A chi importa quando l’Autorità Palestinese vìola i diritti umani?

Per la comunità internazionale, la Corte dell'Aia, la stampa e le ong dei diritti umani, le persone indifese e senza diritti nella società palestinese sono un piccolo inconveniente da sacrificare sull'altare della diffamazione di Israele

Di Nitsana Darshan-Leitner

Nitsana Darshan-Leitner, autrice di questo articolo

Negli ultimi dieci anni, l’Autorità Palestinese ha investito notevoli energie per presentarsi a livello internazionale come “campione dei diritti umani” e vittima di violazioni dei diritti umani da parte di Israele. In particolare, dopo aver ottenuto lo status di “Stato non membro osservatore” dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’Autorità Palestinese ha aderito a una serie di convenzioni internazionali relative ai diritti umani, tra cui lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale dell’Aia e la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti (“Convenzione sulla tortura”). Il suo obiettivo nel sottoscrivere queste convenzioni era duplice: affermate lo status dell’Autorità Palestinese come Stato sovrano e, cosa più importante, usare quelle convenzioni come uno strumento con cui dare addosso a Israele.

Ma il ricorso da parte dell’Autorità Palestinese a questi forum internazionali è cinico e ipocrita. L’Autorità Palestinese è mossa da tutto tranne che da un’autentica volontà di aderire ai diritti umani e rispettarli. Chiunque dia uno sguardo alla condizione dei diritti umani nell’Autorità Palestinese vede una realtà spaventosa: la tortura nelle carceri palestinesi non è che uno degli esempi delle sue eclatanti violazioni di diritti umani fondamentali. La situazione nell’Autorità Palestinese per le donne, i bambini, gli omosessuali e le minoranze è persino peggiore. Secondo la legge palestinese, un marito può violentare la moglie. Le donne sono costrette a sposare lo stupratore che le ha messe incinte. Gli omosessuali vengono brutalmente perseguitati e i cosiddetti “delitti d’onore” sono ancora diffusi e in gran parte scagionati. Queste e molte altre ingiustizie sono all’ordine del giorno nell’Autorità Palestinese, e possono contare sull’indulgenza da parte delle autorità.

Manifestazione di donne palestinesi a Ramallah per chiedere protezione legale contro i cosiddetti “delitti d’onore”

Particolarmente inquietante è la congiura del silenzio da parte degli altri paesi, dei mass-media internazionali e dei gruppi internazionali per i diritti umani. Non solo chiudono sempre un occhio su queste violazioni di cui sono perfettamente a conoscenza, ma in modo ossessivo ne attribuiscono la colpa principalmente all’”occupazione israeliana”.

Il problema della tortura nelle carceri palestinesi, ad esempio, non è certo una novità. Già nel 2015 la nostra ong Shurat Hadin-Israel Law Center ha presentato alla Corte penale internazionale una dettagliata denuncia sulla questione. Eppure, nonostante la denuncia, la questione è svanita nel nulla quando il Procuratore generale ha annunciato la lista dei casi su cui intendeva indagare. La tortura nell’Autorità Palestinese non figurava nell’elenco. In cima alla lista di priorità c’erano, invece, i “crimini contro l’umanità” attribuiti a Israele.

Dal punto di vista degli altri paesi, il mondo può continuare a girare allo stesso modo: l’Autorità Palestinese continua con le sue gravi violazioni dei diritti umani, continua a ricevere centinaia di milioni di dollari all’anno, continua ad aprire ambasciate e consolati in tutto il mondo come se fosse uno Stato e il suo presidente Abu Mazen (in carica dal gennaio 2005 per un mandato di 4 anni prolungato fino ad oggi senza elezioni ndr) continua a essere accolto con tutti gli onori durante le sue visite ufficiali. Dal loro punto di vista, le centinaia di persone torturate a morte e assassinate dall’Autorità Palestinese non valgono un solo Jamal Khashoggi.

Questa congiura del silenzio svela l’ipocrisia degli altri paesi, della Corte penale internazionale, della maggior parte dei mass-media e delle organizzazioni per i diritti umani: tutti incuranti dei loro doveri e pronti a sacrificare i loro principi sull’altare della diffamazione di Israele, purché non venga torto un capello ad Abu Mazen e all’Autorità Palestinese. Per loro, tutta quella gente indifesa e senza diritti nella società palestinese è solo un piccolo inconveniente di secondaria importanza.

(Da: Israel HaYom, 29.6.22)