A proposito di linciaggi

Condanna morale e giudiziaria, pedagogia anti-razzismo: è da questo che si giudica una società.

Di Ruthie Blum

image_3522Una settimana fa, in tarda serata, un branco di teppisti minorenni ciondolava in una piazza centrale di Gerusalemme alla ricerca di guai per far colpo sulle ragazze. Il più anziano aveva 19 anni, il più giovane 13. Mentre chiacchieravano, ovviamente bevendo e fumando (com’è d’uso tra ragazzi di quella età che sono in giro dopo mezzanotte mentre i loro genitori sono a casa a dormire), una delle ragazze s’è messa a raccontare d’essere stata violentata da un arabo un paio di settimane prima. Bizzarra idea quella di raccontare una storia del genere in quel contesto, ma tant’è, certi adolescenti hanno un modo tutto loro di darsi delle arie. La “rivelazione” ha avuto l’effetto desiderato, scatenando nei maschi, tronfi, una tempesta al testosterone. E nel chiaro intento di mettersi in mostra e di sfogarsi, hanno improvvisato una caccia all’arabo per conto della ragazza, e per cercare vendetta. Sfortuna ha voluto che tre giovani arabi incrociassero in quel momento il gruppo di delinquenti minorenni. Improvvisamente è scoppiato l’inferno. La ragazzina pare abbia gridato: “Sono quelli che mi hanno violentata”. I giovani arabi, minacciosamente circondati dai ragazzi ebrei, hanno cercato di scappare, ma uno è inciampato, è stato raggiunto ed è stato pestato selvaggiamente fino a fargli perdere conoscenza. Se l’è cavata solo perché un altro ragazzo israeliano, studente di medicina, è intervenuto con risolutezza e s’è messo fargli il massaggio cardiaco fino all’arrivo dell’ambulanza.
Nei giorni successivi ogni agente di polizia, ogni politico, ogni commentatore, ogni cittadino israeliano ha condannato quello che è stato definito senza mezzi termini un tentativo di “linciaggio”, coprendo di disprezzo e biasimo i responsabili. È stata prontamente costituita una squadra investigativa speciale che nel giro di poche ore ha compiuto i primi arresti. Il presidente Shimon Peres ha dichiarato che un tale crimine infrange la legge e la morale ebraica. Il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, ha denunciato il fatto promettendo alla popolazione che la polizia avrebbe “trascinato in tribunale tutti gli aggressori”. “In Israele – ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu – non siamo disposti a tollerare il razzismo, né a tollerare la combinazione di razzismo e violenza. Si tratta di qualcosa che non possiamo accettare in quanto ebrei e in quanto israeliani, e lo condanniamo a parole e coi fatti. Porteremo rapidamente davanti alla giustizia i responsabili di questo spregevole episodio. Lo ripetiamo nel modo più chiaro possibile: Israele è uno stato democratico e civile in cui, quando capitano atti come questo, l’intero paese e tutti i suoi leader prendono posizione uniti contro tali fenomeni. E continueremo a farlo: continueremo ad opporci senza mezzi termini a razzismo e violenza”. Il ministro per gli affari strategici Moshe Ya’alon ha parlato di “un crimine dettato dall’odio, contrario a valori e morale ebraici, e che rappresenta innanzitutto un fallimento etico ed educativo”. Il ministro dell’istruzione Gideon Saar ha dato disposizione perché, alla ripresa della scuola, si svolgano dibattiti con gli studenti sul tentativo di linciaggio dell’arabo a Gerusalemme. “E’ un fatto molto grave e inquietante – ha detto Saar – tanto per il livello di violenza che per il suo carattere razzista. La pubblica istruzione deve dare una risposta forte, etica e pedagogica, su questo tema”.
Giusto. E infatti la madre del giovane ferito, che si trova ancora in terapia intensiva all’ospedale Hadassah sebbene abbia ripreso conoscenza e sia in via di guarigione, può star certa che le ragazze e i ragazzi ebrei che si sono resi responsabili di questa violenza saranno trattati nel modo più severo che la legge prevede per la loro età.
Facciamo ora un salto indietro di dodici anni, quando ebbe luogo un altro linciaggio a circa mezz’ora di auto dalla scena del pestaggio di settimana scorsa. Era il 12 ottobre 2000 e due riservisti in servizio come autisti nella Forze di Difesa israeliane sbagliando strada finirono nella città palestinese di Ramallah, dove incapparono in un posto di blocco dell’Autorità Palestinese (già, i posti di blocco non sono una prerogativa israeliana). Anziché essere semplicemente rimandati indietro come è accaduto ad altri veicoli incappati nello stesso errore, i due giovani vennero arrestati e portati in una vicina stazione della polizia palestinese. Quando si diffuse la notizia che due israeliani si trovavano in quel luogo, una folla di più di mille palestinesi esagitati prese d’assalto l’edificio. Quello che seguì fu uno scempio come raramente si è visto persino in questa regione straziata dal terrorismo. I due vennero picchiati, accoltellati, strangolati, letteralmente sventrati. La polizia palestinese non intervenne, ed anzi alcuni poliziotti preso parte al delirante macello. Quando i due infine morirono, uno degli assassini si affacciò alla finestra mostrando le mani lorde di sangue alla folla in visibilio. Per la gioia della quale, poco dopo, uno dei corpi venne gettato dalla finestra nella strada sottostante dando la possibilità, a chi non aveva potuto partecipare al linciaggio vero e proprio, di accanirsi sul cadavere insanguinato. A quel punto anche il corpo della seconda vittima venne portato fuori e gettato alla folla che gli diede fuoco. Infine, ciò che rimaneva dei poveri resti venne trascinato nel centro della città, dove si tenne una macabra “celebrazione della vittoria”.
Per tutti gli anni successivi le forze di sicurezza israeliane hanno dato la caccia agli assassini, uno dei quali è stato incriminato proprio il mese scorso. Un altro, condannato nel 2004 all’ergastolo, è stato scarcerato l’anno scorso nel quadro del ricatto di Hamas per la liberazione dell’ostaggio Gilad Shalit.
Invece l’Autorità Palestinese. dopo il linciaggio, non fece assolutamente nulla, salvo tentare di censurare i mass-media stranieri che erano riusciti a documentare in parte l’atrocità che si era consumata. Nel frattempo, i mass-media controllati dalla stessa Autorità Palestinese cercavano maldestramente di giustificare l’accaduto descrivendo le due vittime come “spie israeliane”.
Quando si è saputo del pestaggio della settimana scorsa a Gerusalemme, è stato subito chiaro che i soliti “relativisti morali” ne avrebbero tratto la conclusione che anche Israele ha i suoi terroristi, i suoi crimini dettati dall’odio e i suoi linciaggi. Ogni volta che si discute di questi fatti, c’è sempre qualcuno che mette tutti sullo stesso piano dicendo che “gli israeliani sono violenti esattamente quanto lo sono i loro nemici”. Concetto in sé discutibile, ma non è questo il punto. Il punto che voglio sottolineare è che una società non si giudica dai suoi criminali: la si giudica dall’efficienza e imparzialità del suo sistema giudiziario. Una società non si giudica dalle sue deficienze: la si giudica dalla sua apertura e disponibilità verso le critiche di quelle deficienze da parte di stampa e opinione pubblica. Una società non si giudica dai casi di immoralità che vi si verificano: la si giudica dalla risposta a quelle immoralità che danno i suoi leader, i suoi educatori, le sue istituzioni, la sua popolazione in generale. Anche in questo caso, la differenza è apparsa evidente.

(Da: Israel HaYom, israele.net, 21.8.12)

Nella foto in alto: Aziz Salha nella celebre foto che lo ritrae mentre esibisce le mani col sangue dei due riservisti israeliani linciati dalla folla palestinese in una stazione della polizia di Ramallah nell’ottobre 2000. Nelle due foto sotto: bambini palestinesi indotti a reinterpretare il linciaggio di Ramallah in varie “celebrazioni” palestinesi. Nell’ultima foto: l’arresto da parte della polizia israeliana di alcuni giovani accusati d’aver preso parte al pestaggio della scorsa settimana a Gerusalemme