damasco. Il presidente Bashar Assad, che proclama di continuo il suo desiderio di pace con Israele, avrebbe qualche difficoltà a spiegare come si conciliano tali dichiarazioni con la benzina che getta sul fuoco aiutando Hezbollah (che opera nel cuore di Damasco, a pochi chilometri dal palazzo presidenziale siriano e sotto l’occhio vigile dei servizi di sicurezza di Assad). Il messaggio non intende soltanto mettere in imbarazzo Assad, ma anche fargli sapere che uffici di comando e campi d’addestramento di Hezbollah in Siria sono, dal punto di vista israeliano, bersagli legittimi; e che lui e il suo regime saranno responsabili per ogni eventuale conseguenza subita dalla Siria.
Un altro messaggio diretto alla Siria, oltre che al governo libanese e a Hezbollah, è che i loro maneggi sono del tutto trasparenti e che le agenzie di intelligence israeliane e occidentali ne sono a conoscenza. Il che significa anche che i periodici voli dei jet israeliani sopra il territorio libanese sono necessari, a dispetto delle censure dell’Onu. Si tratta di voli di ricognizione perlopiù necessari per accertare se gli iraniani, attraverso i siriani, stiano o meno trasferendo in Libano ciò che gli israeliani definiscono “armamenti che alterano l’equilibrio di forze”. Tali armamenti comprendono batterie di missili anti-aerei che potrebbero significativamente limitare lo spazio di manovra delle forze aeree israeliane, e missili a lunga gittata tipo Scud. Qualora nondimeno venissero trasferite alle porte di Israele, Gerusalemme potrebbe dover reagire con grande forza.
Tutti questi messaggi non porranno termine agli arsenali di razzi e missili di Hezbollah; tuttavia contribuiscono al potere deterrente di Israele, e dovrebbero conferire legittimità ai suoi atti “sproporzionati” nel caso si rendesse necessario colpire in Libano ed eventualmente anche in Siria.

(Da: YnetNews, 27.10.10)

Nella foto in alto: Ron Ben-Yishai, autore di questo articolo