Vittime civili e diritto internazionale

A differenza di Israele, Hamas non si fa scrupolo di usare i civili come bersagli e come scudi umani

image_2362Israele è coinvolto in un conflitto che non ha provocato. Anzi, un conflitto che ha cercato di prevenire ritirando tutti i suoi soldati e tutti i suoi ottomila civili dalla striscia di Gaza sin dall’estate del 2005. Ma è costretto a combattere per un’elementare forma di autodifesa, per proteggere i propri cittadini che sono stati e continuano ad essere deliberatamente attaccati dall’organizzazione terroristica Hamas.
Lo ricorda un comunicato del ministero degli esteri israeliano che aggiunge: “Hamas non fa il minimo sforzo di rispettare il diritto internazionale. Israele, al contrario, fa di tutto per mantenere la propria risposta entro i limiti della legalità. Ciò significa che, mentre Hamas non si fa scrupolo di usare i civili sia come bersagli che come ‘scudi umani’, viceversa Israele cerca di limitare il più possibile i danni patiti dai civili sia al proprio interno che fra i palestinesi”.
Il diritto internazionale ammette che possa verificarsi la morte o il ferimento di civili durante legittime operazioni militari. Per essere legale, un’operazione militare deve essere diretta contro un “legittimo obiettivo militare” ed essere “proporzionata”.
In base alle Convenzioni di Ginevra e al diritto internazionale consuetudinario, un legittimo obiettivo militare – come ad esempio una base di lancio di missili o un deposito di armi ed esplosivi – non cessa di essere un legittimo obiettivo militare anche se viene collocato nel cuore di un’area abitata da civili. La responsabilità delle vittime civili usate come “scudi umani” ricade interamente sulla parte che ha deciso di mettere deliberatamente a repentaglio la loro vita.
Il diritto internazionale richiede inoltre che un’operazione militare sia “proporzionata” al vantaggio militare stimato. Nel fare questa valutazione, la proporzionalità deve essere misurata non rispetto ad ogni singola azione, bensì alla luce della minaccia complessiva che l’operazione militare è chiamata a fronteggiare. Si tratta ovviamente di una stima complicata e difficile, che il diritto internazionale affida al discernimento del comandante sul campo nel pieno dei combattimenti chiamato a valutare tutti gli elementi, compresa la sicurezza delle sue forze militari.
“Israele – conclude il comunicato – ha adottato questi principi di fondo del diritto internazionale sui conflitti armati sia nell’addestramento che nella pratica militare. Accade spesso che le operazioni prospettate vengano cancellate proprio a causa di un rischio di colpire civili non proporzionato agli obiettivi militari. Da un esame della pratica internazionale in questo campo emerge chiaramente che le misure adottate da Israele, e il suo approccio alla proporzionalità, corrispondono o sono persino più rigorose di quelle adottate dalla maggior parte dei paesi occidentali tutte le volte che si trovano ad affrontare minacce analoghe”.

(Da: MFA, gennaio 2009)

Nella foto in alto: Civili israeliani sotto i razzi di Hamas ad Ashkelon