12 ottobre 2021

E’ stato portato alla luce, a Yavne, quello che si presenta come il più grande e sofisticato impianto per la produzione di vino mai trovato del periodo bizantino. Lo ha annunciato lunedì l’Authority israeliana per le Antichità spiegando che la fabbrica, comprendente cinque imponenti torchi per il vino, grandi piani per pigiare l’uva, due enormi tini ottagonali per raccogliere il liquido e fornaci per produrre giare, veniva utilizzata per produrre il leggendario vino della regione noto come vino di Gaza o di Ashkelon dal nome dei porti da cui veniva esportato in tutto il Mediterraneo. Gli esperti stimano che l’impianto producesse fino a due milioni di litri di vino all’anno. Situata nella parte centrale del paese, 1.500 anni fa Yavne era una città importante, ricorda Jon Seligman, co-direttore degli scavi insieme a Elie Haddad e Liat Nadav-Ziv. “Era innanzitutto una città cristiana – dice Seligman – ma sappiamo che nello stesso periodo vi abitavano anche ebrei e samaritani. Si trovava su quella che all’epoca era un’importante via commerciale che andava da nord a sud, chiamata strada del mare”. Dopo la distruzione di Gerusalemme per mano dei Romani nel 70 e.v., il rabbino Yochanan Ben Zakkay trasferì il Sinedrio a Yavne, dove sono stati scoperti anche i resti di un altro torchio risalente a circa 2.300 anni fa a riprova della lunga tradizione della città nella produzione di vino, attestata anche nella Mishnà. “Abbiamo trovato anche i resti di altre industrie – aggiunge Seligman – come la produzione di vetro e metallo, e resti di altri periodi come una casa del IX secolo e alcuni altri edifici del periodo intermedio tra periodo bizantino e periodo islamico”.

Vista aerea dell’impianto bizantino scoperto a Yavne (clicca per ingrandire)

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