Aborto, fecondazione in vitro, maternità surrogata, famiglie alternative: i diritti in Israele

"Mentre importanti paesi del mondo fanno passi indietro, non posso fare a meno di pensare che sono fortunata ad essere israeliana"

Di Hallel Silverman

Hallel Silverman, autrice di questo articolo

Israele ospita alcuni dei luoghi più sacri per le tre religioni abramitiche. Le sue terre custodiscono storie che risalgono ai tempi biblici. Dunque non sorprende che la maggior parte della gente tenda a considerare Israele come uno dei paesi più religiosi del mondo. E’ vero invece che molti israeliani sono ebrei perlopiù laici e moderni. L’impegno d’Israele per il diritto di scelta delle donne e il suo forte sostegno alle famiglie alternative trascendono la religione. In un periodo in cui importanti paesi sembrano fare passi indietro, la posizione progressista di Israele sui diritti riproduttivi e familiari delle donne dovrebbe fungere da esempio.

In Israele l’interruzione volontaria della gravidanza non è solo legale: il governo ne copre interamente le spese. Quando una donna pensa di abortire, incontra un gruppo di supporto di tre membri all’interno di un ospedale che deve assicurarsi che la donna non sia in alcun modo costretta e che disponga di tutte le informazioni corrette sulla procedura. Del panel deve far parte almeno una donna. Al 96% di tutte le richiedenti viene riconosciuto il diritto di abortire e il governo copre tutte le spese. La religione non svolge alcun ruolo nel processo decisionale istituzionale. Tutta la procedura verte sul sostegno alla salute e al benessere fisco ed emotivo della donna.

Nello stesso momento in cui alcuni paesi stanno cercando di limitare il diritto all’interruzione di gravidanza, il ministro della salute israeliano Nitzan Horowitz si adopera per rendere il sistema ancora più avanzato. Horowitz sta cercando di abolire del tutto l’obbligo degli incontro col comitato quando l’aborto avviene entro le prime dodici settimane di gravidanza (i comitati vagliano aborti fino alla 24esima settimana ndr) e punta a vietare tutte le possibili pressioni volte a dissuadere le donne da una libera scelta.

Dina Shalev, direttrice di Lada’at (ong fondata nel 1976 a Gerusalemme per promuovere sessualità consapevole e diritti riproduttivi). Sul suo braccio, la scritta in ebraico: “Il mio corpo, la mia scelta”

Israele non ha perseguito politiche più progressiste soltanto in fatto di aborto. Ha anche raggiunto nuovi traguardi su fecondazione in vitro, maternità surrogata e famiglie alternative. In molti paesi del mondo, le famiglie che cercano di concepire devono accollarsi enormi debiti a causa di trattamenti per la fertilità molto costosi come la fecondazione in vitro. In questo, Israele è uno dei paesi più generosi al mondo giacché garantisce alle donne tra i 18 e i 45 anni d’età illimitati trattamenti di fecondazione in vitro finanziati dal sistema sanitario pubblico. Le donne fino a 54 anni possono ricevere trattamenti gratuiti utilizzando ovuli donati. Non sorprende che le israeliane si sottopongano a più cicli di fecondazione in vitro rispetto alle donne di qualsiasi altro paese.

Infine, Israele ha cancellato tutte le restrizioni alla possibilità delle coppie dello stesso sesso e degli uomini single di diventare genitori attraverso la maternità surrogata: una decisione di enorme importanza per la comunità LGBTQ+. L’accettazione sia a livello sociale che istituzionale delle famiglie alternative ha reso Israele uno dei paesi più inclusivi al mondo, e certamente il paese più tollerante del Medio Oriente. Pochi sanno che in Israele i trans possono congelare gratuitamente i loro ovuli prima della transizione da donna a uomo.

Purtroppo, le cose non stanno ovunque in questo modo. Mentre Israele continua a migliorare l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, gli Stati Uniti si stanno muovendo nella direzione opposta. (…) Israele è poi unico nella sua regione. E’ vero che Tunisia e Turchia riconoscono tecnicamente aborti legali, ma le loro leggi sono molto più restrittive. Nel resto della regione, poi, non solo gli aborti sono illegali, ma i diritti delle donne in generale sono praticamente inesistenti. L’Iran, un vero campione di libertà di ogni tipo, ha recentemente approvato un disegno di legge volto a promuovere “ringiovanimento della popolazione e sostegno alla famiglia”. Questa legge orwelliana non fa che aggiungere ulteriori restrizioni alla già rigidissima normativa sull’aborto che arriva a contemplare la pena di morte per le donne che lo praticano al di fuori delle severe restrizioni di natura religiosa. Come se ciò non bastasse, la legge vieta sterilizzazione e contraccettivi nel sistema sanitario pubblico. L’obiettivo è chiarissimo: perpetuare e rafforzare lo stereotipo secondo cui l’unica funzione sociale della donna è quella di fare figli. Abusi domestici e violenze sessuali sono solo danni collaterali.

Come donna, è terrificante vedere le mie sorelle in tutte parti del mondo perdere i diritti sul loro corpo e l’accesso all’assistenza sanitaria riproduttiva. Avendo visto i miei amici lottare per il diritto di creare le loro famiglie alternative e poter gestire liberamente la loro vita, credo che tutti i governi dovrebbero riconoscere garanzie legali a ogni individuo senza discriminazioni. Ridurre o revocare questi diritti è una china pericolosa. Qualsiasi attacco ai diritti riproduttivi delle donne è sbagliato e non va accettato.

Mentre molti governi regrediscono, non posso fare a meno di pensare che sono fortunata ad essere israeliana. Quando si tratta di diritti riproduttivi delle donne, Israele è un caso esemplare. Per questo intendo far sentire la mia voce: semplicemente, non posso rimanere spettatrice in un mondo dove i diritti individuali vengono costantemente messi in discussione. Viviamo un momento cruciale per la difesa dei diritti riproduttivi delle donne e delle famiglie di qualunque tipo. Dobbiamo ribadire la verità: sebbene l’aborto non sia mai una decisione facile, ogni paese dovrebbe riconoscere alla popolazione il diritto di gestire il proprio corpo e la libertà di progettare la propria famiglia. Indipendentemente da quanto sia antica una società e da quanto siano diverse le opinioni al suo interno, bisogna seguire l’esempio di Israele. Solo così si potrà creare una società davvero inclusiva che rifletta il meglio di tutti noi.

(Da: Times of Israel, 25.6.22)