Una risoluzione Onu contro il negoziato fra le parti

Passata al Consiglio di Sicurezza grazie all’astensione Usa, definisce “territorio occupato” persino il Muro del Pianto

Il rappresentante palestinese all’Onu Riyad H. Mansour si congratula con l’attuale presidente del Consiglio di Sicurezza, lo spagnolo Roman Oyarzun Marchesi, in occasione del voto anti-israeliano del 23 dicembre

“Israele rifiuta l’indegna risoluzione anti-israeliana delle Nazioni Unite e non vi si atterrà”. Lo afferma un comunicato diffuso venerdì sera dall’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dopo che il Consiglio di Sicurezza ha approvato, con l’astensione degli Stati Uniti, una risoluzione che condanna come “illegale” ogni attività di insediamento in quelli che definisce “territori palestinesi occupati”, compresa Gerusalemme est.

Il Consiglio di Sicurezza, dicono dall’ufficio di Netanyahu, non fa nulla da cinque anni per fermare il massacro di mezzo milione di persone in Siria, ma non trova di meglio che rivolgere le sue attenzioni contro Israele, unica vera democrazia in Medio Oriente, e definire il Muro del Pianto “territorio occupato”. E aggiungono: “L’amministrazione Obama non solo non ha protetto Israele dalla fissazione ossessiva delle Nazioni Unite, ma ha anche collaborato con le Nazioni Unite alle spalle di Israele. Israele attende con ansia di lavorare con il neoeletto presidente Donald Trump e con tutti gli amici nel Congresso, repubblicani e democratici, per sventare gli effetti nocivi di questa risoluzione assurda”.

“Votando a favore di questa risoluzione – ha dichiarato l’ambasciatore d’Israele alle Nazioni Unite, Danny Danon – avete di fatto votato no: no ai negoziati, no al progresso e a una vera possibilità di vita migliore per israeliani e palestinesi. Avete votato no alla concreta possibilità di pace”.

Come ha scritto David Horovitz su Times of Israel, la decisione dell’amministrazione Obama contraddice la posizione tenuta per decenni dagli Stati Uniti secondo cui le divergenze fra israeliani e palestinesi (compresa la questione dei confini definitivi) possono essere risolte solo attraverso i negoziati e non con l’imposizione di diktat dall’esterno. La decisione si fa beffe degli impegni e delle posizioni precedenti della stessa amministrazione Obama, in particolare quando cinque anni fa bloccò con il veto una risoluzione del tutto simile a questa, spiegando che il Consiglio di Sicurezza “non è la sede giusta per affrontare le questioni che devono essere risolte dalle parti stesse”. Susan Rice, all’epoca rappresentante degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, osservava che il veto non doveva essere inteso come un appoggio alle attività di insediamento, ma spiegava che la risoluzione unilaterale non avrebbe fatto altro che “indurire le posizioni di entrambe le parti e incoraggiare coloro che sono contrari al negoziato”. Lo stesso vale oggi.

Gerusalemme, il Muro Occidentale (del pianto): secondo il Consiglio di Sicurezza è “territorio palestinese occupato”

In questi otto anni, continua Horovitz, l’amministrazione Obama ha spesso condannato tutte le attività edilizie al di là della linea armistiziale del ’49 (cancellata dall’aggressione araba del ’67), senza quasi mai distinguere tra le case costruite nel mezzo del territorio di Cisgiordania, dove i palestinesi perseguono la loro indipendenza, e quelle costruire a Gerusalemme o in prossimità delle linee pre-‘67, dove persino i palestinesi si rendono conto che il controllo israeliano è destinato a restare anche dopo un futuro accordo di pace. Quelle condanne indistinte alienarono gran parte dell’opinione pubblica moderata israeliana che è contraria agli insediamenti che complicano l’eventuale separazione dai palestinesi, ma non si sogna minimamente di tornare esattamente alle linee del ’49 e dunque è favorevole alle costruzioni nei cosiddetti blocchi di insediamenti a ridosso della ex-linea, e soprattutto all’interno della municipalità di Gerusalemme, una città che nessuno vuole vedere nuovamente divisa. Proprio perché indistinte, dunque, le condanne si sono tradotte in un boomerang contro quello che era il loro obiettivo dichiarato: spingere gli israeliani verso una soluzione di compromesso. In questo senso, la risoluzione di venerdì scorso, che si schiera di fatto coi nemici della soluzione negoziata, non fa che peggiorare le cose.

“Sono fortemente contrario a questa risoluzione del Consiglio di Sicurezza” ha dichiarato il leader dell’opposizione laburista israeliana Isaac Herzog, aggiungendo che gli Stati Uniti avrebbero dovuto porre il veto ad un testo che “nuoce gravemente alla nostra capitale Gerusalemme, ai blocchi di insediamenti (destinati a restare israeliani se si vuole raggiungere una soluzione di compromesso) e allo status diplomatico di Israele”. Herzog ha criticato Netanyahu dicendo che “un governo ragionevole e responsabile avrebbe evitato di arrivare a questo punto”.

Netanyahu ha ordinato di richiamare subito per consultazioni gli ambasciatori d’Israele in Nuova Zelanda e Senegal, due paesi sponsor della risoluzione di venerdì sera, e ha cancellato una visita ufficiale già in programma il mese prossimo del ministro degli esteri del Senegal, disponendo anche l’interruzione di tutti i programmi di aiuto d’Israele al Senegal. Israele non ha rapporti diplomatici con Venezuela e Malesia, gli altri due paesi che hanno sponsorizzato la risoluzione.

(Da: Haa’retz, Jerusalem Post, YnetNews, Times of Israel, 24.12.16)