Un triste anniversario

La Repubblica Islamica d’Iran venne istituita trent’anni fa

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_2398La Repubblica Islamica d’Iran venne istituita trent’anni fa. Probabilmente questa pagina nera della storia dovrebbe essere ricordata in gennaio, giacché fu nel gennaio 1979 che, dopo un anno di manifestazioni e disordini degli oppositori islamisti, lo Shah, malato di cancro e abbandonato dall’amministrazione Carter, lasciò Teheran per l’esilio. Ma forse è giusto che l’anniversario cada a febbraio perché fu nel febbraio del 1979 che le forze militari iraniane cedettero e l’ayatollah Ruhollah Khomeini pose fine al suo esilio tornando da Parigi, gioiosamente accolto in una Teheran tumultuante.
Dopo che l’ebbero aiutato a scendere la scaletta dell’aereo, Khomeini senza fare una piega si diresse direttamente al cimitero dove erano sepolti i suoi seguaci “martiri”. Milioni di persone accorse per vedere di persona il chierico 76enne congestionarono il tragitto al punto che gli ci vollero tre ore per percorrere quei 40 chilometri.
Shapur Bakhtiar, il primo ministro provvisorio di ispirazione liberale nominato in extremis dallo Shah come concessione all’opposizione, dichiarò che Khomeini era il benvenuto ma che avrebbe dovuto rispettare lo stato di diritto. Khomeini gli ingiunse di dare le dimissioni e Bakhtiar se ne andò in esilio a Parigi. Nel 1991 Khomeini lo fece assassinare da Hezbollah.
Sedici giorni dopo l’arrivo trionfale di Khomeini, il leader dell’Olp Yasser Arafat volle essere la prima personalità straniera volata a Teheran a rendergli omaggio. I due si tenevano la mano. Arafat, raggiante, stringeva e abbracciava Khomeini, le cui guardie rivoluzionarie si erano addestrate nei campi dell’Olp in Libano. Quando le telecamere se ne andarono, Khomeini impartì una lezioncina ad Arafat sulla necessità che lasciasse cadere la sua facciata nazionalista e facesse diventare la lotta palestinese contro Israele parte integrante della jihad mondiale. Il 17 febbraio consegnava ad Arafat l’ex ambasciata israeliana a Teheran.
Ci volle un po’ di tempo a Khomeini prima di riuscire a “pacificare” tutto l’Iran. Fu necessario reprimere una rivolta dei turkmeni, fu necessario far giustiziare ex generali e ufficiali leali allo Shah. E negli anni seguenti la rivoluzione iniziò a divorare i suoi stessi uomini. Vennero istituiti Comitati rivoluzionari col compito di “purgare” governo e forze armate dei lacchè borghesi dalla religiosità sospetta. Khomeini ordinò migliaia di esecuzioni. Per tutti gli anni ’80 e oltre ci fu sempre qualche nuovo nemico interno da schiacciare.
Alcuni ritengono che il vero anniversario della rivoluzione iraniana dovrebbe essere celebrato il primo aprile quando, dopo un referendum nazionale, Khomeini proclamò la Repubblica Islamica.
La definitiva caduta dell’Iran nelle oscurantiste mani degli estremisti sciiti si rivelò un colpo geo-strategico di proporzioni storiche per gli interessi delle democrazie occidentali. I mullah non solo crearono una teocrazia in casa loro, ma si diedero anche ad esportare all’esterno il loro funesto fanatismo. Il sequestro dell’ambasciata americana a Teheran il 4 novembre 1979 e la conseguente crisi degli ostaggi di 444 giorni minarono profondamente il diritto internazionale consuetudinario.
Una quota dell’enorme ricchezza petrolifera del paese venne messa a disposizione degli obiettivi imperiali: finanziare gli sforzi del regime per dotarsi di un’arma nucleare, sovvenzionare movimenti terroristi, creare combattenti per procura come Hezbollah.
I politici americani mal interpreteranno la supposta disponibilità iraniana a comportarsi in modo pragmatico in quello che sarebbe diventato noto come l’affare Iran-Contras. Nel 1985 l’amministrazione Reagan in segreto vendette armamenti per 30 milioni di dollari all’Iran perché si difendesse dall’aggressione dell’Iraq nella speranza di poter così voltare pagina nei rapporti fra i due paesi, e come riscatto per gli ostaggi americani sequestrati dagli alleati dell’Iran in Libano. Anziché mettere in guardia gli Stati Uniti da una tale follia, Israele giocò un ruolo strumentale nel facilitare il piano perché anche Gerusalemme aveva valutato male la profondità dell’intransigenza dei mullah e del loro ribrezzo per gli “infedeli”.
Khomeini morì nel 1989 e venne sostituito dall’ayatollah Ali Khamenei, che oggi controlla i dodici uomini del Consiglio dei Guardiani che comandano il paese. Lunedì scorso, quando l’Iran ha lanciato in orbita il suo primo satellite “fatto in casa” – a quanto pare, una versione civile del missile balistico Shihab 3 – la Suprema Guida ha avuto un’ulteriore prova concreta che le sanzioni internazionali non sono molto più che una seccatura per le aspirazioni imperiali dell’Iran.
Il presidente Usa Barack Obama dice che l’Iran, se sarà disposto ad “aprire il suo pugno, troverà da parte nostra la mano tesa”. Ma i mullah fanno orecchie da mercante.
Mercoledì diplomatici da Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania e Cina si sono incontrati a Francoforte per discutere la corsa dell’Iran alle armi nucleari. Gli Stati Uniti dovrebbero convincere tutti che, quale che siano le differenze tattiche fra la nuova e la vecchia amministrazione, in ogni caso Washington non intende tollerare un Iran dotato di armi nucleari.

(Da: Jerusalem Post, 4.02.09)

Nella foto in alto: Ruhollah Khomeini e Yasser Arafat a Teheran, marzo 1979