Abu Mazen contro Balfour: molto peggio che una comica

L’attacco al documento internazionale conferma la coazione a ripetere del negazionismo palestinese. Himmler avrebbe sottoscritto

Dore Gold

Dore Gold, Direttore generale del Ministero degli esteri israeliano

Anche se alcuni hanno trovato comica la recente idea dell’Autorità Palestinese di citare in giudizio la Gran Bretagna per la Dichiarazione Balfour del 1917, Israele la prende molto serio come ulteriore prova del fatto che i palestinesi non sono interessati alla pace. “Questo è quello che affermano – dice al Jerusalem Post il Direttore generale del Ministero degli esteri israeliano, Dore Gold – ed è una presa di posizione politica. Se noi avessimo fatto una dichiarazione politica di questa natura, in contraddizione con lo spirito di tutto il processo di pace, avremmo tutti addosso”. La lettera-dichiarazione dell’allora ministro degli esteri inglese Arthur James Balfour compie cento anni l’anno prossimo. “Ciò che va dicendo Abu Mazen ha un significato rilevante – continua Gold – giacché abbiamo chiesto alla dirigenza palestinese di tornare ai negoziati e riconoscere il diritto del popolo ebraico ad un proprio stato nazionale. L’affermazione di Abu Mazen secondo cui la Lega Araba dovrebbe aiutarli a portare in giudizio il governo britannico per la Balfour non è altro che un sonoro no alla richiesta di Israele”. Gold ha rilasciato mercoledì una dichiarazione in cui dice che la mossa di Abu Mazen costituisce un rifiuto della “giusta richiesta di reciprocità da parte di Israele, mediante il riconoscimento reciproco e il compromesso: è questa posizione della dirigenza palestinese che costituisce il principale ostacolo al raggiungimento di un’autentica pace. A parte la sua evidente infondatezza giuridica – continua Gold – la presa di posizione di Abu Mazen dimostra ancora una volta il perdurante rifiuto da parte palestinese di riconoscere il legame nativo e legittimo fra il popolo ebraico e la sua antica patria, accanto al riconoscimento dei loro diritti perseguito dai palestinesi”. Gold ricorda che nel 1922 la Dichiarazione Balfour venne incorporata dalla Società delle Nazioni nel Mandato per la Palestina, rendendo il diritto naturale del popolo ebraico all’autodeterminazione nella sua antica patria un obbligo giuridico riconosciuto a livello internazionale. Ma Gold sottolinea anche che né la Dichiarazione Balfour né il Mandato “hanno creato i diritti storici del popolo ebraico nella sua patria: quei documenti hanno solo riconosciuto i diritti preesistenti che il popolo ebraico non ha mai ceduto, tanto è vero che migliaia di ebrei si erano ristabiliti nella loro antica terra molto prima che venisse emessa la Dichiarazione di Balfour”. (Da: Jerusalem Post, 28.7.16)

Kenneth Jacobson

Kenneth Jacobson, vice direttore nazionale della Anti-Defamation League

Scrive Kenneth Jacobson, su Times of Israel: «Quando ho sentito che Abu Mazen chiedeva alla Lega Araba di citare in giudizio la Gran Bretagna per la Dichiarazione di Balfour del 1917, ho pensato che si trattasse di un pezzo di satira. Mi sbagliavo. A quanto pare Abu Mazen fa su serio. Dunque, parliamo seriamente della sua iniziativa. La Dichiarazione di Balfour prevedeva il ristabilimento di una sede nazionale ebraica nella patria storica del popolo ebraico: la Palestina, come veniva allora chiamata, o Terra d’Israele come l’hanno sempre chiamata gli ebrei. La Dichiarazione rappresentò un punto di svolta per il movimento sionista che, sin dalla sua fondazione nel 1897 ad opera di Theodor Herzl, aveva perseguito un formale riconoscimento a livello internazionale del diritto ebraico di stabilire un’entità politica autonoma nella Palestina storica. Il fatto che Abu Mazen abbia deciso di attaccare questa storica dichiarazione quasi cento anni dopo il suo annuncio, e 68 anni dopo la nascita dello stato di Israele, dice molto sul perché il conflitto tra israeliani e palestinesi rimanga irrisolto. Innanzitutto, l’iniziativa di Abu Mazen si inserisce nello schema fisso del rifiuto palestinese di riconoscere un qualunque legame fra ebrei e Terra di Israele. Il diniego di tale legame, che invece ha sorretto il popolo ebraico per duemila anni di diaspora, è al centro del negazionismo palestinese. Quando, nel luglio 2000 a Camp David, l’allora primo ministro israeliano Ehud Barak offrì ai palestinesi uno stato indipendente, un’enorme opportunità per una vera pace, il rifiuto palestinese si basò sulla negazione che vi siano mai stati dei luoghi santi ebraici a Gerusalemme. Nel promettere al popolo ebraico una sede nazionale in Palestina, la Dichiarazione Balfour si basava proprio su quei legami storici. Ora Abu Mazen rilancia quella negazione: la ricetta più sicura per perpetuare il conflitto. In secondo luogo, l’iniziativa di Abu Mazen si inserisce in un altro disgraziatissimo schema fisso dei palestinesi, coltivato in un mondo di auto-illusioni. Fin dall’inizio i palestinesi si sono opposti alla nascita stessa di uno stato ebraico, tanto che rifiutarono il piano di spartizione proposto nel 1947 delle Nazioni Unite, che prevedeva anche uno stato arabo-palestinese.

Il mufti Haj Amin al-Husseini in contra il capo delle SS Heinrich Himmler. La dedica dice: A Sua Eminenza il Gran Mufti come ricordo; 4 VII 1943; Firmato: H.Himmler.

Haj Amin al-Husseini con il capo delle SS Heinrich Himmler. La dedica dice: A Sua Eminenza il Gran Mufti come ricordo; 4 VII 1943; Firmato: H.Himmler.

Da allora, si sono convinti in tutti i modi di poter raggiungere il loro obiettivo di cancellare Israele. Violenze, terrorismo, boicottaggi, calunnie, risoluzioni Onu, condanne internazionali: tutte cose che fanno del male a Israele, ma che non hanno alcuna possibilità di cancellare una realtà forte, vibrante e profondamente radicata quale è Israele. In altre parole, i palestinesi inseguono un’illusione anziché cercare soluzioni pratiche per migliorare la loro situazione concreta. In tema di illusioni, difficilmente potrebbero perseguirne una più grande di quest’idea di denunciare gli inglesi per la Dichiarazione di Balfour. Come se cento anni di storia si potessero cancellare con la bacchetta magica. Purtroppo molti nella comunità internazionale hanno giocato – e molti continuano a giocare – su queste illusioni, che ai palestinesi hanno procurato solo danni. Vedremo come andrà questa volta, con quest’ultima baracconata dei palestinesi il cui unico risultato è confermare agli occhi degli israeliani che i palestinesi non sapranno mai riconciliarsi con l’esistenza dello stato d’Israele, e che non c’è alcuna differenza tra Abu Mazen e Hamas. Il che in parte è vero, ma non spiega tutto. Abu Mazen e Autorità Palestinese hanno una storia complicata che li ha visti a volte a cooperare fruttuosamente con i rappresentanti israeliani nella prospettiva di vivere in pace con due stati. Ma i passi positivi in questo senso vengono totalmente compromessi da un’iniziativa come questa contro la Balfour. Essa dice, anche agli israeliana più dialoganti e più ottimisti, che ben poco è cambiato, che i palestinesi continuano a rifiutare il significato di Israele per il popolo ebraico, e che la narrazione palestinese continua a nutrirsi più di false illusioni che di pratici concetti positivi. Magari fosse solo un bel pezzo di satira.» (Da: Times of Israel, 27.7.16)

Edy Cohen

Edy Cohen, dell’Università Bar-Ilan

Scrive Edy Cohen, su Israel HaYom: «La Dichiarazione Balfour, “la promessa maledetta” come viene definita in arabo, statuisce l’impegno a sostenere la creazione di una sede nazionale ebraica in Terra d’Israele. La Dichiarazione, va notato, non infirma in alcun modo la creazione di uno stato arabo a fianco di quello ebraico, ma è proprio questa eventualità quella che gli arabi hanno seccamente respinto più e più volte nel corso del conflitto israelo-palestinese. Il presidente palestinese Abu Mazen non è certo il primo leader palestinese che cerca di attaccare la Balfour. In effetti, il mufti di Gerusalemme Hajj Amin al-Husseini la combatté senza tregua. Di più. Gran parte del sostegno politico e finanziario che il mufti ricevette dal Terzo Reich aveva a che fare con il suo opporsi alla Dichiarazione Balfour. Quello che oggi è il festival di menzogne e istigazione all’odio anti-israeliano nella ricorrenza della cosiddetta Nakba (la nascita di Israele), in passato, prima della creazione dello stato ebraico, si teneva nell’anniversario della Dichiarazione Balfour, che il mufti di Gerusalemme sfruttava chiassosamente per ingraziarsi la Germania nazista. Quando il mufti arrivò in Germania, si premurò di ricordare l’anniversario della Dichiarazione con la comunità araba di Berlino organizzando una marcia per le strade e un sermone in una moschea della città. Così parlò il 2 novembre 1943, denunciando “il tradimento britannico”: “In questo giorno, 26 anni fa, veniva emessa la malvagia novità della Dichiarazione Balfour, che mira a stabilire una patria ebraica in Palestina conformemente alla congiura ebraico-inglese della scorsa guerra: una dichiarazione abusiva della Gran Bretagna che consegna agli ebrei questa terra araba e musulmana, patria di al-Aqsa e di altri luoghi santi islamici”. Le parole del mufti non restarono senza ascolto da parte dei gerarchi nazisti, che parteciparono a ogni evento da lui organizzato garantendogli sostegno finanziario pressoché illimitato. Prendiamo, ad esempio, ciò che scrisse al mufti il capo della Gestapo e delle SS Heinrich Himmler per l’anniversario della Balfour: “Sin dalla sua fondazione, il partito nazionalsocialista ha sempre propugnato una guerra contro gli ebrei di tutto il mondo. Pertanto è sempre stato particolarmente favorevole alla guerra per la libertà degli arabi, soprattutto in Palestina, contro gli invasori ebrei. Questo riconoscimento del comune nemico e la guerra contro di esso costituiscono la solida base della naturale alleanza tra la Germania nazista e i musulmani che lottano per la libertà. Nell’anniversario della miserabile Dichiarazione Balfour, vi porgo i miei più cordiali sentimenti e auspici per il vostro successo”. Abu Mazen non avrebbe potuto dire meglio.» (Da: Israel HaYom, 27.7.16)