Abu Mazen, il doppio negazionista

Imbevuto della propria stessa propaganda, in una sola frase il presidente palestinese ha giustificato la strage alle Olimpiadi di Monaco e minimizzato la Shoà ai limiti dell’irrisione

Berlino 16 agosto 2022: il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen in conferenza stampa presso la Cancelleria federale

La minimizzazione, banalizzazione e negazione della Shoà nella propaganda e pubblicistica palestinese è talmente martellante, e l’abitudine ad atteggiarsi a vittime di un immaginario genocidio talmente pervasiva, che il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen non si è nemmeno reso conto, sul momento, dell’enormità che stava dicendo quando, interpellato martedì sul massacro degli atleti israeliani alla Olimpiadi di Monaco del 1972, in tutta naturalezza ha affermato che “Israele ha commesso 50 Olocausti”. Il giorno dopo, sommerso dalle critiche, Abu Mazen ha cercato di metterci una pezza con una dichiarazione in cui riconosce che “l’Olocausto è il crimine più efferato della storia umana moderna” e sostiene che “non aveva intenzione di negare la sua unicità”.

Difficile credergli. In passato Abu Mazen ha più volte minimizzato e distorto in senso antisemita la storia della Shoà. In una lunga requisitoria anti-israeliana del 2018 a Ramallah, affermò che la causa del genocidio degli ebrei europei per mano della Germania nazista non fu l’antisemitismo bensì “il comportamento sociale” degli ebrei, vale a dire “usura, banche e simili”. Anche quella volta aveva cercato di rimediare, il giorno successivo, sostenendo che non era sua intenzione “offendere gli ebrei”. La stessa tesi di dottorato di Abu Mazen del 1982, intitolata L’altro lato: la relazione segreta tra nazismo e sionismo, sosteneva che il numero reale di ebrei vittime della Shoà fu inferiore a un milione e che i leader sionisti collaboravano attivamente con i nazisti. “Ecco una persona che ha iniziato la sua carriera negando l’Olocausto e ora, nelle ultime fasi della sua carriera, sembra impegnato a riscrivere la storia dell’Olocausto”, fu il commento di Deborah Lipstadt, oggi inviata speciale degli Stati Uniti per la lotta all’antisemitismo.

Il tweet del primo ministro israeliano Yair Lapid (che è figlio di un sopravvissuto alla Shoà)

Nonostante la smentita emessa obtorto collo mercoledì da Abu Mazen, la società palestinese è e rimane imbevuta di negazione e banalizzazione della Shoà. Quando il primo ministro israeliano Yair Lapid ha stigmatizzato le parole di Abu Mazen (“accusare Israele di aver commesso 50 olocausti e farlo su suolo tedesco – ha twittato Lapid – non è solo una ignominia morale, ma una mostruosa bugia. Sei milioni di ebrei furono assassinati durante l’Olocausto, incluso un milione e mezzo di bambini ebrei. La storia non lo perdonerà mai”), il Ministero degli esteri dell’Autorità Palestinese ha reagito scrivendo che la dichiarazione di Lapid “costituisce un tentativo di proteggere la falsa narrativa che Israele promuove per ingannare il mondo sul conflitto, sulla storia e sulla geografia”. Fatah, la fazione al potere nell’Autorità Palestinese, ha postato sui social network una foto sorridente di Abu Mazen con la didascalia: “Signor Presidente, sei forte. Continua, con la benedizione di Dio, e sta’ tranquillo: siamo fieri di te e siamo tutti con te”. Ha scritto su Facebook Bassam Salhi, membro del Comitato esecutivo dell’Olp e capo del Partito popolare (già partito comunista) palestinese: “Le dichiarazioni di Abu Mazen in Germania secondo cui Israele ha commesso e continua a commettere Olocausti contro il popolo palestinese sono veritiere ed esprimono la posizione dei palestinesi”. Tayseer Khaled un alto esponente del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina nonché membro del Comitato esecutivo dell’Olp, ha affermato che Abu Mazen “ha colto nel segno quando ha detto al cancelliere tedesco che Israele ha commesso 50 Olocausti”, e si è poi rivolto al premier israeliano scrivendo in una nota: “Lapid, fai attenzione, le tue mani sono macchiate di sangue palestinese. Tu (Israele) hai commesso più di 50 Olocausti”. Bakr Abu Bakr, già membro del Consiglio rivoluzionario di Fatah ed ex editorialista del quotidiano dell’Autorità Palestinese Al-Hayat Al-Jadida, ha scritto sul quotidiano on-line alwatanvoice.com: “Le critiche contro Abu Mazen non sono altro che propaganda delle forze sioniste e filo-sioniste che sfruttano la sofferenza delle vittime dell’Olocausto e vogliono che il mondo ignori l’Olocausto palestinese”.

Monaco, settembre 1972. Interno della palazzina dove terroristi palestinesi tennero in ostaggio e torturarono gli atleti israeliani

E’ anche importante notare il contesto in cui Abu Mazen ha pronunciato la frase sui “50 Olocausti commessi da Israele”. In conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente dell’Autorità Palestinese stava rispondendo alla domanda di un giornalista sull’imminente 50esimo anniversario del massacro alle Olimpiadi di Monaco del settembre 1972, quando undici atleti israeliani vennero presi in ostaggio, torturati e uccisi da terroristi del gruppo palestinese Settembre Nero. Alla domanda se, come leader palestinese, intendesse scusarsi con Israele e la Germania per quella strage, lungi dal farlo Abu Mazen ha reagito accusando Israele d’aver commesso “50 massacri, 50 Olocausti”.

Scrive Stephen M. Flatow in un articolo su jns.org intitolato “Abu Mazen e il massacro di Monaco: è ora di guardare in faccia la verità”: “Non si dimentichi che una delle menti del massacro alle Olimpiadi di Monaco è a capo di un regime che attualmente riceve ogni anno centinaia di milioni di dollari in aiuti, diretti e indiretti, da Stati Uniti, Germania e numerosi altri paesi. Mi riferisco ad Abu Mazen, il presidente sia dell’Autorità Palestinese che della sua fazione principale, Fatah. Ufficialmente l’attentato venne compiuto dal gruppo Settembre Nero, che fingeva di essere indipendente da Fatah. Ma il mito di un Settembre Nero “indipendente” è stato infranto da molti anni. Mohammed Oudeh, meglio conosciuto come Abu Daoud (un capo di Settembre Nero, deceduto a Damasco nel 2010 ndr), nella propria autobiografia fece il nome di Abu Mazen come uno dei tre alti esponenti di Fatah che lo aiutarono nella pianificazione del massacro. Nel 1981 venne declassificato un telegramma inviato dal Dipartimento di Stato americano alle ambasciate Usa nel mondo datato 13 marzo 1973, oggi disponibile in internet. Il telegramma svelava già allora la cruda verità sugli assassini di Monaco sbugiardando le menzogne di Yasser Arafat, che negava ogni legame con l’organizzazione Settembre Nero e le sue operazioni terroristiche per mantenere una facciata di moderazione. La verità era esattamente l’opposto. ‘Il governo degli Stati Uniti – diceva  il telegramma del Dipartimento di Stato – dispone di informazioni secondo cui Fatah è in realtà l’organizzazione madre di Settembre Nero, che è un termine di copertura usato per le operazioni terroristiche compiute da Fatah. A tutti gli effetti, non è possibile fare alcuna distinzione significativa tra Settembre Nero e Fatah’. Dunque Settembre nero era una finzione. Fatah, sotto la guida di Arafat e Abu Mazen, era ‘l’organizzazione madre’ di Settembre Nero. Cioè, Fatah fu la vera responsabile del massacro di Monaco”.

Oggi la finzione, a cui tanti all’epoca finsero di credere, non serve più: esecutori e mandanti del massacro di Monaco vengono pubblicamente celebrati dall’Autorità Palestinese, a cominciare dal suo stesso primo ministro Muhammad Shtayieh.

Conclude Stephen M. Flatow: “Non sfugga l’incredibile ipocrisia di governi che hanno versato lacrime di coccodrillo per il massacro di Monaco, e poi hanno inviato centinaia di milioni di dollari a un uomo che contribuì a perpetrarlo”.
E che oggi si rifiuta di condannarlo.

(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, jns.org, memri.org, israele.net, 16-17.8.22)