A pochi metri da noi

47 anni fa i capi arabi rifiutarono di negoziare con Israele. Da allora hanno portato i loro paesi sull'orlo della distruzione

Di Boaz Bismuth

Jihadisti qaedisti del fronte anti-Assad “Jabhat al-Nusra” issano la bandiera dell’organizzazione terroristica nei pressi del valico di frontiera di Quneitra con Israele

Sono già qui, appena oltre il confine, a pochi metri di distanza. Gli operativi del Fronte Nusra, un ramo siriano di al-Qaeda che sta combattendo il regime di Assad, hanno conquistato posizioni vicino al valico di Quneitra, a pochi metri dal confine d’Israele. E ci sventolano davanti agli occhi la bandiera nera del gruppo jihadista. Come se non bastassero le bandiere verdi di Hamas nel sud e le bandiere gialle di Hezbollah al confine con il Libano a nord. Alla fine è emerso davvero un “nuovo Medio Oriente”: gli stati arabi si stanno disintegrando e vengono sostituiti da un rigoglioso terrorismo. Dalla padella alla brace.

Solo una realtà surreale come quella del Medio Oriente poteva metterci in condizione di provare pena per i soldati iracheni e siriani, acerrimi nemici di Israele, presi prigionieri dall’ISISI, lo “Stato Islamico (in Iraq e nel Levante)”, come si è visto giovedì in un video diffuso dal gruppo islamista sunnita che ha catturato centinaia di soldati siriani in una base aerea nel nord del paese, e li ha macellati come animali.

Ultimamente non c’è limite agli orrori, in questa parte del mondo. Assad potrebbe sopravvivere a Damasco, ma l’unità territoriale della Siria non sopravvivrà. La crisi in Siria potrebbe persino portare l’ISIS ai nostri confini. E quelli, a differenza dei miliziani del Fronte Nusra, non accetteranno di condividere le posizioni con organizzazioni più moderate come accade oggi. In parole povere, le cose potrebbero peggiorare ancora. Tra l’altro, tutta la zona cuscinetto monitorata dalle Nazioni Unite, in vigore dal 1974, sta andando in frantumi insieme con l’esercito siriano.

Summit arabo di Kartoum, 1967. Da sinistra: re Feisal dell’Arabia Saudita, il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, il presidente dello Yemen Abdullah al-Sallal, l’emiro del Kuwait Sabah III Al-Salim Al-Sabah, il presidente dell’Iraq Abdul Rahman Arif Aljumaily

Oggi i paesi arabi potrebbero rimpiangere la decisione che presero a Khartoum nell’agosto 1967, dopo la guerra dei sei giorni, quando si rifiutarono di accettare l’offerta di Israele di negoziare il territorio in cambio della pace. All’opposto, ricevemmo i famosi “tre no” di Khartoum: no alla pace con Israele, no al riconoscimento di Israele, no al negoziato con Israele. Oggi, 47 anni dopo, dove hanno portato i loro paesi questi capi? Al collasso. E ad essere conquistati da spietate organizzazioni terroristiche. Un accordo di pace come quello prospettato da Israele nel 1967 avrebbe probabilmente aperto anche alla Siria nuovi orizzonti. Ma la Siria, come il resto degli stati arabi, pensava che sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe sbaragliato Israele, e per intransigenza boicottò persino la conferenza di Khartoum, anche se vi mandò il suo ministro degli esteri in qualità di osservatore.

Oggi il terrorismo sta sbaragliando la Siria, se non ancora Assad. Il problema è che noi, loro vicini di casa, rischiamo di venire trascinati nel vortice. Abbiamo appena avuto 50 giorni di combattimenti per constatare che il terrorismo non può essere messo K.O. E in un’epoca globale molto oscura, questa peste non fa che rafforzarsi. Come se non bastasse, il problema per noi è duplice. Non solo il terrorismo diventa più forte, ma l’Occidente cieco vede in Assad e nell’Iran – entrambi noti sostenitori del terrorismo – degli alleati nella guerra contro di esso. Solo in un mondo in cui l’Occidente vede il Qatar come il possibile pompiere per spegnere gli incendi può accadere qualcosa di simile.

Nel frattempo, la bandiera nera jihadista sventola appena al di là del confine, davanti alla nostra bandiera bianca e azzurra. Non è per nulla piacevole, e non butta affatto bene.

(Da: Israel HaYom, 29.8.14)

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