Ya’alon su Kerry: parole inappropriate, dolorose verità

L’accordo-quadro potrebbe essere disastroso per la sicurezza, ma se Israele insisterà a difendere i propri interessi vitali verrà incolpato per il fallimento delle trattative

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

Il Ministro della difesa israeliano Moshe Ya’alon e il Segretario di stato usa John Kerry

Il Ministro della difesa israeliano Moshe Ya’alon e il Segretario di stato Usa John Kerry

Il Segretario di stato Usa John Kerry agisce animato “da un’ossessione mal riposta e da fervore messianico: sarebbe meglio che vincesse il suo Nobel e ci lasciasse in pace”. Queste le parole che avrebbe detto il Ministro della difesa israeliano Moshe Ya’alon in una conversazione privata citata lunedì scorso da Yedioth Ahronoth. “Kerry non ha nulla da insegnarmi sul conflitto con i palestinesi” avrebbe aggiunto Ya’alon stando al reportage del quotidiano israeliano. E ancora: “Finora solo noi abbiamo dato qualcosa, la scarcerazione di assassini, mentre i palestinesi non hanno dato nulla. Il piano per la sicurezza che ci è stato presentato dagli americani non vale la carta su cui è scritto. Non porta né pace né sicurezza. Solo una nostra continua presenza in Giudea e Samaria (Cisgiordania) e nella valle del Giordano farà sì che l’aeroporto Ben-Gurion e Netanya non diventino il bersaglio di razzi da ogni direzione. Abu Mazen – avrebbe concluso il ministro israeliano – è vivo e vegeto grazie a noi. Nel momento in cui lasciassimo Giudea e Samaria, lui sarebbe finito”. Le parole attribuite al Ministro della difesa hanno suscitato vivaci critiche sia da parte di altri ministri del governo, come Tzipi Livni e Amir Peretz (di Hatnua), sia di esponenti dell’opposizione come Isaac Herzog e Omer Bar-Lev (laburisti). Martedì la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Jen Psaki, ha affermato: “Le dichiarazioni del ministro della difesa israeliano, se vere, sono offensive e inappropriate, soprattutto alla luce di tutto ciò che gli Stati Uniti stanno facendo per supportare le esigenze di sicurezza di Israele”. Martedì sera Ya’alon ha diramato una nota in cui afferma: “Non era mia intenzione offendere il Segretario di stato Kerry e mi scuso se è rimasto offeso dai commenti che mi sono stati attribuiti. Israele e Stati Uniti condividono l’obiettivo comune di far progredire la pace con i palestinesi, guidati dal Segretario di stato Kerry, e noi apprezziamo i grandi sforzi di Kerry verso questo obiettivo”.

Shimon Shiffer

Shimon Shiffer

Scrive Shimon Shiffer, su YnetNews: «È vero, la scelta del ministro della difesa di usare le parole “ossessivo” e “messianico” per descrivere il Segretario di stato americano non è stata carina, ma le sue dichiarazioni implicano qualcosa di positivo e di ben più importante delle buone maniere: un dialogo diretto e sincero con i cittadini israeliani. I nostri negoziati con i palestinesi, nei quali si discutono le questioni più cruciali relative alla sicurezza di Israele, si stanno svolgendo in un’insultante mancanza di trasparenza. Lo schema di accordo che stanno elaborando potrebbe tradursi in un disastro per la sicurezza di Israele, ma se insistiamo a difendere i nostri più vitali interessi verremo percepiti come i responsabili del fallimento delle trattative. Se le cose stanno così, non c’è da meravigliarsi che il ministro della difesa sia furibondo. Ma le dichiarazioni di Ya’alon celano un ulteriore messaggio che in realtà non è diretto a Washington, ma a Gerusalemme. Ya’alon esorta i suoi colleghi di governo Benjamin Netanyahu e Tzipi Livni a smetterla con il gioco di “far credere”, e iniziare a condividere con il pubblico israeliano che cosa sta accadendo dietro le quinte dei negoziati. O per essere più precisi, cosa non sta accadendo. Il Ministro della difesa sostiene che, in pratica, in questo momento non ci sono trattative in corso perché il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) rifiuta di riconoscere Israele come stato nazionale del popolo ebraico, rifiuta di rinunciare al cosiddetto “diritto al ritorno” e rifiuta di firmare un accordo che ponga fine a ogni ulteriore rivendicazione. Questa verità può essere dolorosa, ma qualcuno la doveva dire. Ed è ciò che ha fatto Ya’alon». (Da: YnetNews, 16.1.14)

Scrive Shalom Yerushalmi, su Ma’ariv: «Il Ministro della difesa è diventato il tacito affossatore del processo diplomatico. Ha smesso di crederci dopo gli accordi di Oslo e ora ha causato a Israele gravi danni diplomatici in un momento in cui il governo era in corsa, alla luce delle posizioni intransigenti dei palestinesi e delle ultime azioni terroristiche. Se il primo ministro Netanyahu decidesse di fare un passo storico e annunciare la divisione della terra, Ya’alon diventerebbe il potenziale leader dell’opposizione di destra all’interno del Likud e oltre, e si sta regolando di conseguenza». (Da: Ma’ariv, 15.1.14)

Ron Ben-Yishai

Ron Ben-Yishai

Scrive Ron Ben-Yishai, su YnetNews: «Cosa ha dunque spinto Ya’alon a fare delle dichiarazioni che hanno causato un danno allo stato di Israele e a lui personalmente? La risposta è: la frustrazione; e lui ha ottimi motivi per sentirsi frustrato. Innanzitutto, perché ritiene che le proposte e gli sforzi di Kerry danneggeranno Israele in ogni caso: se Israele accetterà il piano per la sicurezza di Kerry e del generale Allen, si ritroverà con una situazione della sicurezza piuttosto folle nella valle del Giordano e in Giudea e Samaria (Cisgiordania), che alla fine si trasformeranno in una seconda Gaza (più grande, più vicina al centro d’Israele, più pericolosa); d’altra parte, se Israele non accetterà i principi dell’accordo-quadro di Kerry diventerà il paese paria sulla scena internazionale, finendo col subire sanzioni e boicottaggi. Un altro motivo di frustrazione per Ya’alon è quello che può essere definito “l’enigma John Kerry”. Ya’alon, e con lui molti altri in Israele, sinceramente non capisce il motivo dietro a questa intensiva campagna di Kerry per arrivare a un accordo permanente israelo-palestinese. Ya’alon e non pochi ministri del governo israeliano ritengono che al momento non vi siano le condizioni per un accordo di questo tipo. Le turbolenze che lacerano il mondo arabo, il crescente tsunami di attivisti di al-Qaeda alle nostre frontiere, le ondate di profughi che investono Giordania, Turchia e Libano sono tutti fattori di eccezionale rischio per Israele nonché elementi che rendono Abu Mazen ben poco incline a firmare con Israele un accordo che in questa temperie politica potrebbe costargli persino la vita. Un terzo motivo di frustrazione è personale. Ya’alon è stato etichettato da Kerry e dal suo team come il principale ostacolo all’accordo-quadro. Ya’alon è contrario più che altro all’aspetto della sicurezza, ma in tutti i loro incontri con politici ed ex alti ufficiali israeliani lo descrivono come il capofila del partito dei guastafeste. Anche l’ex ambasciatore Martin Indyk, inviato personale di Kerry, non ha misurato le parole quando ha espresso la sua opinione su Ya’alon. Dunque la frustrazione di Ya’alon è del tutto comprensibile, ma come ministro della difesa dello Stato d’Israele doveva sapere che non gli è permesso esprimere tale frustrazione in pubblico, nemmeno indirettamente». (Da: YnetNews, 15.1.14)

Ben Caspit

Ben Caspit

Scrive Ben Caspit, su Jerusalem Post: «E’ comunque importante sottolineare che le critiche di Ya’alon sono del tutto legittime, e anche abbastanza convincenti. Conosco Ya’alon, ascolto di tanto in tanto le sue critiche e so che si basano su solide informazioni, valutazioni affidabili, su una vera e profonda convinzione e su una ferrea determinazione a proteggere la sicurezza di Israele. Non credo che Ya’alon si sbagli. Come al solito, la questione è il modo in cui sono state fatte quelle dichiarazioni: gli attacchi personali contro il Segretario di stato americano e il modo in cui la cosa è stata gestita in pubblico lasciano molto a desiderare. Ci sono buone probabilità che Yedioth Ahronoth abbia violato l’etica giornalistica nel divulgare quelle frasi dette in privato, rendendo un pessimo servizio a Ya’alon e al paese. D’altra parte, il giornale deve aver ritenuto che il diritto della gente di sapere facesse premio su tutto il resto, cosa che comunque a questo punto non ha più molta importanza.» (Da: Jerusalem Post, 16.1.14)

Dan Margalit

Dan Margalit

Scrive Dan Margalit, su Israel HaYom: «E’ stato un grave errore da parte di Ya’alon. Lui non ha negato le citazioni, ma ha cercato di spiegare. Gli Stati Uniti sono furiosi. […] Resta il fatto che indubbiamente molti israeliani, indipendentemente da partito e visione politica, sono convinti che Ya’alon abbia ragione quando avverte che non c’è un valido interlocutore palestinese per la pace. Questa settimana, a parte le frasi di Ya’alon, la vera notizia è stato il discorso con cui il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha escluso il riconoscimento di Israele come stato nazionale del popolo ebraico, ha ribadito la volontà di spaccare in due Gerusalemme per fare della parte est la capitale del futuro stato palestinese, e ha insistito sul cosiddetto “diritto” dei profughi palestinesi del 1948 e di tutti i loro discendenti a fare “ritorno” all’interno di Israele. Di recente John Kerry è volato in Arabia Saudita per convincere il re saudita a convincere Abu Mazen a riconoscere Israele come stato ebraico (come è correttamente indicato nel piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947). Ma Kerry non ha ottenuto risposta. In queste circostanze non si capisce il motivo per cui alcuni politici israeliani che fanno parte della coalizione di governo si ostinino a dire cose che fanno apparire Israele come la parte che rifiuta la pace». (Da: Israel HaYom, 15.1.14)

Uri Heitner

Uri Heitner

Scrive Uri Heitner su Israel HaYom: «Ognuno di noi dovrebbe conoscere la differenza tra ciò che può essere detto nel comfort della propria casa o fra amici intimi e ciò che può essere detto in pubblico. Anche i ministri di alto livello devono fare questa distinzione, soprattutto perché sanno che ciò che viene detto potrebbe causare non solo imbarazzo, ma anche danni. E’ incredibile che il Ministro della difesa Ya’alon abbia detto quello che ha detto circa il Segretario di stato John Kerry, anche se non pensava che tali sconsiderate dichiarazioni potessero essere pubblicate. Ya’alon lo ha capito e ha chiesto scusa a Kerry per le sue parole offensive (anche se non ha chiesto scusa per la sostanza delle sue dichiarazioni). Capita a volte che vi siano conflitti di interesse tra gli Stati Uniti e i loro alleati strategici, e l’attrito è inevitabile. Capita a volte che Israele debba questionare con gli Stati Uniti su temi essenziali, come il pericoloso accordo sul nucleare firmato tra le potenze occidentali e l’Iran. In generale, tuttavia, è meglio che Israele e Stati Uniti risolvano le loro controversie in modo discreto. La valle del Giordano è qualcosa che dobbiamo difendere in modo combattivo, anche a costo di attriti con gli Usa. Il vitale interesse di Israele sulla valle del Giordano esorbita dall’ambito del compromesso territoriale. Il compromesso territoriale, con cui Israele dovrebbe ritirarsi dai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania) con consistente popolazione palestinese, deve prevedere un controllo israeliano sulla valle del Giordano: solo in questo modo Israele può preservare confini concretamente difendibili sulla base di una realistica profondità strategica. Dati l’instabilità e i tumulti in Medio Oriente, allo stato attuale non possiamo nemmeno sapere chi sarà al potere in Giordania o in Iraq fra uno o due anni. Per scongiurare la prospettiva di doversela vedere con un’entità nelle mani di al-Qaeda che si estendesse senza interruzione dal Pakistan, a est, fino a ridosso dell’autostrada israeliana numero 60 e dell’aeroporto di Tel Aviv, Israele deve mantenere un controllo sulla valle del Giordano. L’idea di cedere completamente questo territorio dovrebbe essere esclusa dall’ordine del giorno. Il controllo sulla valle del Giordano è una questione discussa tra Israele e Stati Uniti, ma se non resterà altra scelta sarà giustificato anche un legittimo confronto con Washington, che però dovrà essere gestito attraverso i canali diplomatici. Dichiarazioni come quelle di Ya’alon spostano la discussione da ciò che è essenziale a ciò che è accidentale, ostacolano le ragioni di Israele, danneggiano la sua immagine e creano inutili tensioni nelle relazioni bilaterali». (Da: Israel HaYom, 16.1.14)

Gonen Ginat

Gonen Ginat

Scrive Gonen Ginat, su Yisrael Hayom: «Il ministro della difesa Moshe Ya’alon si è scusato. Doveva farlo. Ma gli israeliani comuni sono esentati dal galateo diplomatico, liberi di chiarire agli americani quello che gli americani in ogni caso sanno già, abituati come sono a consultare i sondaggi d’opinione: e cioè che la stragrande maggioranza degli israeliani ritiene che Ya’alon, prima delle scuse, abbia detto la verità. Ritengono che avesse ragione. Gli americani sono furiosi, ma quando il polverone si sarà diradato è bene che lo sappiano: la maggior parte di noi la pensa come Ya’alon, l’uomo che ha detto non solo ciò che pensa, ma anche ciò che pensa la maggior parte di noi. Ya’alon non è mai stato un forbito oratore. Forse è stato anche un po’ ingenuo. In effetti molto ingenuo, se ha creduto di poter parlare apertamente con un giornalista di Yedioth Ahronoth senza che le sue parole trapelassero. La realtà è che non siamo abituati a un politico che dice la verità. La domanda è: e se avesse ragione? In effetti la maggior parte degli israeliani concorda generalmente sul fatto che gli americani capiscono ben poco di Medio Oriente, e che l’attuale amministrazione si è valsa della cosiddetta “primavera araba” per dimostrare che non sa che pesci pigliare. Siamo tutti d’accordo che il primo ministro non può dire in pubblico quello che la maggior parte di noi pensa dei riservatissimi sforzi di Kerry, ma forse era giusto che qualcun altro si prendesse la briga di spiegare agli americani che il loro comportamento è discutibile. Nei giorni scorsi l’Autorità Palestinese, guidata dal presidente Abu Mazen, ha sfoggiato disprezzo facendo a pezzi, di fatto, e calpestando la proposta di Kerry. Abu Mazen ci ha fatto sapere che non è disposto a rinunciare a nulla, soprattutto al sogno di annullare lo stato ebraico. Come conferma ogni sondaggio, la maggioranza degli israeliani non ha fiducia in questi negoziati, non ha fiducia in Abu Mazen e non crede affatto che la pace sia dietro l’angolo. Cosa c’è dunque di così sbagliato se Ya’alon mette queste preoccupazioni sul tappeto?» (Da: Israel HaYom, 15.1.14)