Abbattere il muro dell’odio

Il “muro” che ostracizza Israele è il vero ostacolo alla pace

di Eldad Beck

image_2663Il festival internazionale che ha celebrato il ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino ha offerto l’occasione per un rilancio, da parte della oliata macchina propagandista anti-israeliana, della campagna contro la barriera di sicurezza. Una campagna che gode di ampi sostegni in tutto il mondo.
Nella semplicistica percezione di molti europei, già da tempo la barriera difensiva è diventata la nuova versione del Muro di Berlino. Il che ha creato un consenso piuttosto vasto attorno alla richiesta di azioni che portino alla “caduta” del “muro israeliano” in nome dei sacri principi di libertà umana e fratellanza universale.
A fronte di quest’attacco globale, appare dunque necessario chiarire un concetto che, in teoria, dovrebbe essere del tutto ovvio, anche se molti preferiscono ignorarlo: a parte alcuni (scarse) similarità nell’aspetto esteriore, in realtà il Muro di Berlino e la barriera di sicurezza israeliana sono due cose completamente diverse. Il Muro di Berlino teneva separati i membri di una stessa nazione che aspiravano invece – più o meno – a riunirsi in un’unica struttura politica. Viceversa, la barriera di sicurezza segna – più o meno – quello che sarebbe il futuro confine fra due nazioni che non vogliono condividere lo stesso Stato, e che anzi vogliono suddividere in due Stati separati il paese che si trovano a condividere.
È sorprendente come, proprio coloro che per tanto tempo si sono battuti per il diritto dei palestinesi ad un loro Stato, chiedano ora di smantellare la barriera di sicurezza: dopo tutto questa barriera non fa che avvicinare quella divisione geografica e politica del paese che dovrebbe costituire la base per la separazione in due entità statuali. La continua accusa che si tratti di una “barriera da apartheid” svela quali sono le vere ragioni dei propagandisti palestinesi e dei loro sostenitori: che evidentemente non sono davvero interessati a dividere la terra e a coesistere accanto a Israele, quanto piuttosto ad accaparrarsi tutto il paese.
In realtà esiste un altro muro, in Medio Oriente, che i contestatori della barriera di sicurezza si rifiutano di vedere, e contro il quale si guardano bene dal battersi, anche se è questo il muro che davvero perpetua il conflitto tra ebrei e arabi: è il muro dei boicottaggi e dell’isolamento imposto dalla maggior parte del mondo islamico contro Israele sin da quando è nato.
Nonostante i trattati di pace e nonostante le notevoli concessioni offerte da Israele nell’intento di promuovere il cammino verso la pace, il muro dell’ostracismo rimane in piedi praticamente intatto. Di più, negli ultimi tempi, in seguito alle lievi aperture che accompagnarono il periodo di Oslo, quel muro è diventato persino più spesso.
Col procedere degli anni, l’eventuale smantellamento di questo muro di ostilità è diventato – anche agli occhi dell’occidente – una sorta di premio che Israele potrà ricevere se e quando aderirà a tutte le richieste degli arabi. E invece le cose andrebbero forse viste in una prospettiva totalmente diversa, e cioè: soltanto l’abbattimento del muro dell’isolamento e dell’ostilità che circonda Israele potrebbe permettere un vero avanzamento del processo di pace; soltanto questo passo promuoverebbe la riconciliazione fra israeliani ed arabi e fra ebrei, musulmani e cristiani.
Finché il muro dell’odio verso Israele resterà in piedi, le parti non potranno nemmeno conoscersi e sarà impossibile contrastare i pregiudizi che alimentano le fiamme del conflitto.
Questo “muro mediorientale” è stato costruito molto tempo prima della barriera di sicurezza israeliana, ed questo muro il vero responsabile dell’esistenza della barriera difensiva israeliana.
Tutti coloro che sostengono di voler sinceramente promuovere la pace dovrebbero innanzitutto mobilitarsi per la causa dell’abbattimento del muro che isola Israele come condizione ‘sine qua non’ di qualunque processo di riconciliazione: giacché il muro dell’odio contro Israele è il vero erede del Muro di Berlino.
(Da: YnetNews, 11.11.09)

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COSA POTREBBERO FARE I PAESI ARABI PER LA PACE

Da parecchio tempo – parallelamente alla richiesta ad Israele di adottare la prospettiva dei “due stati” (cosa che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto con il discorso programmatico del 14 giugno) e di congelare gli insediamenti (cosa che il governo Netanyahu sta attuando di fatto) – l’amministrazione Obama chiede agli stati arabi di fare passi verso la riconciliazione con Israele, nel quadro dello sforzo per rilanciare il processo di pace.
Secondo alcune notizie di stampa circolate lo scorso settembre, alcuni leader arabi si sarebbero spinti sino a promettere all’inviato Usa George Mitchell che avrebbero preso in considerazione l’ipotesi di permettere ad aerei di linea israeliani il sorvolo del loro spazio aereo in cambio del blocco totale di tutte le attività edilizie in tutti gli insediamenti, compresa Gerusalemme est. Finora, tuttavia, nessun leader arabo ha preso questo impegno pubblicamente, mentre i sauditi ancora una volta si sono messi alla testa del drappello degli intransigenti, mettendo in chiaro che al contrario non intendono concedere a Israele alcun diritto di sorvolo.
Tuttavia, quand’anche si arrivasse a questa minima concessione, sarebbe difficile vedervi un passo avanti verso la riconciliazione così significativo da modificare sostanzialmente il clima nella regione e da mettere Israele in condizione di procedere con ulteriori concessioni e di assumersi ulteriori rischi. Certo, per gli israeliani sarebbe un vantaggio poter accorciare i voli di linea, risparmiando tempo e carburante. Ma si tratta di una questione decisamente marginale, nel contesto del processo di pace.
Se i leader arabi volessero realmente dimostrare d’avere serie intenzioni di riconciliazione con Israele, e spianare così la strada al processo di pace, son ben altre le misure che potrebbero/dovrebbero adottare. Ad esempio:
– riconoscere pubblicamente e ufficialmente la legittimità dell’esistenza di Israele (su una parte della storica Terra d’Israele, in Medio Oriente) come Stato nazionale del popolo ebraico;
– rappresentare lo Stato di Israele su tutte le mappe pubblicate e utilizzate nei paesi arabi e mediorientali, a cominciare da quelle usate nelle scuole;
– porre fine alle campagne di istigazione all’odio anti-israeliano e anti-ebraico che imperversano sui mass-media e nelle scuole arabe e mediorientali;
– incoraggiare incontri e scambi fra scienziati, letterati, artisti, atleti ecc.;
– porre fine alle reiterate campagne diplomatiche volte a far condannare e delegittimare Israele in ogni organismo e forum internazionale, a cominciare dall’Onu e dalle sue agenzie;
– mettere fuori legge ed espellere i gruppi terroristici votati all’uccisione di israeliani e alla distruzione di Israele che operano in molti paesi arabi e mediorientali, in alcuni casi alla luce del sole (come a Damasco), e sospendere ogni tipo di sostegno politico, finanziario e militare a organizzazioni terroristiche come Hamas, Hezbollah ecc.;
– porre fine al boicottaggio economico arabo contro Israele e contro le aziende in affari con Israele;
– vendere petrolio a Israele;
– permettere alla gente di paesi terzi che viaggia con un visto israeliano sul passaporto di entrare normalmente in tutti i paesi arabi e mediorientali;
– permettere voli diretti fra Israele e i paesi arabi e mediorientali, e permettere l’ingresso nei paesi arabi e mediorientali di turisti e visitatori israeliani;
– permettere a Israele di aprire uffici commerciali e/o uffici d’interesse nei paesi arabi e mediorientali;
– recarsi in visita ufficiale in Israele (è noto ad esempio che Hosni Mubarak, presidente dell’Egitto dal 1981, non si è mai recato in visita di stato in Israele nonostante il trattato di pace firmato trent’anni fa tra i due paesi), e intavolare colloqui bilaterali su tutte le questioni di reciproco interesse;
– aprire uffici commerciali e/o uffici d’interesse in Israele;
– firmare formali accordi di pace e avviare piene relazioni diplomatiche con Israele.
(Da: American-Israeli Cooperative Enterprise-Aice, 30.09.09)

Nella foto in alto: manifestazione “anti-israeliana” in Pakistan (sul cartello: “uccidere gli ebrei”)