Uno scontro titanico in Medio Oriente

E non è certo quello fra arabi e israeliani

Da un articolo di Barry Rubin

image_1812Il Medio Oriente si trova in una nuova era, assai diversa dalla situazione politica e strategica a cui ci eravamo abituati per lungo tempo. Per 55 anni la regione ha vissuto sotto il predominio del nazionalismo arabo. Ogni regime arabo, ad eccezione forse del Sudan, è un regime arabo nazionalista governato fondamentalmente da quel sistema e dalla quella visione del mondo. Naturalmente sono regimi che hanno governato male, tradendo il loro impegno di unire il mondo arabo, di ridurre al minimo l’influenza dell’occidente, di distruggere Israele, di apportare rapidi progressi economici e sociali. Tuttavia sanno come restare al potere. Non si dimentichi che l’ultimo cambiamento di regime avvenuto dall’interno di uno stato arabo risale a 37 anni fa, quando Hafez Assad prese il potere in Siria. Da allora, sorprendentemente, quasi nulla è cambiato nell’ideologia, nella struttura politica, nell’organizzazione economica e sociale del mondo arabo.
E sono passati 28 anni anche dalla rivoluzione islamista che prese il potere in Iran. Da allora – anche se non solo in forza di quell’evento – l’islamismo è andato continuamente crescendo. Certamente ha subito anche delle battute d’arresto e, quasi trent’anni dopo, non è ancora riuscito a prendere il potere in nessun altro paese, almeno fino alla recente successo di Hamas a Gaza.
Ciò che è avvenuto adesso, però, è che l’estremismo islamista ha raggiunto una massa critica e pone una seria sfida al nazionalismo arabo come principale forza d’opposizione in tutti i paesi di lingua e cultura araba. L’islamismo gioca un ruolo chiave nel governo dell’Iraq; Hamas ha sconfitto Fatah sul fronte palestinese; Hezbollah è prossimo ad ottenere un potere perlomeno equivalente in Libano.
Per gli anni, probabilmente per i decenni a venire il Medio Oriente sarà squassato da un titanico scontro di potere fra nazionalismo arabo e islamismo. Questo scontro, certamente non quello arabo-israeliano, è il tema centrale e il fattore sotteso a tutte le controversie nella regione. E lo è per diverse ragioni.
Una è che la causa islamista oggi viene promossa da un’alleanza che comprende due regimi, Iran e Siria, più Hamas e Hezbollah che, a loro volta, controllano dei territori. Il governo siriano, tecnicamente “laico” e gestito dalla minoranza alawita, si comporta di fatto in politica estera come un governo islamista, se non altro per preservare il consenso della sua maggioranza islamica sunnita.
È folle pensare che questa alleanza Hamas-Iran-Siria-Hezbollah possa essere facilmente spezzata. Dopo tutto le sue componenti condividono ideologie e obiettivi, la cooperazione fra loro è reciprocamente vantaggiosa e – cosa non meno importante – sono convinti di poter vincere.
Storicamente c’erano due ostacoli che si frapponevano al tentativo iraniano di diventare la potenza egemone in Medio Oriente: la spaccatura fra arabi e persiani e quella fra sunniti e sciiti. Che ascendente poteva avere l’Iran, persiano e sciita, su arabi in maggioranza sunniti? L’alleanza Hamas-Iran-Siria-Hezbollah risolve questi problemi. Tre dei suoi quattro componenti fanno parte del mondo arabo, e Hamas è sunnita come lo è la maggioranza dei siriani. Se si aggiunge l’insurrezione araba sunnita in Iraq, la svolta appare ancora più chiara.
Il che non esaurisce le forze islamiste oggi all’opera per la conquista del potere nella regione. Altri elementi sono Al-Qaeda, soprattutto in Iraq dove collabora con la Siria, e l’Arabia Saudita.
Al-Qaeda, comunque, rappresenta più una minaccia sul piano terroristico che non in senso strategico. Giacché, rispetto ad altri islamisti, ha una sola tattica, la flessibilità, è improbabile che possa assumere il controllo di un intero paese.
Un terzo gruppo di elementi islamisti è costituito dai movimenti dei Fratelli Musulmani. Anche se Hamas è scaturita dal ramo palestinese della Fratellanza Musulmana, i loro omologhi egiziani, giordani e siriani non amano particolarmente l’Iran e gli sciiti. Tuttavia, anche loro mirano a trasformare gli stati nazionalisti arabi in stati islamisti. Anche se ricorrono alle elezioni per perseguire questo scopo, l’obiettivo rimane lo stesso.
Per capire oggi il Medio Oriente, bisogna considerare tutte le questioni nel quadro di questo scontro nazionalisti-islamisti. Se l’Iran otterrà armi nucleari, ciò aumenterà enormemente il potere dell’alleanza Hamas-Iran-Siria-Hezbollah, la disponibilità dei regimi arabi ad accondiscenderla e il reclutamento di islamisti di ogni genere un po’ in tutta la regione.
In Libano Hezbolalh, sostenuto dalla Siria, cerca di controllare il governo o per lo meno di esercitare un potere di veto sulle sue politiche. In Iraq, i rivoltosi sunniti sostenuti dalla Siria combattono gli sciiti, tra i quali l’Iran esercita una considerevole influenza. L’alleanza Hamas-Iran-Siria-Hezbollah scommette su entrambi i fronti, ma su entrambi punta a fare dell’Iraq uno stato cliente. Fra i palestinesi, Hamas persegue il pieno potere garantendo la continuazione della guerra contro Israele e cercando di cacciare Fatah dalla Cisgiordania.
Dall’altra parte, in teoria, vi sarebbero tutti i regimi arabi, Siria esclusa, e Israele. In pratica, però, queste forze sono tutt’altro che unite. I governi arabi cercheranno ciascuno di scendere a patti col “nemico” o comunque di perseguire i loro propri interessi. In privato possono anche essere ben contenti se Israele sconfigge Hamas o Hezbollah, ma certo non lo aiuteranno a farlo, né a fare la pace. Un esempio è l’Arabia Saudita. I sauditi combattono l’Iran, ma lo fanno dando soldi e manovalanza all’insurrezione in Iraq, o con il loro infausto tentativo di comprare Hamas mediando un accordo fra essa e Fatah. Tattiche che non sono di nessun aiuto, mentre l’incompetenza, la corruzione e la natura dittatoriale dei regimi arabi, unita alla loro propaganda in stile islamista, non fanno che alimentare sempre più l’opposizione.
Il che non vuol dire, tuttavia, che gli islamisti siano destinati a vincere. Non si devono sottovalutare i regimi nazionalisti arabi, e la stessa strategia islamista non è esente da grossi problemi. Ciò che è vitale, in ogni caso, è capire che la realtà del passato è superata, e che i miti che ancora troppo spesso dominano nel mondo dei mass-media e dell’accademia sono del tutto ingannevoli.

(Da: Jerusalem Post, 20.08.07)

Vedi anche:

Italia e politica mediterranea: la necessità di una scelta

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