Un’istantanea dal futuro stato palestinese

L’esperienza passata mostra che l’idilliaco sogno palestinese è destinato a schiantarsi.

Di Shoula Romano Horing

image_3241Nel tentativo di capire l’infatuazione e l’ossessione del mondo per lo stato palestinese, si deve concludere che esso evidentemente coltiva l’illusione che tale stato contribuirebbe grandemente al benessere e alla pace del mondo intero. Ma un esame un po’ più attento dei fatti rivela che tale aspettativa costituisce una pia illusione senza fondamento nella realtà. Per rendersene conto basta guardare alla natura dell’entità autonoma palestinese in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, creata con l’applicazione degli accordi di Oslo del 1993 grazie ai quali l’Autorità Palestinese detiene da anni il controllo degli affari interni quotidiani della grande maggioranza del popolo palestinese.
Sulla base di tale esperienza, si può ragionevolmente dedurre che lo stato palestinese avrà le seguenti caratteristiche.

Terrorismo ed estremismo. Dopo che nel 1999 le Forze di Difesa israeliane se ne andarono dalle città e dai villaggi palestinesi e l’Autorità Palestinese assunse il controllo della vita civile del 98% della popolazione palestinese residente, i palestinesi lanciarono una guerra terroristica di un’intensità senza precedenti, mandando attentatori suicidi all’interno di Israele su base praticamente quotidiana, assassinando più di mille civili israeliani e ferendone o mutilandone più di cinquemila. Da quando, poi, nel 2005 tutti i militari e civili israeliani venero ritirati unilateralmente dall’intera striscia di Gaza, questa è stata trasformata in un santuario sicuro per i terroristi che hanno lanciato più di seimila ordigni, tra razzi e obici di mortaio, su città e cittadine israeliane.

Nessuna democrazia. Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e il consiglio legislativo (parlamento) palestinese sono al potere da due anni a mandato scaduto, senza che si siano tenute nuove elezioni. Nel frattempo, in tutti questi anni non è stato ancora istituito alcun sistema giudizio indipendente degno di questo nome.

Stato assistito. Quella palestinese è un’economia artificiale tenuta in vita dai generosi sussidi dei donatori esteri. Gli studi economici mostrano che il 60% del Pil palestinese proviene da donazioni di Stati Uniti, Europa, Onu e altri soggetti. Il popolo palestinese riceve l’ammontare di gran lunga più alto al mondo di donazioni pro capite, pari a una media di 560 dollari al mese per ogni nucleo famigliare.

Corruzione. La maggior parte delle donazioni finiscono nelle tasche di burocrati del partito di governo e di alti funzionari governativi palestinesi, anziché essere destinate alla creazione di una struttura economica indipendente o perlomeno all’assistenza dei bisognosi.

Manipolazione della storia. L’Autorità Palestinese continua costantemente a travisare la storia sostenendo e comportandosi come se uno stato arabo palestinese esistesse prima della nascita di Israele, nel 1948, con Gerusalemme come capitale. L’Autorità Palestinese inoltre si ostina a negare qualunque legame storico fra Terra d’Israele ed ebraismo. La realtà, invece, è che non è mai esistito uno stato arabo o musulmano chiamato “Palestina” nelle terre a ovest del fiume Giordano, dove anzi non è mai esistito nessuno stato indipendente che non fosse uno stato ebraico. Non basta. Gerusalemme non è mai stata la capitale di un’entità sovrana che non fosse ebraica.

Glorificazione della morte e del “martirio”. In Cisgiordania e striscia di Gaza strade, scuole, squadre di calcio, campi estivi per scolari e persino raccolte di figurine vengono intitolati e dedicati alla memoria di attentatori suicidi. Spettacoli televisivi per bambini e libri di testo scolastici esaltano l’odio verso gli ebrei e celebrano le stragi suicide.

Apartheid e razzismo. Come ha dichiarato lo scorso 14 settembre il rappresentante palestinese a Washington Maen Areikat parlando con alcuni giornalisti americani, la futura “Palestina” bandirà dal proprio territorio ebrei e omosessuali: si tratterebbe del primo stato a proibire ufficialmente la presenza di ebrei dai tempi della Germania nazista.

Intransigenza massimalista. Abu Mazen si rifiuta di riconoscere Israele come stato nazionale del popolo ebraico, e Hamas si rifiuta di riconoscere l’esistenza tout-court dello stato di Israele. Sia Yasser Arafat che Abu Mazen hanno respinto almeno due offerte di compromesso israeliane, nel 2000 e nel 2008, che miravano a porre fine al conflitto con la nascita di uno stato palestinese sulla quasi totalità dei territori contesi e con capitale a Gerusalemme. Ora Abu Mazen si rifiuta di riprendere i negoziati diretti.

Spaccature violente. Hamas ha buttato fuori l’Autorità Palestinese dalla striscia di Gaza nel 2007 con un violento golpe sanguinoso e da allora ogni tentativo di riunificazione è fallito, mentre entrambe le fazioni continuano a imprigionare e torturare i sostenitori della parte avversa.

In effetti,a ben vedere, il mondo dovrebbe fare molta attenzione prima di appoggiare uno stato palestinese, giacché la speranza che si realizzi l’idilliaco sogno dello stato palestinese è destinata molto probabilmente a schiantarsi contro la realtà, proprio come la cosiddetta “primavera araba”.

(YnetNews, 23.9.11)

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