Afro-americani nel deserto israeliano

Procede il processo di integrazione della singolare comunità giunta dagli Stati Uniti nel 1969

Da un articolo di Simona Kogan

image_1773Nel cuore del deserto del Negev, dove ci si aspetta di incontrare solo cammelli e sabbia, si è costituita una comunità di afro-americani espatriati, che si sono stabiliti nelle città di Dimona, Arad e Mitzpe Ramon. Si autodefiniscono israeliti ebrei africani, ma sono più noti in Israele col nome di ebrei neri [da non confondere con gli ebrei di origine etiopica]. Si tratta di un gruppo di 2.000 religiosi che indossano indumenti africani coloratissimi fatti di fibre naturali coma seta e lino, come prescrive la dottrina da loro seguita. Anche se ci sono voluti quasi 40 anni perché si sentissero parte del paese, oggi gli ebrei neri si trovano inseriti in molti strati della società israeliana, dall’esercito all’industria dello spettacolo.
“Siamo un popolo orgoglioso e siamo in grado di mirare a certi successi che hanno eluso il mondo africano”, dice il portavoce nazionale Ahmadiel Ben-Yehuda, che vive a Dimona, ma ha passato molto tempo in Ghana, Sud Africa, e altri paesi africani per studiare i collegamenti culturali africani e i modelli dell’ emigrazione.
Il movimento degli ebrei neri nacque a Chicago nel 1966 quando il loro leader Ben-Ami Ben-Yisrael, che allora si chiamava Ben Carter, ebbe una visione in cui l’arcangelo Gabriele gli rivelava che gli afro-americani discendevano dalla tribù perduta di Giuda. Secondo questa visione, gli israeliti cacciati da Gerusalemme dai romani nel 70 e.v. finirono nell’Africa Occidentale, da dove furono poi trasportati in America come schiavi.
“L’unica forma di espressione che ci restava quando arrivammo nell’emisfero occidentale erano i canti, e i nostri soli canti parlavano di luoghi in Israele – dice Ben-Yehuda – Non cantavamo di Mawi o Timbuktu, cantavamo di Gerico e Gerusalemme. Questo fa parte di una tradizione giunta dall’Africa occidentale all’America”.
Dopo la visione, Ben-Ami ritenne di dover tornare alla vita in Israele per realizzare la profezia di creare quello che gli israeliti chiamano “Regno di Yah” o Dio in terra. Lui e 30 seguaci si diressero verso Israele passando per la Liberia, perché la profezia diceva che sarebbero ritornati dalla stessa strada da cui erano venuti. “Fu un’esperienza difficile per quelli che erano venuti dalle aree urbane in America. Non era un ritorno in Africa. Era un ritorno a Dio”, dice Ben-Yehuda.
Dopo una sosta di due anni e mezzo in Liberia, il primo gruppo di ebrei neri entrò in Israele nel 1969, stabilendosi a Dimona, una città di 30.000 abitanti nel deserto creata nel 1955 per accogliere il flusso di nuovi immigranti in Israele. Il governo israeliano non li riconobbe cittadini israeliani secondo la Legge del Ritorno perché il rabbinato di Israele decretò che non erano ebrei secondo le norme religiose. Ma entro il 1990, gli ebrei neri acquisirono lo status di residenti temporanei, con un accordo raggiunto con il ministro dell’interno israeliano, e nel 2004 lo status di residenza permanente.
“Chi ha dato questa definizione? – dice Ben-Yehuda a proposito del problema dello status – Noi non accettiamo che altri al posto nostro definiscano quello che siamo. Ecco perché non ci convertiamo, perché significherebbe che non eravamo quello che dicevamo di essere. Il nostro stile di vita e la nostra storia sono prove sufficienti”.
Anche se il governo non considera gli ebrei neri come israeliani a tutti gli effetti, essi si considerano tali e hanno anche adottato nomi israeliani al posto dei loro nomi americani. Il primo membro della comunità degli ebrei neri ad arruolarsi nelle forze armate, Uriahu Butler, è entrato nell’esercito nel luglio 2004 ed è stato seguito da altri 100 arruolamenti.
Nonostante gli ostacoli, la comunità, che permette prevede la poligamia e proibisce l’uso della pillola anticoncezionale e di altri farmaci a meno che non siano assolutamente necessari, si è moltiplicata più di 60 volte dal suo arrivo nel Negev. Oggi è presente in tutto Israele. Hanno creato un coro professionale di 40 persone e gruppi di canto R&B che si esibiscono in tutto il paese e in TV. Un membro della comunità, Eddie Butler, ha rappresentato due volte Israele al Festival annuale della canzone Eurovision. “Sono più che felice di rappresentare il paese in cui sono nato. Amo Gerusalemme, amo Israele, vivo per questo paese – dice Butler – E’ la mia patria”.
La comunità, che osserva una dieta rigidamente vegana con molta ginnastica, ha trovato anche altri modi per integrarsi nella sua terra di adozione, costituendo apprezzate società di catering e ristoranti vegani in tutto il paese.
Nonostante la loro continua lotta per il riconoscimento, gli israeliti ebrei africani continuano ad essere fieri delle proprie abitudini e ritengono di poter diventare presto cittadini israeliani a pieno titolo.

(Da: Israel 21c, 28.06.07)

Nella foto in alto: Itay Ben Yisrael, primo membro della comunità afro-americana di Dimana a completare, nel maggio scorso, il corso ufficiali delle Forze di Difesa israeliane