70% degli israeliani favorevole a uguali diritti per i gay

Lo rileva un sondaggio su adozioni e maternità surrogata, mentre si riaccende il dibattito sul matrimonio civile

Gay Pride a Gerusalemme, 1 agosto 2013

Gay Pride a Gerusalemme, 1 agosto 2013

Il 70% degli israeliani si dice favorevole a “uguali diritti” per i gay e le coppie omosessuali. È quanto emerge da un sondaggio pubblicato domenica dal quotidiano Ha’aretz. La risposta, tuttavia, non include necessariamente il diritto al matrimonio.

Il sostegno all’uguaglianza di diritti risulta relativamente alto su tutta la gamma degli intervistati, con l’89% di favorevoli fra gli intervistati “laici”, il 72% fra gli intervistati “tradizionalisti” e il 46% fra coloro che si definiscono “religiosi” e fra gli arabi israeliani. I livelli di sostegno più bassi si registrano nella comunità “ultra-ortodossa”, con solo l’8% che si dichiara a favore di un più ampio riconoscimento dei diritti dei gay.

Mercoledì scorso la Ministra della sanità Yael German ha annunciato l’intenzione di presentare un disegno di legge che consenta a singoli non sposati e a coppie gay di diventare genitori ricorrendo a “madri surrogate” (rigorosamente non a pagamento), anziché essere costretti a trovare madri surrogate al di fuori del paese (una pratica assai più costosa e complicata). Secondo il sondaggio, è a favore di questa proposta il 64% degli israeliani in generale: tra questi, anche il 66% di coloro che si definiscono “tradizionali” e il 42% degli intervistati “religiosi”.

Ancora più elevato il numero di favorevoli sulla questione dell’adozione: il 66% della popolazione totale, il 67% di quella “tradizionalista” e il 55% di quella “religiosa” si dichiara favorevole a permettere l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.

Yael German, Ministra della israeliana sanità

Yael German, Ministra israeliana della sanità

Il disegno di legge della ministra German va ad aggiungersi a una serie di provvedimenti avanzati da alcuni partiti della coalizione di governo, volti a liberalizzare la legislazione israeliana in fatto di matrimonio. Il disegno di legge è stato dibattuto domenica dalla Commissione ministeriale per la legislazione insieme a un altro, recentemente rilanciato, che mira a vietare ogni forma di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, e a un terzo provvedimento che invierebbe automaticamente i casi di divorzio al tribunale civile di famiglia, a meno che entrambe le parti non decidano di rivolgersi a un tribunale religioso.

La questione dell’ampliamento dei diritti dei gay è diventata materia di scontro in seno al governo in carica, in particolare fra il partito Yesh Atid (di Yair Lapid) e il partito Bayit Yehudi (di Neftali Bennet). Lo scorso ottobre i ministri di Yesh Atid avevano proposto una legge che introdurrebbe in Israele un sistema di matrimonio civile separato e indipendente dal sistema attuale basato sui matrimoni religiosi. Il partito Bayit Yehudi è contrario a cambiare lo status quo, che vede il diritto di famiglia inquadrato nel diritto religioso, e basandosi sugli accordi di coalizione esercita un diritto di veto contro proposte di legge in questa direzione.

Attualmente tutti i matrimoni contratti in Israele sono giuridicamente validi solo se vengono statuiti da istituzioni religiose ufficiali: il rabbinato ebraico, enti del diritto islamico, corti di diritto canonico cattolico, le istituzioni di un piccolo gruppo di altre confessioni religiose riconosciute e sovvenzionate dallo Stato. Attualmente chi non desidera o non può sposarsi davanti a tali istituzioni, come è il caso delle coppie omosessuali, ha solo la possibilità di sposarsi all’estero.

Circa il 59% degli israeliani intervistati si è dichiarato a favore di una soluzione legislativa per il matrimonio gay: un dato sostenuto quasi interamente dalle alte percentuali di favorevoli fra “laici” e “tradizionalisti”. Ma a differenza di altre questioni relative ai diritti dei gay, la questione del matrimonio non raccoglie un sostegno nemmeno moderato tra i “religiosi”, gli” ultra-ortodossi” e gli arabi israeliani.

(Da: Times of Israel, 15.12.13)