“Una catena ininterrotta di attacchi con un unico scopo: distruggere tutti noi”

Dal video-intervento del primo ministro israeliano al congresso di AIPAC (American Israel Public Affairs Committee)

Di Benjamin Netanyahu

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato martedì al congresso di AIPAC con intervento in diretta video

«Innanzitutto desidero inviare le mie condoglianze alle famiglie delle vittime degli attacchi terroristici a Bruxelles. La catena di attentati da Parigi a San Bernardino, a Istanbul, alla Costa d’Avorio e ora a Bruxelles, e degli attentati quotidiani in Israele, costituisce un ininterrotto attacco contro tutti noi. In tutti questi casi i terroristi non avanzano rivendicazioni che si possano soddisfare. Non è che li si possa rabbonire offrendo loro Bruxelles o Istanbul o la California, e neanche la Cisgiordania. Tutto questo non servirebbe ad accontentarli perché quello che loro vogliono è la nostra distruzione e il dominio totale. La loro richiesta di fondo è che noi dovremmo semplicemente scomparire. Beh, amici miei, questo non accadrà. L’unico modo per sconfiggere questi terroristi è unirsi e combattere insieme. Ecco come sconfiggeremo il terrorismo: con l’unità politica e la chiarezza morale. E penso che ne abbiamo in abbondanza. […]

Due settimane fa ho visitato Yodfat (Iotapata), nel nord di Israele: il luogo dove duemila anni fa i romani iniziarono la loro campagna militare contro gli ebrei. Quella che ho in mano in questo momento è una esatta riproduzione di una punta di freccia trovata a Yodfat: una delle migliaia utilizzate dai romani nella loro guerra per schiacciare l’indipendenza ebraica. Eppure, duemila anni dopo, il popolo ebraico è di nuovo libero e sovrano nella sua antica patria. E nel ricostruire il nostro paese, il nostro stato, la nostra economia, il nostro esercito, la nostra scienza e la nostra cultura abbiamo conseguito notevolissimi successi. Ma è anche vero che dobbiamo fronteggiare formidabili sfide. In effetti, assistiamo oggi a due linee di tendenza contraddittorie.

In primo luogo, la tendenza positiva. Ogni giorno atterrano all’aeroporto Ben-Gurion delegazioni di alto livello. Vengono dall’America, dall’Europa e in numero sempre maggiore anche dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina. Molti di loro si trovano a fare i conti con l’ascesa dell’islam estremista e del terrorismo che lo accompagna, e vengono in Israele per rafforzare la loro sicurezza. Vogliono imparare dall’esperienza israeliana in fatto di sicurezza e di intelligence per difendere al meglio i loro popoli.

Ma vengono anche perché vogliono aggiornare le loro economie con la tecnologia israeliana. E hanno ragione: il know-how d’Israele fa funzionare computer in tutto il mondo, guida le auto, protegge i conti bancari. Ha portato a scoperte importanti nel trattamento della sclerosi multipla, del morbo di Parkinson, del morbo di Alzheimer. Aiuta gli agricoltori in tutto il mondo a produrre più raccolti, più latte, a risparmiare acqua. Dunque, per tutte queste ragioni il mondo viene in Israele. Oggi abbiamo relazioni diplomatiche con 161 paesi, più di quanti ne abbiamo mai avute in tutta la nostra storia. E non è che ne restino fuori molti, visto che i paesi in tutto il mondo sono circa duecento.

“Attenzione: non uno stato palestinese accanto a Israele, ma uno stato palestinese al posto di Israele” (fermo-immagine dal filmato mostrato durante il video-intervento di Netanyahu)

Ma accanto a questo trend positivo c’è un trend negativo. Mentre Israele è abbracciato da un numero crescente di singole nazioni, non mancano quelli che cercano di diffamare Israele, in particolare alle Nazioni Unite. All’Onu Israele, l’unica vera democrazia del Medio Oriente, viene calunniato come nessun altro paese della Terra. All’Onu Israele è sottoposto a una costante e sistematica discriminazione. Solo per Israele è prevista una condanna permanente all’ordine del giorno del Consiglio dei diritti umani: non per l’Iran, non per la Siria, non per la Corea del Nord. Solo Israele è braccato da organismi delle Nazioni Unite espressamente istituiti allo scopo di delegittimare la nostra stessa esistenza. Solo Israele viene condannato ogni anno da 20 risoluzioni ostili nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Le Nazioni Unite sono caratterizzate dalla vergognosa consuetudine di dare addosso a Israele, censurarlo e condannarlo. Dunque vi chiedo: come si può pensare che l’Onu possa decidere su una pace giusta e sicura per Israele?

Eppure, sorprendentemente, c’è chi pensa esattamente questo. C’è chi vorrebbe imporre a Israele i termini di una composizione attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Termini che senza alcun dubbio verrebbero sviluppati contro di noi. Succede sempre. Quindi questo tentativo alle Nazioni Unite non farebbe che convincere i palestinesi che è aperta la strada verso lo stato palestinese. Attenzione: non uno stato palestinese accanto a Israele, ma uno stato palestinese al posto di Israele. Una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che facesse pressione su Israele non farebbe che rendere ancora più intransigenti le posizioni palestinesi, e in tal modo potrebbe di fatto uccidere ogni possibilità di pace per molti molti anni. Ecco perché spero che gli Stati Uniti manterranno la loro tradizionale posizione contraria a una tale risoluzione, e mi ha fatto piacere vedere che i candidati presidenziali di entrambi i partiti riaffermano questo principio di base. La pace non arriverà attraverso risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma attraverso negoziati diretti tra le parti.

“Quella bambina non è nata odiando. Le è stato insegnato a odiare” (fermo-immagine dal filmato mostrato durante il video-intervento di Netanyahu)

La formula migliore per il raggiungimento della pace rimane quella di due stati per due popoli: uno stato palestinese smilitarizzato che finalmente riconosca lo stato nazionale ebraico. So che circola un certo scetticismo circa le mie opinioni su questo punto. Quindi voglio esprimermi in modo inequivocabile: sono pronto a iniziare tali negoziati immediatamente, senza precondizioni, in qualunque momento e luogo. Questo è un dato di fatto. Ma il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) non è disposto a farlo. E anche questo è un dato di fatto. Qui a Gerusalemme c’è la volontà politica. Là a Ramallah, non c’è.

Negli ultimi cinque anni e mezzo il presidente Abu Mazen si è rifiutato di sedere e parlare con me anche solo per un minuto. Ma questo non significa che se ne sia stato in silenzio. Ha contribuito a indottrinare una nuova generazione di giovani palestinesi con l’odio omicida verso Israele. E questo indottrinamento ha conseguenze letali. Ai bambini palestinesi si insegna a pugnalare gli ebrei. Viene loro insegnato che l’obiettivo del popolo palestinese non è istituire uno stato in Cisgiordania, ma su tutta Israele: ad Akko, a Haifa, a Nazareth, a Giaffa. Voglio mostrarvi qualcosa di profondamente inquietante, ma credo che si debba vedere coi propri occhi ciò che i palestinesi insegnano ai loro figli. Voglio che vediate il quotidiano “giuramento di fedeltà” dei bambini palestinesi. Guardate. [Viene proiettato un filmato che mostra una serie di esempi dell’azione di indottrinamento palestinese verso giovani e giovanissimi].

E’ nauseante. E’ inammissibile. Amici miei, quella bambina non è nata odiando. Le è stato insegnato a odiare, come era stato insegnato ai palestinesi che hanno assassinato lo studente americano Taylor Force e altri cittadini negli ultimi mesi. Ma il movimento Fatah, che fa capo al presidente Abu Mazen, ha elogiato l’assassino di Taylor come – cito – “un eroe e un martire”. Non sono parole di Hamas, sono parole che vengono dalla parte di Abu Mazen. E ora i palestinesi alimentano ancora di più il terrorismo premiando le famiglie degli assassini con un pagamento mensile regolare. Così il messaggio che inviano ai palestinesi è chiaro: il terrorismo paga, letteralmente.

Se la comunità internazionale vuole davvero promuovere la pace deve esigere che i palestinesi smettano di avvelenare la mente dei loro figli. Se la comunità internazionale vuole promuovere la pace, deve affrontare il vero nocciolo del conflitto: il persistente rifiuto palestinese di accettare l’esistenza di uno stato ebraico entro qualsiasi confine. […]»

(Da: MFA, 22.3.16)

Il video-intervento del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al congresso dell’American Israel Public Affairs Committee (in inglese). Il filmato sull’indottrinamento palestinese va dal minuto 15.27 al minuto 16.36: