Abu Mazen si è tirato la zappa sui piedi

Il presidente dell'Autorità Palestinese si è rapidamente reso conto d’aver scoperchiato il vaso di Pandora della successione, che potrebbe portare alla rovina il suo stesso movimento

Di Eyal Zisser

Eyal Zisser, autore di questo articolo

Lo scorso gennaio il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, in carica senza elezioni da più di sedici anni, ha indetto nuove elezioni per il Consiglio Legislativo (parlamento) e per la presidenza dell’Autorità Palestinese, rispettivamente previste per il 22 maggio e il 31 luglio. Ora, dopo appena tre mesi da quell’ambizioso annuncio, Abu Mazen sta cercando una via d’uscita dalla situazione in cui si è cacciato, e sembra sul punto di annullare del tutto i due appuntamenti elettorali.

Per Abu Mazen era importante l’annuncio in sé. È del tutto probabile che non abbia mai avuto realmente intenzione di portare a termine il processo elettorale, e che abbia semplicemente cercato di presentarsi alla nuova amministrazione Biden (entrata in carica appunto lo scorso gennaio) come un fautore della democrazia, cercando al contempo di mettere Israele nell’angolo dipingendolo come colui che continua a ostacolare gli sforzi dei palestinesi per tenere elezioni democratiche.

Ma sono bastate poche settimane perché Abu Mazen si rendesse conto d’aver scoperchiato un vaso di Pandora, mentre i suoi nemici dentro e fuori l’Olp si precipitavano a sfruttare il processo elettorale. Così, una mossa che intendeva rafforzare Abu Mazen e danneggiare Israele si è repentinamente tramutata in una minaccia letale per la sua carriera politica. Infatti, oltre al suo nemico giurato Hamas, anche i suoi rivali politici all’interno del movimento di Fatah si sono mossi rapidamente per presentare le loro candidature, vale a dire: Marwan Barghouti, che sta scontando l’ergastolo in un carcere israeliano per attentati terroristici, e Mohammed Dahlan, che al momento risiede (in esilio) negli Emirati Arabi Uniti.

Due elettrici in attesa di registrarsi presso la sede della Commissione elettorale centrale palestinese a Gaza. Sul muro, la consueta mappa delle rivendicazioni palestinesi: Israele è cancellato dalla carta geografica

Non sorprende che Abu Mazen abbia cercato un pretesto per annullare la sua decisione. E come al solito, fa di tutto per gettare la colpa su Israele. Infatti, ha iniziato ben presto a dichiarare che avrebbe annullato le elezioni se Israele non avesse accettato le sue condizioni circa il voto di circa seimila residenti arabi di Gerusalemme est. Si può scommettere che se anche Israele in qualche misura le accettasse, Abu Mazen troverebbe un’altra scusa.

Non è chiaro cosa abbia ottenuto Abu Mazen da questa manovra sulle elezioni. Ma per il malandato 85enne capo palestinese che può contare il suo futuro politico in termini di mesi, certo non di anni, è un’ancora di salvezza guadagnare anche solo qualche settimana o qualche mese in più. Ciò che è chiaro è che questo fiasco elettorale ha delineato i contorni generali dell’incombente battaglia per la successione, una volta che Abu Mazen sarà uscito di scena: un epico scontro all’interno dell’Olp, e persino all’interno di Fatah, che minaccia di fare a pezzi il movimento stesso. Hamas, dal canto suo, deve solo restare a guardare mentre il lavoro sporco viene fatto da altri.

(Da: Israel HaYom, 29.4.21)