A tutto gas (naturale)

L'accordo con l’Egitto è la dimostrazione che i pessimisti avevano torto

Editoriale del Jerusalem Post

Festeggiare è d’obbligo, dopo che Delek, Noble Energy e un certo numero di altri operatori dei giacimenti di gas naturale Tamar e Leviathan al largo della costa israeliana hanno firmato un accordo da 15 miliardi di dollari con un consorzio egiziano chiamato Dolphinus. Dolphinus acquisterà 64 miliardi di metri cubi di gas naturale da Delek Drilling e dal suo partner americano Noble nell’arco di 10 anni. Ad oggi si tratta del più grande contratto per l’esportazione di gas israeliano.

Gli scettici avevano ammonito che le imprese israeliane e straniere che hanno investito miliardi di dollari per estrarre il gas dai giacimenti sul fondo del Mediterraneo al largo delle coste israeliane non sarebbero mai riuscite ad esportarlo in grandi quantità. La tesi era che nessun vicino arabo sarebbe stato disposto a stipulare un accordo con Israele. L’accordo con l’Egitto è la dimostrazione che i pessimisti si sbagliavano. Non appena verrà creata una pipeline adeguata (sono allo studio diverse opzioni), il gas israeliano verrà trasferito in Egitto, dove verrà liquefatto ed esportato in Europa e in altre destinazioni.

L’accordo è positivo per Israele a più livelli. Sul piano geopolitico, rafforza i legami commerciali con l’Egitto, un paese che ha mantenuto con Israele una pace solo fredda. L’accordo d’alto profilo potrebbe contribuire a normalizzare ulteriormente le relazioni in quanto fornirebbe un esempio di come sia possibile fare affari con lo stato ebraico. Gli egiziani, si spera, si abitueranno all’idea.

L’accordo è il secondo che Israele firma con un vicino arabo: il primo, con la Jordan Electric Power Company, è del 2016. Ora due paesi arabi che condividono confini con Israele sono impegnati in affari multimilionari con lo stato ebraico: hanno interessi condivisi e apprezzano il contributo di Israele al loro stesso benessere. Rappresentanti di Delek e Noble provenienti da Israele si recano regolarmente al Cairo e ad Amman. Ulteriori operazioni di esportazione sono previste anche con Grecia, Turchia, Bulgaria e Cipro.

Espandendo il mercato delle esportazioni al di là della Giordania, la vendita all’Egitto fornisce a Delek e Noble ulteriori entrate che consentiranno loro di sviluppare il giacimento Leviathan, che non è ancora entrato in produzione. Più gas Israele ha a disposizione, meno utilizzerà il carbone e altri combustibili inquinanti. E questo comporterà importanti benefici per l’ambiente e la salute degli israeliani.

L’accordo avvantaggerà Israele garantendo al paese ulteriori introiti fiscali. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha sottolineato che le entrate aggiuntive “andranno a beneficio dell’istruzione, della salute e del benessere di tutti i cittadini”. Gli scettici sostenevano che esportare gas significherebbe lasciarne poco per Israele. Ma in base ai criteri stabiliti dal governo e dalle autorità di regolamentazione, all’esportazione è destinata meno della metà dei circa 1.000 miliardi di metri cubi di gas attualmente stimati nelle riserve israeliane. Supponendo che Israele usi circa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno (la quantità usata l’anno scorso), il paese ha abbastanza gas per soddisfare i propri bisogni per circa 50 anni, anche se non vengono scoperte nuove riserve. Secondo il ministro per infrastrutture, energia e acqua Yuval Steinitz, la raccomandazione dell’Ocse è che non sia necessario riservare al consumo interno scorte di gas per più di 20 anni.

Un tempo Israele era noto per la mancanza di risorse naturali. Era Israele che acquistava gas naturale dall’Egitto. La vecchia barzelletta ebraica secondo cui Mosè aveva sbagliato strada finendo col portare i figli d’Israele nell’unico angolo del Medio Oriente senza petrolio suonava malinconicamente vera. Oggi Israele è una potenza del gas naturale, con abbastanza riserve per soddisfare le esigenze domestiche e destinare una parte all’esportazione. Ma, come avvertivano i rabbini nel Pirkei Avot (Etica dei Padri), chi acquisisce ricchezza acquisisce preoccupazioni. All’interno di Israele c’è intenso dibattito su come condividere equamente questa ricchezza. La scoperta del gas offshore ha anche innescato dispute territoriali con il Libano e la Turchia. Ed è fonte di preoccupazione la necessità di costruire oleodotti che non possano essere sabotati dai tanti nemici di Israele. Tuttavia, nonostante tutte le difficoltà, il gas che è stato scoperto è una benedizione che ha importanti implicazioni sia a livello nazionale che internazionale. La firma dell’accordo egiziano è un’occasione giusta per festeggiare.

(Da: Jerusalem Post, 21.2.18)