8 ottobre 2020

L’Unione Europea condiziona aiuti aggiuntivi all’Autorità Palestinese al fatto che questa accetti le entrate fiscali che Israele (in base agli accordi) riscuote per conto dei palestinesi e poi trasferisce a Ramallah. Lo ha riferito l’agenzia Axios, citando fonti diplomatiche israeliane ed europee. I palestinesi stanno rifiutando entrate fiscali per centinaia di milioni, aggravando significativamente i loro problemi finanziari: dapprima perché Israele tratteneva la quota destinata dall’Autorità Palestinese a terroristi e famigliari di terroristi, più di recente perché il governo israeliano ha ventilato l’intenzione, in assenza di negoziati, di annettere porzioni di Cisgiordania. Da allora Israele ha accumulato oltre 2,5 miliardi di shekel che l’Autorità Palestinese si rifiuta di ricevere. In segno di protesta i palestinesi hanno anche annunciato l’interruzione del coordinamento civile e di sicurezza con Israele. La ventilata annessione è stata congelata lo scorso agosto nel quadro dell’accordo di normalizzazione fra Israele ed Emirati Arabi Uniti. Secondo Axios, il rappresentante della politica estera dell’Unione Europea Josef Borrell ha telefonato mercoledì al presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen e gli ha detto che l’Europa non offrirà ulteriore assistenza finanziaria né prestiti finché l’Autorità Palestinese non avrà accettato le tasse trasferite da Israele. Anche Giordania ed Egitto, oltre a Germania Regno Unito e Norvegia, hanno trasmesso messaggi analoghi ai palestinesi. Borell avrebbe anche esortato il presidente palestinese a riprendere il coordinamento con Israele. Secondo le fonti, la risposta di Abu Mazen è stata evasiva.