30 dicembre 2020

Centinaia di palestinesi hanno devastato un sito architettonico restaurato lo scorso anno con il finanziamento dell’Unione Europea. Nei giorni scorsi molti palestinesi si sono radunati nel sito storico noto come Maqam Nabi Musa (Tomba del Profeta Mosè), dopo aver saputo che era stato usato da giovani palestinesi per tenere una festa musicale. Il complesso, situato vicino a Gerico, 20 km a est di Gerusalemme, è costituito da un santuario e una moschea costruiti da un sultano mamelucco nel 1269, ed è passato sotto Autorità Palestinese nel 1995. Usato come centro per la riabilitazione di tossicodipendenti di Gerusalemme est e Cisgiordania, era abbandonato da molti anni quando un anno fa è stato rinnovato dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) con un progetto da 5 milioni di euro finanziato dall’Unione Europea, che lo ha trasformato in una pensione per turisti e pellegrini. Ciò nonostante, i palestinesi che hanno vandalizzato hanno accusato gli organizzatori della festa d’aver dissacrato la fede musulmana perché partecipavano uomini e donne insieme e veniva venduto alcool. A seguito delle proteste, domenica le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese hanno arrestato Sama Abdel Hadi, 30 anni, DJ techno palestinese di fama internazionale, e hanno costituito una commissione d’inchiesta per scoprire chi aveva dato il permesso. La famiglia di Abdel Hadi ha dichiarato che il permesso era stato dato lo scorso 17 dicembre dallo stesso Ministero del turismo e delle antichità dell’Autorità Palestinese. Il Direttore Generale del ministero, Jehad Yasin, aveva persino ringraziato Abdel Hadi per il suo coinvolgimento nell’organizzare eventi di musica techno nei siti del patrimonio palestinese. “Maqam Nabi Musa è solo un sito archeologico e storico – ha commentato la giornalista e scrittrice palestinese Nadia Harhash – Se fossi al posto dell’Unione Europea e dell’UNDP, sospenderei il finanziamento di tutti i progetti all’Autorità Palestinese e chiederei un risarcimento per i danni causati al sito”.

I mobili del sito portati all’esterno e incendiati dai dimostranti palestinesi (clicca per ingrandire)