50 miliardi di motivi per cui i capi palestinesi respingono il piano economico “pace per la prosperità”
Come potrebbero Olp e Autorità Palestinese accettare un piano che mette in evidenza i loro 25 anni di rovinosa leadership?
Di Maurice Hirsch
Quando si legge il testo Peace to Prosperity, il piano economico americano per promuovere la pace tra Israele e palestinesi, la prima domanda che viene in mente è: perché mai Abu Mazen e le sue Autorità Palestinese e Organizzazione per la Liberazione della Palestina lo respingono?
Nello stabilire gli obiettivi e il percorso per investimenti da 50 miliardi di dollari, il piano, che è chiaramente ancorato ai paradigmi di base degli Accordi di Oslo, sembrerebbe dare ai palestinesi quasi tutto ciò che vogliono. Lungi dall’essere una visione esclusivamente “economica” per lo sviluppo della Palestina, Peace to Prosperity incorpora temi di natura squisitamente politica favorevoli alla “narrativa” palestinese a scapito di Israele.
Il piano fa ripetutamente riferimento all’area che Israele ha conquistato ai giordani nella guerra dei sei giorni del ’67 come “la Cisgiordania”, usando cioè il termine coniato dai giordani e adottato dai palestinesi per indicare quella parte della Terra d’Israele a cui Israele continua a fare riferimento con i nomi di Giudea e Samaria (usati per secoli, fino a tutta la prima metà del secolo scorso ndr). Il piano discute la necessità e gli aspetti pratici di un collegamento fisico tra Cisgiordania e striscia di Gaza che consenta la libera circolazione di merci e palestinesi fra le due aree.
Andando persino oltre gli Accordi di Oslo, il piano americano presuppone un controllo palestinese indipendente sui valichi di frontiera dello stato palestinese, garantendo ai palestinesi la possibilità di riscuotere le tasse di importazione. Attualmente, in base agli accordi finora firmati, è Israele che controlla i valichi di frontiera esterni e riscuote tutte le tasse d’importazione, che vengono poi trasferite all’Autorità Palestinese.
Trattando dello sviluppo palestinese in Cisgiordania, il piano prevede essenzialmente l’estensione del controllo palestinese al di là delle aree che governano oggi, fino alle aree che attualmente (in base agli Accordi di Oslo) sono sotto esclusiva giurisdizione israeliana. Questi piani di sviluppo comprendono l’apertura di nuove strade e la costruzione di aree industriali e residenziali.
Oltre a questi e ad altri progetti, il piano Peace to Prosperity fa un’importante affermazione fattuale che rappresenta l’adozione da parte americana della narrativa Olp/Autorità Palestinese. Parlando dello sviluppo dell’industria manifatturiera palestinese, il piano fa riferimento a un “artigianato palestinese” che risponde alla domanda di mercato da “centinaia di anni”. Un’affermazione ardita, che molti metterebbe in discussione rinviando per esempio gli autori del piano alle parole dello storico palestinese Abd Al-Ghani Salameh (citate da Palestinian Media Watch), il quale afferma che al tempo della Dichiarazione Balfour, ovvero nel 1917, poco più di 100 anni fa, “non c’era nulla che si potesse chiamare popolo palestinese”.
Poiché il piano adotta la terminologia e la narrativa palestinesi, ed è spesso implicitamente critico nei confronti di Israele, rimane la domanda: perché la dirigenza palestinese lo respinge?
Al momento, la dirigenza palestinese è spaccata in due: Hamas, un’organizzazione designata come terrorista a livello internazionale, e il binomio Olp/Autorità Palestinese. Hamas, che ha vinto le ultime elezioni palestinesi e controlla la striscia di Gaza, respinge il piano in quanto è guidata dal principio islamista della jihad, la guerra santa contro gli infedeli, e rifiuta esplicitamente il diritto stesso di Israele ad esistere. Qualsiasi piano che non preveda la cancellazione di Israele dalla faccia della terra è e sarà sempre inaccettabile per Hamas e affini.
Anche il rifiuto del piano da parte di Olp/Autorità Palestinese non ha nulla a che fare con il suo contenuto sostanziale. Se rifiutano il piano è perché esso afferma chiaramente, anche se in modo elegante, che negli ultimi 25 anni i capi di Olp e Autorità Palestinese hanno tradito il loro popolo. Nel momento in cui presenta “una nuova visione per il popolo palestinese”, il piano Peace and Prosperity si concentra appunto sul popolo palestinese, e non sulla fallimentare dirigenza Olp/Autorità Palestinese. Questo approccio emerge con chiarezza sin dalle prime frasi del testo. Criticando l’eterna narrativa vittimistica di Olp/Autorità Palestinese, il piano propone di inaugurare “un nuovo capitolo nella storia palestinese che non sia contraddistinto da calamità e perdita, ma da libertà e dignità”. Questo approccio mina alla base il messaggio che la dirigenza Olp/Autorità Palestinese ha inviato ai palestinesi per decenni, attribuendo tutti i loro guai sempre e solo alla “occupazione” israeliana e assolvendo se stessa da ogni responsabilità. Le riforme suggerite dal piano per i sistemi legale, educativo e sanitario palestinesi riflettono le critiche profonde e perfettamente giustificate ai sistemi rovinosi, iniqui e inefficaci creati in questi anni dalla dirigenza Olp/Autorità Palestinese abusando dei miliardi di dollari di aiuti arrivati dai donatori.
Ignorando queste critiche, il rifiuto definitivo del piano da parte di Olp/Autorità Palestinese è arrivato quando gli autori americani hanno osato affermare che i capitali raccolti non sarebbero stati assegnati direttamente a loro, ma sarebbero stati “amministrati da una banca multilaterale di sviluppo” che ne avrebbe assicurato un’allocazione efficiente ed efficace in modo che “tutti i palestinesi, non solo quelli ricchi e influenti, potranno condividere i benefici della pace”. Questa clausola, che vede il “palestinese della strada” godere dei frutti della pace incluso il piano per investimenti da 50 miliardi di dollari a favore di pace e prosperità, è la vera ragione del rifiuto della proposta americana da parte di Olp e Autorità Palestinese. Per anni, i dirigenti palestinesi e i loro compari si sono riempiti le tasche coi milioni dei donatori. E questo, stando al piano, verrebbe a finire.
Dunque, per dirla in breve, vi sono 50 miliardi di ragioni per cui i dirigenti di Olp e Autorità Palestinese respingono il piano Peace for Prosperity.
(Da: Times of Israel, 30.56.19)