Un messaggio di libertà

La Pasqua ebraica, festa della libertà, serve anche per riflettere sulle libertà che troppo spesso diamo per scontate

Editoriale del Jerusalem Post

1.120 giornalisti uccisi dal 1992

1.121 giornalisti uccisi nel mondo dal 1992. Fonte: Committee to Protect Journalists (clicca per ingrandire)

Uno dei principali messaggi della festa di Pessach, la pasqua che gli ebrei hanno appena finito di celebrare, è il concetto di libertà. La storia dell’Esodo racconta la fuga miracolosa del popolo ebraico dalla tirannia del faraone in Egitto e la loro redenzione dalla schiavitù fino al raggiungimento della sovranità politica in Eretz Israel, la Terra d’Israele. Non a caso la pasqua ebraica viene spesso indicata come “la festa della libertà”.

La storia dell’Esodo è diventata patrimonio universale e ha ispirato innumerevoli generazioni non solo di ebrei, ma anche di non ebrei: dagli antischiavisti, agli oppositori delle dittature, agli attivisti per i diritti umani.

Eppure, nonostante i progressi fatti da quando gli ebrei uscirono dall’Egitto, c’è ancora molto da fare. Non solo la diffusione della libertà si è interrotta: stiamo addirittura assistendo a una sua regressione, soprattutto per quanto riguarda le libertà intellettuali.

In prima fila fra coloro che vengono perseguitati per aver esercitato la libertà di pensiero e di espressione vi sono i giornalisti. Secondo il Committee to Protect Journalists, che aggiorna dati dettagliati dal 1992, gli ultimi tre anni sono stati per i giornalisti i più pericolosi e sanguinosi sinora documentati.

I peggiori casi di persecuzione sono la Cina (diventata nel 2014 il più grande carcere di giornalisti al mondo), l’Iran (secondo paese al mondo per giornalisti carcerati), e poi l’Eritrea, la Turchia e l’Egitto. Ma minacce e uccisioni sono epidemici anche in altri paesi del Medio Oriente, in Asia meridionale, e in Messico dove trafficanti di droga e loro complici cospirano per mettere a tacere la stampa che parla della corruzione.

I paesi del mondo classificati secondo il livello di libertà.

I paesi del mondo classificati per livelli di libertà nel 2015. Verde: paesi liberi; Giallo: parzialmente liberi; Rosso: non liberi. Fonte: Freedom House (clicca per ingrandire)

In Pakistan e alcuni altri paesi le leggi contro la “blasfemia” e le violenze tribali rendono il tema della religione un intoccabile tabù per tutti, salvo pochi coraggiosissimi. Il terrorismo in stile “Stato Islamico”, poi, ha reso intere regioni delle trappole mortali per i giornalisti e per il concetto di stesso di espressione del proprio pensiero.

Nel suo libro The New Censorship: Inside the Global Battle for Media Freedom (“La nuova censura: dentro la battaglia globale per la libertà dei media”), Joel Simon, direttore esecutivo del Committee to Protect Journalists, sostiene che paradossalmente la varietà di opzioni offerta dalle nuove tecnologie, che hanno reso le informazioni accessibili quasi in ogni angolo della terra, ha anche creato un clima sempre più ostile verso i giornalisti. Se in passato i giornalisti detenevano il monopolio delle informazioni, il che li rendeva utili per terroristi, criminali e funzionari governativi corrotti, oggi molti gruppi violenti come i jihadisti dell’ISIS e i cartelli della droga messicani, o autocrati come Vladimir Putin, possono utilizzare internet e social-network o crearsi la propria rete di notizie, come Russia Today, per raggiungere gli stessi obiettivi e con un ben maggiore controllo sui contenuti e sul messaggio. I giornalisti sono visti come superflui, utili semmai come ostaggi o come propagandisti per video girati con un’elaborata messinscena.

Non basta. Internet ha portato l’idea liberale e occidentale di libertà d’espressione in diretto conflitto con società tradizionali precedentemente isolate che conferiscono un peso enorme al concetto di onore personale e alla santità dei simboli religiosi. Molte di queste società stanno reagendo con la violenza. Proprio la scorsa settimana, la Turchia ha bloccato l’accesso a Twitter e YouTube per impedire la diffusione delle immagini del pubblico ministero tenuto in ostaggio da terroristi di estrema sinistra.

Un altro fattore che contribuisce a chiudere il libero dibattito e la libertà d’espressione è la pretesa sempre più pressante, soprattutto da parte musulmana, di porre il diritto a non sentirsi offesi al di sopra del diritto di parola, e persino del diritto alla vita. Dopo il massacro di gennaio al settimanale satirico francese Charlie Hebdo, anche i difensori della libertà di parola hanno iniziato a domandarsi perché i vignettisti dovessero essere così provocatori data l’ipersensibilità religiosa che circonda la raffigurazione del profeta Maometto.

Il valore della libertà intellettuale è tutt’altro che ovvio. Perché mai dovrei battermi per il diritto di pubblicizzare eventi o idee che sono offensive per la maggioranza, me compreso? Ciò comporta un impiego di tempo ed energie nel difendere un’idea che lo stesso difensore potrebbe personalmente ritenere biasimevole, il tutto in nome di un principio astratto il cui valore sociale non è immediatamente chiaro. Siamo onesti: quanti di noi sono disposti a difendere il diritto di parola dei negazionisti? Quanti israeliani vorrebbero togliere la parola a certi membri arabi della Knesset?

Mentre anche quest’anno la festa della libertà volge al termine, dobbiamo riflettere sulla tradizione giudaico-cristiana che ha dato origine a quelle libertà che troppo spesso diamo per scontate, e ricordare a noi stessi perché vale la pena difenderle.

(Da: Jerusalem Post, 11.4.15)

Fonti infografiche:

1121 Journalists Killed since 1992

World freedom in 2015

Map of Press Freedom