Una lezione dalla storia

Uno dei pochi palestinesi che osò sfidare la posizione anti-ebraica del Mufti fu A'araf al-Asli.

Da un articolo di Yehuda Litani

image_1202Settant’anni fa, alla fine di aprile del 1936, aveva inizio nella Palestina sotto Mandato Britannico la cosiddetta “rivolta araba” contro la presenza ebraica nel paese. Nei tre sanguinosi anni successivi morirono migliaia di ebrei e di arabi palestinesi, questi ultimi vittime soprattutto di una feroce lotta intestina tra sostenitori e oppositori del Mufti Haj Amin al-Husseini (1893-1974).
Uno dei pochi arabi palestinesi che osò sfidare la posizione apertamente anti-ebraica del Mufti fu A’araf al-Asli, rampollo di una delle più rispettate famiglie di Gerusalemme, che nel 1937, all’età di 27 anni, pubblicò in arabo ed ebraico un pamphlet intitolato: “La storia di ebrei e arabi”.
Al-Asli sottolineava il fatto che nella storia vi sono stati lunghi periodi di cooperazione fra i due popoli, come durante l’epoca d’oro degli ebrei nella Spagna musulmana. A proposito dei sanguinosi disordini del suo tempo, Al-Asli diceva che gli arabi palestinesi non avrebbero dovuto fare affidamento sull’aiuto dei paesi arabi: non sono affidabili, avvertiva, non ci sosterranno e ci abbandoneranno nella nostra lotta con gli ebrei, una lotta che mette a repentaglio il nostro futuro e che potrebbe persino portarci a perdere la nostra terra. Verranno giorni difficili, scriveva Al-Asli, e ci vorranno decenni di spargimenti di sangue prima che possa germogliare la pace fra i nostri due popoli. Al-Asli proponeva invece un accordo di pace fra ebrei e arabi in Palestina, sostenendo che questo passo costituiva il solo modo per vivere insieme nel paese.
La pubblicazione in ebraico del pamphlet non suscitò particolari reazioni. Ma quando venne pubblicata la versione in arabo, gli scagnozzi del Mufti sequestrarono subito Al-Asli dalla sua casa, nella parte vecchia di Gerusalemme, e lo trascinarono dal Mufti per un “interrogatorio”. Quella stessa notte, dopo una processo-farsa, Al-Asli venne giudicato colpevole di tradimento, condannato a morte e gettato in una cava abbandonata sul Monte Scopus. A quel punto suo padre, un ufficiale giordano, si recò dal Mufti implorandolo di risparmiare la vita del figlio, cosa che ottenne accettando le condizioni imposte dal Mufti. Il giovane A’araf Al-Asli venne esiliato in Libano, mentre suo padre prometteva solennemente che non si sarebbe mai più occupato di politica. Legato e sanguinante, A’araf Al-Asli venne recuperato dalla cava e portato a Beirut, dove successivamente insegnò arabo all’Università Americana, lavorando anche come cameriere in un albergo.
Verso la fine della sua vita, anche il Mufti si ritrovò in Libano e andò a stare nello stesso albergo dove lavorava Al-Asli. Sorprendentemente i due divennero amici, nonostante tutto ciò che era accaduto fra loro.
I due parenti di Al-Asli che mi hanno raccontato questa storia mi hanno anche riferito che, dopo la pubblicazione del suo pamphlet, A’araf al-Asli venne a lungo considerato la pecora nera della famiglia, e trattato come un traditore della propria gente nonostante la famiglia facesse parte dello schieramento che si opponeva al Mufti. Anni dopo, però, la famiglia ha iniziato seriamente a ripensare al proprio atteggiamento verso quel congiunto stravagante: dopo tutto può darsi che A’araf avesse ragione; forse la Palestina e i suoi abitanti, ebrei e arabi, si sarebbero potuti risparmiare tutto il sangue sparso da allora e le sofferenze patite prima e dopo il 1967.

(Da: YnetNews, 4.05.06)

Nella foto in alto: 1941, il Mufti di Gerusalemme Haj Amin al-Husseini in visita da Adolf Hitler.